Di Pierpaolo Piras
Roma. Il capo del Governo italiano, Giuseppe Conte ha comunicato, nei giorni scorsi, il proprio favore verso un “Memorandum of Understanding” con la Cina sulla partecipazione dell’Italia al progetto infrastrutturale cinese “Belt and Road Initiative” (una sorta di nuova Via della Seta, di storica memoria).
Il presidente del Consiglio dei ministri Conte potrebbe firmare un pre-accordo con il Presidente cinese, Xi Jinping, nel corso della sua prossima visita ufficiale in Italia, prevista dal 22 al 24 marzo prossimi.
“Vogliamo essere sicuri che i prodotti made in Italy – ha detto Conte – possano avere più successo in termini di volume di esportazioni in Cina, che è il mercato in più rapida crescita al mondo”.
Il progetto “Belt and Road Initiative” (BRI), promosso dal Governo di Pechino, mira a collegare la Cina, via mare e via terra con l’Asia sud-orientale e centrale, il Medio Oriente, l’Europa e l’Africa, attraverso una rete di imponenti e costosissime infrastrutture disposte su vie ferroviarie – tramite terminali situati fondamentalmente in Germania – e rotte marittime verso porti europei come Trieste (o Monfalcone) e Genova , in virtù alla propria favorevole posizione geografica, più vicina alla prospera macroarea economica del Centro-Europa.
La BRI comporterà enormi investimenti che potenzieranno il commercio e faranno progredire gli scambi anche i settori come la scienza, tecnologie in vari campi e, non ultima, la cultura.
Alcuni Stati europei, come il Portogallo, Repubblica Ceca, Ungheria, Grecia, Malta e Polonia, hanno già approvato un Memorandum of Understanding sulla “BRI” con la Cina e se l’Italia firmerà, sarà il primo dei Paesi più industrializzati (G7) a farlo.
Gli Stati Uniti hanno espresso le loro preoccupazioni su questa iniziativa italiana che, a lor vedere, comporterebbe una maggiore quanto pericolosa invadenza cinese in un mercato ricco ed ambito come quello europeo e potrebbe danneggiare sensibilmente l’immagine internazionale del nostro Paese.
Il componente del Consiglio di sicurezza nazionale, Garrett Marquis, ha detto: “Siamo scettici sul fatto che l’approvazione del Governo italiano porterà benefici economici sostenuti al popolo italiano e potrebbe finire col danneggiare la reputazione globale dell’Italia nel lungo periodo”.
Di recente gli Stati Uniti hanno rivolto accese critiche a due delle più grandi società cinesi di apparecchiature per le reti di telecomunicazioni, Huawei Technologies e ZTE Corp., sospettandole di lavorare in maniera occulta, e pertanto illegale, per il Governo cinese e che utilizzerebbero le proprie attrezzature per spiare il mondo occidente.
Palazzo Chigi ha presto chiarito che “nella collaborazione con la Cina, come con ogni altro Paese, poniamo massima attenzione alla difesa dei nostri interessi nazionali, alla protezione delle infrastrutture strategiche, incluse quelle delle telecomunicazioni, e quindi alla sicurezza cibernetica. Il testo del possibile Memorandum su richiesta italiana, imposta con grande chiarezza tale possibile collaborazione sui principi, cari a tutta l’Ue, di trasparenza, sostenibilità finanziaria ed ambientale”.
Un’ulteriore e cruciale affermazione del capo del Governo Conte sostiene che l’iniziativa italiana sul progetto BRI, “declinata su un piano economico-commerciale, non vale a ridisegnare il quadro dei rapporti politici e la collocazione euro atlantica del nostro Paese”.
Tutto sembra chiarito, anche se molto rimane ancora da definire, specie in relazione a coloro che si oppongono solo perché in una posizione non concorrenziale come l’Italia nella realizzazione di questo ricchissimo e profittevole progetto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA