Argentina, il caso del sottomarino ARA San Juan (S-42) scomparso è figlio dei tagli alla Marina

Di Andrea Gaspardo

Buenos Aires. Venerdì scorso la Marina della Repubblica Argentina ha annunciato di aver perso contatto, a partire da mercoledì, con uno dei suoi sottomarini con 44 membri dell’equipaggio imbarcati in missione d’addestramento al largo dell’Atlantico.

Il battello in questione, l’ARA San Juan (S-42), è un sottomarino a propulsione mista diesel-elettrica, di progettazione e costruzione tedesca, appartenente alla cosiddetta “classe TR-1700”, sottomarini da pattugliamento sia costiero che oceanico, tra i più veloci al mondo, e tra i più grandi costruiti in Germania dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. I battelli “classe TR-1700” rappresentano il fiore all’occhiello del Comando della Forza dei Sottomarini della Marina della Repubblica Argentina e sono gli ultimi alfieri di una tradizione iniziata esattamente 90 anni fa.

Nel 1927 infatti, la Marina Argentina firmò un contratto con i cantieri navali Franco Tosi di Taranto per la fornitura di quelli che sarebbero divenuti i suoi primi tre sottomarini. Conosciuti localmente come “Los Tarantinos”, i tre sottomarini “classe Santa Fe”, denominati rispettivamente ARA Santa Fe (S-1), ARA Santiago del Estero (S-2) e ARA Salta (S-3), permisero all’Argentina che già possedeva rilevanti forze di superficie (tanto da essere considerata la massima potenza navale dell’America Latina e l’ottava a livello mondiale) di accedere al ristretto novero di nazioni capaci di portare la guerra anche nel mondo degli abissi.

Conosciuti localmente come “Los Tarantinos” permisero all’Argentina di considerata la massima potenza navale dell’America Latina

I “Tarantinos” costituirono, per tanto, la prima generazione di sottomarini argentini e rimasero in servizio fino al 1960, registrando un’eccellente record di attività in tempo di pace e dimostrandosi unità dalle capacità poliedriche (più volte furono impiegati in pericolose missioni di salvataggio in alto mare) e dalla costruzione solidissima, tanto che l’ARA Santiago del Estero (S-2) stabilì persino il record di immersione nelle acque dell’Atlantico meridionale a 114 metri!

Il sottomarino ARA Santiago del Estero (S-12) della “classe Balao” di seconda generazione

Con la fine del servizio da parte dei “Tarantinos” nel 1960, si concluse anche il periodo di influenza italiana sia nella fornitura di mezzi che nella dottrina di impiego tattico ed iniziò l’era dell’influenza americana, manifestatasi nelle forniture sia della seconda che della terza generazione di sottomarini.

In base agli impegni presi attraverso il cosiddetto “Programma di Assistenza Militare”, la US Navy fornì alla Marina Argentina due sottomarini “classe Balao”, veterani della Seconda Guerra Mondiale e, successivamente, ampiamente modificati e aggiornati sia nei cantieri navali argentini che in quelli americani. Denominati rispettivamente ARA Santa Fe (S-11) ed i due “classe Balao modificati” rimasero in servizio fino al 1971 partecipando a numerose esercitazioni navali di profilo internazionale, permettendo alla Marina Argentina di acquisire un’inestimabile esperienza operativa nel contesto della guerra sottomarina e anti-sottomarina del periodo della Guerra Fredda.

Ad essi seguirono due ulteriori unità subacquee del “tipo GUPPY” (variante della “classe Balao” ulteriormente modificata) anch’essi ribattezzati ARA Santa Fe (S-21) e ARA Santiago del Estero (S-22) che proseguirono la tradizione “americana” prestando servizio fino ai primi anni ’80.

Il sottomarino ARA Santa Fe (S-21) del “tipo GUPPY” di terza generazione, poco prima della guerra del 1982

Sebbene l’esperienza operativa acquisita con i “classe Balao” e con i “tipo GUPPY” si fosse rivelata un indubbio balzo in avanti, la Marina Argentina non si dimostrò mai completamente soddisfatta del loro rendimento e, già sul finire degli anni ’60, iniziò a formulare i piani per un ulteriore passaggio a nuove forniture e dottrine operative, questa volta rivolgendosi alla Germania.

Il primo passo fu la firma, nel 1969, di un contratto con i cantieri Howaldtswerke-Deutsche Werft (HDW), controllati dalla TyssenKrupp e acquartierati a Kiel, per la fornitura di due sottomarini di quarta generazione della “classe Type 209/1100” ribattezzati rispettivamente ARA Salta (S-31) e ARA San Luis (S-32) ed entrati in servizio nel 1973 e nel 1974.

Il sottomarino ARA Salta (S-31) della “classe Type 209/1100”, di quarta generazione, attualmente in servizio

Successivamente, nel quadro di un più ampio potenziamento della Marina, venne siglato, nel 1977, un ulteriore contratto per la fornitura di ben sei sottomarini di quinta generazione della “classe TR-1700” che avrebbero dovuto costituire lo standard operativo finale della Marina Argentina nel “Nuovo Millennio”.

ue sottomarini “classe TR-1700”, di quinta generazione, all’ancoraggio presso il Mar de la Plata

Sebbene il progetto originale prevedesse di dotare i “classe TR-1700” di reattori nucleari progettati in Argentina, le pressioni internazionali (soprattutto da parte degli Stati Uniti) portarono ad optare per una più convenzionale propulsione diesel-elettrica.

La crisi economica dell’Argentina nel corso degli anni ’80 e nei primi anni ’90 portò ad una drastica riduzione del programma TR-1700 tanto che, sebbene i primi due sottomarini, l’ARA Santa Cruz (S-41) e l’ARA San Juan (S-42), entrassero in servizio rispettivamente nel 1984 e nel 1985 secondo le previsioni, il terzo ed il quarto (l’S-43 e l’S-44) vennero abbandonati quando gli scafi erano stati completati rispettivamente al 70% e al 52%, e gli ultimi due (l’S-45 e l’S-46) furono cancellati prima ancora che la costruzione avesse inizio, ed i materiali da costruzione ad essi destinati vennero invece cannibalizzati per mantenere in servizio operativo i primi due battelli della classe.

Nonostante per 55 anni le attività del Comando della Forza dei Sottomarini si siano svolte in un contesto essenzialmente di pace, anche l’arma sottomarina argentina ebbe, infine, il suo battesimo del fuoco, nel 1982, nel corso della Guerra delle Falklands/Malvinas.

A quel tempo, i nuovissimi sottomarini “classe TR-1700” erano ancora sugli scali dei cantieri navali, il vecchio sottomarino “tipo GUPPY” ARA Santiago del Estero (S-22) era stato ritirato dal servizio nel settembre del 1981 ed il più moderno ARA Salta (S-31), della “classe Type 209/1100”, era impossibilitato a partecipare alle operazioni a causa di noie all’apparato propulsivo, risultanti in un’eccessiva emissione sonora, e di problemi tecnici al sistema di lancio dei siluri.

Tutto questo lasciava la Marina Argentina con solo due battelli operativi: il vecchio ARA Santa Fe (S-21), del “tipo GUPPY”, ed il più moderno ARA San Luis (S-32) della “classe Type 209/1100”.

L’ARA Santa Fe (S-21) entrò nella leggenda quando, nella notte tra il 1 ed il 2 Aprile 1982, nell’ambito dell’operazione “Rosario”, sbarcò un nucleo di “Buzos Tácticos” (gli incursori navali argentini) che presero possesso della spiaggia situata nella baia di Yorke in preparazione dell’attacco finale portato a compimento dal 1° Gruppo di Commandos Anfibi e dal 1° Battaglione del Comando di Fanteria di Marina (i Marines Argentini). Successivamente, il battello venne utilizzato per rifornire ed appoggiare dal mare i difensori della Georgia del Sud finché venne affondato il 25 aprile al largo di Grytviken dalle Forze britanniche ma non prima che il suo equipaggio riuscisse a mettersi in salvo abbandonandolo.

