Di Paolo Giordani*
WASHINGTON. La vicenda del pallone cinese (“sonda” o “spia” a seconda dei punti di vista) potrebbe fare più danni di quello che sembra.

Apparentemente il caso è chiuso, con l’abbattimento dell’ospite indesiderato su ordine del Presidente Joe Biden.

Eppure, sorvolando per cinque giorni il territorio degli Stati Uniti, ivi compresi i silos nucleari nel Montana, il pallone ha dimostrato a che livello è arrivato l’antagonismo tra la superpotenza sfidante e quella egemone.
Non bastano la competizione economica e commerciale, la partita a scacchi nell’Indopacifico, le prove di forza intorno a Taiwan.

Il pallone gonfio di elio, classificato da Pechino come “dirigibile civile per scopi di ricerca”, ha riportato l’orologio indietro di 22 anni, quando un aereo spia americano fu intercettato da caccia dell’Esercito popolare di Liberazione e costretto ad atterrare.
Un pilota cinese morì. I 24 uomini dell’equipaggio americano furono arrestati e interrogati dalle autorità comuniste.
Scoppiò una crisi diplomatica gravissima, ma allora Washington ottenne il rilascio dei prigionieri con una lettera di scuse.
Arrivò l’11 settembre e la Cina, come potenziale minaccia, fu “dimenticata”.
Errore. Oggi il Dragone ha alle spalle vent’anni di intenso riarmo e ostenta una ben fondata autostima.
La crisi “del pallone” congela (per il momento) il dialogo bilaterale ripreso in novembre a Bali e comporta la cancellazione della visita di Anthony Blinken a Pechino che da cinque anni non vede un segretario di Stato americano.
Un grave passo indietro, soprattutto mentre la guerra tra Federazione russa e Ucraina entra in una nuova fase, probabilmente decisiva.
Tenere ben aperto un canale di dialogo con il leader cinese Xi Jinping è indispensabile per prevenire escalation e, magari, indurre il Presidente Vladimir Putin a più miti consigli.

C’è il rischio invece di lasciare che si consolidi e si stabilizzi un temibile fronte anti-occidentale – che già comprende Russia, Cina e Iran – le cui potenzialità espansive si sono intraviste in occasione dei voti dell’Assemblea generale dell’ONU sulle risoluzioni di condanna dell’invasione e delle annessioni russe.
*Avvocato. Presidente dell’Istituto Diplomatico Internazionale (IDI)
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