Enna. Nuova operazione antimafia dei Carabinieri. Dopo quella di Palermo della scorsa settimana (https://www.reportdifesa.it/carabinieri-10-arrestati-in-unoperazione-antimafia-a-palermo-duro-colpo-a-cosa-nostra/), qesta mattina i militari del ROS e del Comando Provinciale di Enna hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP presso Tribunale ennese, su richiesta della Procura della Repubblica di Caltanissetta – Direzione Distrettuale Antimafia (DDA).
Interessati all’intervento dell’Arma, i comuni di Barrafranca (Enna), Pietraperzia (Enna) e Catania, Palermo e Wolfsburg (Germania).
L’ordinanza di custodia cautelare è a carico di 46 persone (tra i quali un minorenne, all’epoca dei fatti) affiliati o contigui alle famiglie mafiose di Barrafranca e Pietraperzia.
Uno degli affiliati considerato elemento di spicco del sodalizio, Giuseppe Emilio Bevilacqua è stato localizzato e catturato in Germania grazie al supporto del BKA e della Polizia tedesca, con il coordinamento operativo dell’Agenzia di Polizia europea EUROPOL.
I reati contestati, a vario titolo, sono: associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e allo smercio di stupefacenti, estorsioni, corruzione aggravata dall’aver favorito l’associazione mafiosa, detenzioni di armi e assistenza agli associati.
Contestualmente è stato notificato anche un decreto di sequestro preventivo di beni (società, beni immobili e conti correnti) per un valore di oltre un milione di euro.
L’indagine è stata avviata nel maggio 2018 successivamente alla concessione del beneficio della detenzione domiciliare – per ragioni di salute – a Raffaele Bevilacqua, già condannato per associazione di tipo mafioso nel cosiddetto Processo “Leopardo” che, tra la fine degli anni ’80 e i primi anni del 2000, era non solo componente del direttivo della Democrazia Cristiana ed in strettissimi rapporti con Salvo Lima ma anche al vertice di Cosa Nostra ennese per diretta investitura di Bernardo Provenzano.
Bevilacqua è stato, inoltre, condannato all’ergastolo per essere stato riconosciuto mandante – insieme a Francesco “Ciccio” La Rocca – dell’omicidio di Domenico Calcagno, avvenuto a Valguarnera Caropepe (Enna) nel maggio del 2003.
L’immediato monitoraggio avviato dai militari del ROS ha consentito di documentare come il lungo periodo di detenzione, anche in regime di 41 bis, non avesse minimamente fiaccato lo spirito di Bevilacqua il quale, non appena ritrovata la “libertà”, ha ripreso immediatamente la direzione della famiglia mafiosa con il fondamentale apporto dei suoi familiari.
Si è scoperto che, in spregio ai vincoli imposti dal regime di detenzione domiciliare l’appartamento di Catania – presso il quale egli era ristretto – diveniva il crocevia di importanti incontri con altri storici affiliati.
Pimi fra tutti gli uomini d’onore Alessandro Salvaggio e Salvatore Privitelli nel corso dei quali, secondo quanto emerso dall’inchiesta, venivano decise strategie e progettate le azioni da compiere, alcune anche molto gravi.
Dalle indagini è emerso che il carisma ed il rispetto di cui godeva l’uomo siano rimasti intatti nonostante il tempo trascorso.
Per i Carabinieri è indicativo, in tal senso, il gesto compiuto dall’anziano uomo d’onore Alessandro Salvaggio il quale, rivedendo il suo capo famiglia dopo più di 15 anni, al momento dei saluti gli baciava le mani in segno di immutato rispetto.
Nel progetto di riorganizzazione della famiglia mafiosa posto in essere da RaffaeleBevilacqua hanno assunto un ruolo cardine i suoi tre figli.
L’indagine del ROS è andata ad intersecarsi con quella condotta dal Comando Provinciale di Enna, che su delega della DDA nissena stava svolgendo parallele attività in ordine al traffico di stupefacenti – cocaina e marijuana – nel Comune di Barrafranca, documentando un’incessante attività di spaccio nella quale venivano impiegati anche minorenni.
La portata dell’affare era tale che sono stati documentati momenti di forte attrito, sfociati in scontri anche particolarmente violenti, per la gestione di alcune zone tra gli appartenenti alla rete di smercio riconducibile alla famiglia mafiosa e a “gruppi autonomi”, conflitti giunti a un livello tale da richiedere l’intervento diretto di Raffaele Bevilacqua.
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