Reggio Calabria. I Carabinieri del Gruppo Forestale di Reggio Calabria, coadiuvati dai Carabinieri Forestali dei vari Reparti in Calabria, Sicilia, Lombardia ed Emilia Romagna e dai militari del Comando Provinciale di Reggio Calabria, con il supporto dello Squadrone Eliportato Carabinieri “Cacciatori Calabria”, dell’8° Nucleo Elicotteri Carabinieri di stanza a Vibo Valentia e dell’Aliquota di Primo Intervento (API) reggina sono stati impegnati nell’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare personale a carico di 29 soggetti.

Un Carabiniere dei Cacciatori di Calabria in attività
C’è stato anche contestuale decreto di sequestro preventivo per 5 società operanti nel settore dei rifiuti e di somme per equivalente, emessi dal G.I.P. del Tribunale reggina, indagate a vario titolo per associazione di tipo mafioso, disastro ambientale, traffico illecito di rifiuti, intestazione fittizia di beni, estorsione, ricettazione, peculato, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, violazione dei sigilli e danneggiamento aggravato.
Il provvedimento, adottato nella fase delle indagini preliminari e salve le ulteriori determinazioni dell’Autorità giurisdizionale di merito, è stato eseguito nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza, Ravenna, Brescia e Monza-Brianza.
Le indagini condotte dai militari del NIPAAF (Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale) di Reggio Calabria, sotto la direzione del Procuratore della Repubblica, venivano avviate nell’anno 2017 e traevano origine da un sopralluogo eseguito presso la sede aziendale di una ditta di trattamento di rifiuti speciali di natura metallica, sita nella zona industriale del Comune di Gioia Tauro (Reggio Calabria).

Carabinieri Forestali in attività
I primi riscontri investigativi evidenziavano che la società, nonostante fosse oggetto dei provvedimenti di sospensione dell’autorizzazione al trattamento dei rifiuti e di cancellazione dall’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, era diventata il fulcro di un’attività organizzata per il traffico di rifiuti speciali di natura metallica, con base operativa a Gioia Tauro e con marcate proiezioni sul territorio nazionale ed internazionale.
Secondo le indagini gli amministratori aziendali si palesavano quali prestanome dei traffici illeciti con una completa ed incondizionata comunione di affari ed interessi.
L’obiettivo era quello di servirsi dell’immagine e del nome di società apparentemente “pulite”, rette da un amministratore legale privo di pregiudizi penali e di polizia, avente tutte le carte in regola per poter ottenere le autorizzazioni necessarie alla gestione di un settore strategico, qual è quello dei rifiuti speciali, ed in tal modo intrattenere rapporti contrattuali con le maggiori aziende siderurgiche italiane, contrattare l’importazione e l’esportazione di rifiuti da e per Stati esteri, nonché aspirare all’iscrizione in white list negli elenchi istituiti presso la Prefettura.
Altra allarmante condotta delittuosa accertata nel corso delle indagini riguardava lo smaltimento illecito di ingenti quantitativi di rifiuti speciali, anche pericolosi, attraverso attività di interramento nel suolo, diventato oggetto di investigazione e di accertamenti tecnici eseguiti dai consulenti tecnici nominati dalla Procura della Repubblica.
Autocarri aziendali partivano dalla sede della società con il cassone carico di rifiuti speciali, spesso riconducibili a “Car Fluff” (rifiuto di scarto proveniente dal processo di demolizione delle autovetture) e giungevano in terreni agricoli posti a pochi metri di distanza, interrando copiosi quantitativi di rifiuti, anche a profondità significative.
Gli accertamenti eseguiti hanno fatto scoprire anche l’interramento di altri materiali, quali fanghi provenienti presumibilmente dall’industria meccanica pesante e siderurgica.
Tali terreni agricoli, a seguito degli interramenti ed a cagione di essi, risultavano gravemente contaminati da sostanze altamente nocive, alcune di esse rilevate sino a valori pari al 6000% (seimila percento) del limite previsto, con il concreto ed attuale pericolo che le sostanze inquinanti possano infiltrarsi ancor più nel sottosuolo determinando la contaminazione anche della falda acquifera sottostante.
Le indagini hanno anche permesso di documentare specifiche estorsioni a danno di imprese impegnate nell’appalto per la demolizione delle gru di banchina ormai obsolete presso il Porto di Gioia Tauro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA