Carabinieri: dal 2 settembre in onda su Canale 9 la serie Tv: “Avamposti – Dispacci dal confine”. Storie reali di Stazioni dell’Arma in zone a forte connotazione criminale

Roma. Saranno trasmesse dal 2 settembre, sul canale NOVE, grazie a Discovery Italia, le 5 puntate della serie tv “Avamposti – Dispacci dal confine”, progetto di Claudio Camarca (già autore de Lo Squadrone e Spaccio Capitale) realizzato da Clipper Media in collaborazione con l’Arma dei Carabinieri.

Un’immagine di una delle puntate della serie Tv

Gli  “Avamposti” sono Stazioni dei Carabinieri incavate nell’orlo tra la società civile e il margine estremo della disgregazione sociale.

In questi luoghi, marcati dai disagi delle periferie ma anche dalla radicata presenza delle narcomafie, i militari dell’Arma rappresentano l’unica Istituzione dello Stato di Diritto.

A loro, vengono demandati ordini e funzioni che spetterebbero ad altri: dalle molteplici, incessanti attività quotidiane, alle grosse operazioni mirate agli arresti e al sequestro di sostanze illecite.

Saranno trattate 5 storie di periferie, di umanità dimenticate, che spesso hanno come unico appiglio per la vita quello della divisa di un Carabiniere.

Una figura non solo di repressione della piccola e grande criminalità che spesso soffoca i luoghi e le geografie delle città e delle sue periferie ma che si pone come ultimo e unico baluardo di solidarietà verso il mondo di tanti esclusi.

Un racconto che abbraccia tutto lo Stivale, dal parco degli orrori di Rogoredo, alla Roma criminale di San Basilio, passando per i ragazzi del quartiere Zen di Palermo, il rione Sanità di Napoli e la cosiddetta “quarta mafia” che impesta con violenza la zona del Foggiano, raccontata attraverso il racconto di Cerignola.

Nelle puntate, i racconti della straordinaria quotidianità delle Stazioni dell’Arma, confinate in territori in grado di presentare diverse tipologie di degrado civile, governati da leggi e codici del tutto propri, e con sistema economico basato largamente su attività criminali.

Ogni episodio di “Avamposti “offre una radiografia sociale e geopolitica del tutto inedita, capace di fare luce dentro zone d’ombra sconosciute e pericolose.

E ripropone, sulla scia del successo di “Spaccio Capitale”, quello del Bene contro il Male, che da sempre avvince e affascina l’umanità.

Report Difesa, ha intervistato Claudio Camarca. Carmarca è scrittore, giornalista, regista cinematografico e documentarista.

E’ stato reporter in cinque teatri di guerra e editorialista per diversi quotidiani; autore e regista televisivo.

Ha ideato e curato il Dizionario Enciclopedico delle Mafie in Italia, a cui hanno collaborato 74 autori, tra magistrati e giornalisti e analisti e storici.

Tra essi: Nicola Gratteri, Luigi Ciotti, Gioacchino Natoli, Luca Tescaroli, Alberto Vannucci, Nando Dalla Chiesa, Giuseppe Ayala. Prefazione a cura di Giancarlo Caselli.

Camarca, il 2 settembre andrà in onda su Discovery “Avamposti – Dispacci dal Confine”. Come mai ha scritto questa serie televisiva?

Anni addietro, sono stato cronista di nera. Ho poi partecipato a cinque teatri di guerra. Vivendo le attese interminabili che precedono il rapido, angosciante momento degli spari e delle urla: mi porto dietro alcune immagini incastrate nella testa.
E la certezza di conoscere quei militari e quei tutori dell’ordine solo e esclusivamente vivendoci insieme, stando al loro fianco, respirando la paura e la tensione e il desiderio di tornare alle famiglie. Questo, e anche altro, mi ha spinto a scrivere questa Serie.
Volevo presentare i Carabinieri ai cittadini italiani. Per quello che sono e attraverso quello che fanno.

Un elicottero dei Carabinieri in sorvolo

Chi sono i protagonisti? E quali storie vengono raccontate?
Protagonisti sono i Carabinieri dei Comandi Stazione. Gli uomini e le donne che incontriamo allorché facciamo una denuncia per smarrimento, chiediamo l’indicazione stradale, chiamiamo per un sopruso subito. Le “divise” che vediamo in giro.
Impegnate, in questa Serie di “Avamposti”, a combattere sistemi criminali complessi, balordi e drogati e rapinatori: e le consorterie mafiose incavate nelle radici malsane della società.
Lavorare fianco a fianco con i Carabinieri, dal punto di vista cinematografico, cosa ha comportato?
Il punto di partenza è farsi accettare, diventare una persona di cui loro si potessero fidare. Per questo, prima di ogni shooting, io da solo raggiungevo i vari Comandi e stavo con la Stazione alcuni giorni.
In modo che potessero conoscermi, capire cosa volevo raccontare e soprattutto come avrei voluto farlo: senza finzioni, senza forzature.
Cercare di filmare esattamente il quotidiano incontrato nelle strade, gli accadimenti che si dipanano e verso i quali il Carabiniere va incontro.

Il regista ha firmato la quotidianità dei militari dell’Arma

Volevo illustrare nient’altro che la verità, mai abbellendola e mai censurandola: uno sguardo dall’interno attraverso il quale lo spettatore potesse rendersi conto delle fatiche, dell’abnegazione, dell’impegno totale che richiede l’essere Carabiniere e avere gridato “lo giuro!”.
Il parco degli orrori di Rogoredo, la Roma criminale di San Basilio, il quartiere Zen di Palermo, il rione Sanità di Napoli e la cosiddetta “quarta mafia” che impesta con violenza la zona del  Foggiano, raccontata attraverso il racconto di Cerignola sono i cinque  argomenti dai lei trattati. A cosa è stata dovuta a questa scelta?
Scavare dentro le vene più profonde del nostro Paese. Filmare le cosche camorristiche e rendere il sapore violento della realtà foggiana e la disperazione cupa dei drogati buttati nel parco pubblico di Rogoredo, ai piedi dei grattacieli traslucidi di SKY TELEVISION.
Raggiungere le trincee di un Paese che pare spesso insensibile davanti al dolore e alla disperazione. Buchi neri scavati di fianco al nostro quotidiano, e che solo pochi vedono e ancora meno conoscono.

Un’immagine della serie Tv che racconta di come opera l’Arma a Cerignola

L’Arma dei Carabinieri dentro quei vuoti si distingue, ha capacità militare e analitica per poterli fronteggiare e spessore umano per provare compassione e comprendere le radici di quel disagio, di quella rabbia scaturita in un atto criminale.
In quali realtà ha sentito di più che lo Stato ha bisogno di far sentire la sua voce e la sua potenza?
Cerignola è una plaga assolata gettata nell’interno della Puglia, controllata da famiglie mafiose violente e grette e barbare, prive di possibili codici d’onore e schiave del denaro, per il quale sono disposte a qualunque turpitudine.
Ho toccato con mano il disprezzo per lo Stato di Diritto, la volontà stolida di infrangere le Leggi, la mancanza assoluta di cultura anche solo elementare e la vocazione al sopruso esercitata attraverso mille forme: su tutte, il “caporalato”, nient’altro che una variante moderna dello schiavismo, perpetrato su migranti in grande parte africani costretti a lavorare per l’intera giornata in cambio di pochi denari,.
Parliamo di 3 euro l’ora per raccogliere pomodori, melanzane, e altro.
Impiegati dalle luci dell’alba al tramonto inoltrato, percossi se provano a ribellarsi, minacciati con le armi se denunciano. Ricordo che a Cerignola, la metà dei suoi abitanti si è macchiata di reati contro il patrimonio.
Dopo questi cinque appuntamenti ce ne sono altri in cantiere, per  il futuro?
Stiamo osservando e cercando di capire. Credo che questo nostro Paese abbia necessità di prodotti che lo riconcilino con le Istituzioni.
Bisogna saper guardare dentro le cose, se veramente vogliamo comprendere l’Italia che viviamo.
Troppi guasti hanno perpetrato racconti imperniati sulla fascinazione del male, sulla liceità di atti delinquenziali, sull’erosione di credibilità negli uomini dello Stato.
Dobbiamo ricordarci che mentre noi siamo protetti dal tepore delle nostre case, qualcuno è parte di quella sottile linea blu che divide il mondo del possibile dal caos.
Mi permetta una domanda di aspetto “socio-culturale”: oggi il  nostro cinema e la nostra televisione, riguardo ai temi da lei  trattati, può tornare al passato? Penso ai grandi film denuncia degli  anni ’70.
In parte, le ho risposto nella domanda precedente. Un vecchio adagio recita: per scrivere bisogna avere un taccuino e un paio di scarpe comode. E bisogna avere la voglia di indossarle, quelle scarpe.
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