Di Francesca Cannataro
Crotone. Dalle prime luci dell’alba, in Italia, Regno Unito, Germania, Francia e Serbia è in corso una vasta operazione dei Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale che, con il coordinamento di EUROPOL ed EUROJUST, stanno eseguendo un’ordinanza di applicazione di misure cautelari, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Crotone, nei confronti di 23 persone e contestuali attività di perquisizione nei confronti di altri 80 individui, di cui 4 domiciliati all’estero. Al centro delle indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Crotone, le attività di una holding criminale che, da tempo, gestiva un ingente traffico di beni archeologici provento di scavi clandestini in Calabria e destinati anche all’illecita esportazione all’estero. Danneggiamento del patrimonio archeologico dello Stato, impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato, ricettazione ed esportazione illecita. Sono questi i reati commessi dalla consorteria criminale smantellata dai Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale. Questi i numeri della vasta e imponente attività operativa “Achei” condotta sia sul territorio nazionale che su quello internazionale. L’attività investigativa, avviata nel maggio del 2017 dai carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza, oggi al Comando del Capitano Bartolo Taglietti, si è infatti svolta sul territorio italiano, in sinergia con i Comandi Provinciali Carabinieri di Crotone, Bari, Benevento, Bolzano, Caserta, Catania, Catanzaro, Cosenza, Ferrara, Frosinone, Latina, Matera, Milano, Perugia, Potenza, Ravenna, Reggio Calabria, Roma, Siena, Terni, Viterbo e il supporto dell’8° Nucleo Elicotteri Carabinieri di Vibo Valentia, dello Squadrone Eliportato “Cacciatori di Calabria” e del Nucleo Cinofili di Vibo Valentia. Oltre 350 i carabinieri impiegati, che hanno operato in territorio italiano ed estero, congiuntamente agli investigatori della Metropolitan Police di Londra, della Polizia Criminale del Baden-Württemberg, dell’Ufficio Centrale di Polizia Francese per la lotta al Traffico Internazionale di Beni Culturali e del Servizio Serbo per la Lotta alla Criminalità Organizzata.
I particolari della complessa attività investigativa, iniziata grazie a una serie di accertamenti di iniziativa a seguito di acquisizioni info-investigative da parte dei militari dello speciale reparto dell’Arma che constatavano la presenza di numerosi scavi clandestini condotti all’interno di vari siti archeologici, sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa presso il Comando Provinciale Carabinieri di Crotone.

Un momento della conferenza stampa a Crotone
Le investigazioni hanno consentito di accertare, l’esistenza di un vasto traffico, su scala nazionale e internazionale, di reperti archeologici provenienti, tra gli altri, sia da scavi clandestini operati nei siti archeologici di: “Apollo Aleo” a Cirò Marina, “Castiglione di Paludi” a Paludi (CS) e nell’area di “Cerasello”, area non soggetta a vincolo ma di grande interesse archeologico, sia da tante altre aree private nelle province di Crotone e Cosenza. Nel corso dell’attività sono stati identificati i componenti di un ramificato e strutturato sodalizio criminoso in grado di gestire tutte le fasi del traffico illecito di reperti archeologici.

Il sito archeologico di Castiglione Paludi a Paludi (Cosenza)
Nell’ambito delle investigazioni, dalle attività di monitoraggio condotte nei suddetti siti, è emerso un articolato sistema di saccheggi posti in essere in quei luoghi per numerosi anni da parte di un gruppo di tombaroli. Essi, agendo nell’ambito di un’organizzazione criminale con specifica ripartizione di compiti e di ruoli, e servendosi di tale struttura riuscivano ad approvvigionarsi di materiale archeologico destinato al mercato clandestino, per la loro successiva commercializzazione sia in territorio italiano che in quello all’estero, assicurata da una fitta e complessa rete di ricettatori.

Il sito archeologico di Apollo Aleo (Cirò Marina)
In tal modo, è stata delineata un’articolata organizzazione costituita da tombaroli, intermediari e ricettatori capace di alimentare il reddito di interi gruppi familiari. Le fasi del traffico illecito sono state documentate dettagliatamente attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, riprese video, pedinamenti, sequestri, fino ad arrivare alla vendita a collezionisti finali. Significative le immagini realizzate, attraverso l’utilizzo di un drone, che testimoniano la violenza con cui, in un’area di interesse archeologico, il gruppo criminale ha operato degli scavi clandestini attraverso l’utilizzo di un escavatore.

L’utilizzo dell’escavatore da parte della holding criminale
L’agire del gruppo criminale è apparso organizzato secondo vere e proprie modalità imprenditoriali tipiche delle associazioni ben strutturate.
I vertici dell’organizzazione hanno diretto e controllato l’attività dei sodali, pianificato le singole spedizioni e individuato i luoghi di interesse, grazie alle specifiche competenze in materia. Inoltre, sono state predisposte modalità operative tali da scongiurare, o quanto meno contenere, il rischio di controlli da parte delle forze dell’ordine, anche attraverso l’utilizzo di canali di comunicazione di difficile intercettazione.

L’intervento dei Carabinieri del Tpc di Cosenza in uno dei siti depredati
Le acquisizioni investigative hanno altresì certificato collegamenti con alcuni soggetti esteri legati al traffico di reperti archeologici. Preziosa è risultata essere la collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Catanzaro, Cosenza e Crotone, che ha fornito, in ogni fase, un fattivo contributo nelle specifiche competenze. Numerosi e di grande rilievo sono stati, infine i beni recuperati durante l’attività d’indagine tra i quali reperti archeologici risalenti al IV e al III secolo a.C., vasi e lucerne in terracotta, piatti con scene di animali, fibule e monili vari.

Alcuni dei beni archeologici recuperati dai Carabinieri del TPC
L’operazione portata a termine costituisce un importante segnale di risposta dello Stato al radicato fenomeno criminale del traffico illecito di reperti archeologici, che vede nei Paesi del Nord Europa, e non solo, i principali destinatari di beni appartenenti al patrimonio culturale nazionale. La Calabria, particolarmente ricca di vestigia del passato, è oggetto di un incessante e intenso fenomeno di razzia di reperti che alimentano il mercato clandestino dei beni d’arte. Ed è per questo che l’operazione condotta dai carabinieri del Tpc assume un grande rilievo e rappresenta il risultato della combinata azione repressiva di varie componenti dello Stato, sotto l’efficace coordinamento della Procura della Repubblica di Crotone.
Un’importante attività dei Carabinieri del Nucleo Tpc di Cosenza che costantemente e con grande professionalità conducono un lavoro di intelligence, a respiro nazionale e internazionale, a salvaguardia di un patrimonio storico-artistico e ambientale che per via del suo rilevante valore catalizza le “attenzioni” delle più agguerrite consorterie criminali.
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