L’ARA San Luis (S-32) sopravvisse invece al conflitto, attaccando numerose volte le Forze britanniche presenti nell’area dell’Atlantico meridionale e non potendo ottenere risultati apprezzabili solo a causa del mal funzionamento del sistema di lancio dei siluri. Tuttavia, la sua sola presenza comportò che i britannici dovettero sempre distaccare una parte consistente delle loro fregate per contrastare l’ipotetica minaccia da esso rappresentata e ben 50 siluri Mk 46 (sui 200 disponibili!), oltre a bombe di profondità e razzi, vennero sprecati nel corso del conflitto nel vano tentativo di affondare l’elusivo sottomarino.

Nonostante il prezioso bagaglio di esperienza operativa ottenuto con la partecipazione alla Guerra delle Falklands/Malvinas, tale evento non marcò la rinascita della Forza sottomarina argentina, ne segnò bensì l’inizio del suo inarrestabile declino.

Per gran parte del XIX e del XX secolo, l’Argentina ha potuto vantare le Forze Armate più numerose e potenti dell’America Latina, primato che venne messo in discussione solamente negli anni della Guerra Fredda dall’inarrestabile ascesa del Brasile. Se tale potenziale ha garantito all’Argentina di poter adottare una postura assertiva nella tutela dei suoi interessi nazionali in politica estera, lo stesso ha avuto drammatici riflessi nella politica interna, visto l’elevato numero di colpi di Stato che hanno scosso la vita politica del Paese.

L’esperienza del Governo militare tra il 1976 ed il 1983, con la scia di sparizioni e delitti che tale eccezionale periodo ha comportato, ha segnato così profondamente la coscienza popolare del Paese che tutti i Governi democraticamente eletti da allora ad oggi hanno stabilito come priorità l’indebolimento della casta militare. Dalle elezioni del 1983,che videro l’ascesa di Raúl Ricardo Alfonsín, a quelle del 2015 che sancirono la vittoria dell’attuale presidente Mauricio Macri, l’Argentina é stata testimone del succedersi di 8 inquilini alla Casa Rosada.

Nonostante il diverso retroterra politico e sociale – e le più o meno scellerate iniziative in campo economico che hanno, purtroppo, reso l’Argentina il bersaglio preferito delle barzellette degli economisti di tutto il mondo -, una fondamentale caratteristica ha accomunato tutti loro: l’aver costantemente ed inesorabilmente tagliato il bilancio alla difesa. Nonostante un PIL totale a parità di potere d’acquisto che supera i novecento miliardi di dollari, l’Argentina spende solamente lo 0,8% del PIL (persino al di sotto della soglia minima dell’1% caratteristica di molti Paesi sviluppati) per le proprie Forze Armate, le quali sono ormai l’ombra di loro stesse. Come Esercito, Aeronautica, Gendarmeria Nazionale e Prefettura Navale, anche la Marina non poteva sfuggire alla scure. E l’arma sottomarina ha sofferto in proporzione persino maggiore alla flotta di superficie.

Il primo a farne le spese è stato, come precedentemente accennato, il programma relativo alla “classe TR-1700” che, già negli anni ’80 ha visto la cancellazione di 4 unità sulle 6 previste. Successivamente, nel 1997, l’ARA San Luis (S-32), veterano del conflitto delle Falklands/Malvinas, è stato tolto dall’ordine di battaglia dopo che un grave danneggiamento incorso durante i lavori di aggiornamento nei cantieri navali argentini ne ha compromesso la stabilità del sistema propulsivo.

Sebbene nel corso degli anni si sia più volte favoleggiato sulla possibilità di recuperare l’unità e riportarla alla vita operativa, nulla é stato fatto.

Il Comando della Forza dei Sottomarini si è quindi da allora ritrovato ad avere 3 sottomarini (sugli 8 previsti dai piani di riarmo navale formulati alla fine degli anni ’70): l’ARA Salta (S-31), appartenente alla “classe Type 209/1100”, l’ARA Santa Cruz (S-41) e l’ARA San Juan (S-42), questi ultimi appartenenti alla “classe TR-1700”. Anche questa flottiglia ridotta ha, tuttavia, avuto una vita niente affatto facile. Gli inesorabili tagli al bilancio della difesa hanno fatto sì che aggiornamenti di metà vita e persino la manutenzione ordinaria abbiano potuto procedere solamente e letteralmente a passo di lumaca.

Il più datato dei 3 sottomarini, l’ARA Salta (S-31), venne sottoposto al suo aggiornamento di metà vita tra il 1989 ed il 1995, e subì un nuovo importante ciclo di lavori tra il 2004 ed il 2005, quando gli ingegneri navali ne confermarono un durata della vita operativa residua di circa 10 anni.

A tutt’oggi il sottomarino risulta ancora attivo ma, dal 2013, svolge un’attività operativa limitatissima e, sebbene sulla carta possa ancora ritenersi potenzialmente valido, urge di cospicui investimenti per poter tornare alla passata gloria.

Il più moderno dei 3 sottomarini, l’ARA San Juan (S-42) fu oggetto di un complesso aggiornamento di metà vita tra il 2008 ed il 2013, al termine del quale venne dichiarato nuovamente pienamente operativo e, da allora, é stato il più attivo dei tre, partecipando a varie esercitazioni sia in ambito nazionale che internazionale.

Infine, nel 2014, sono iniziati i lavori sull’ARA Santa Cruz (S-41) che dovrebbero concludersi nel 2018 o nel 2019, per cui il sottomarino non è al momento operativo. Lavori di manutenzione a parte, non é andata meglio per l’addestramento degli equipaggi, infatti in tutto il 2012, i battelli hanno totalizzato un montante di solamente 19 ore trascorse in immersione, equivalente a poco più di un’ora e mezza al mese.

Alla luce di questi fatti, e benché sia ancora presto sia per fare pronostici che per ipotizzare cause, la scomparsa ed il probabile affondamento del sottomarino ARA San Juan (S-42) può comodamente considerarsi come la cronaca di una tragedia annunciata. Chi, per professione o per diletto, è avvezzo alle problematiche relative alle questioni navali, sa benissimo che non esiste niente di più dispendioso, sia dal lato economico che da quello ingegneristico della costruzione e del mantenimento di una Forza navale bilanciata e, dopo le portaerei, sono proprio i sottomarini a guadagnarsi la palma di unità dalla resa operativa maggiore così come dei maggiori costi di esercizio.

Affamare una Forza subacquea tagliando numeri delle unità navali, ore di addestramento e fondi per la manutenzione e aspettarsi che tale Forza mantenga, al contempo, un elevato grado di prontezza operativa é da pazzi suicidi perché non può l’eroismo dei singoli compensare alla mancanza di risorse.

Quando il fato finale dell’ARA San Juan (S-42) verrà finalmente stabilito così come la sorte del suo equipaggio, c’è da scommettere che anche una società profondamente individualista e scostante come quella argentina dovrà necessariamente chiedersi: “Chi ha ucciso i nostri ragazzi?” e per la politica, a cominciare dalle cariche istituzionali più alte, non sarà affatto facile sottrarsi alla prevedibile indignazione popolare una volta che le foto dei 44 membri dell’equipaggio verranno esposte sulla Plaza de Mayo e le notizie sul reale stato di deterioramento dello strumento navale e militare in generale diventeranno di pubblico dominio.

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