DI Giuseppe Gagliano
PECHINO. Un vento nuovo soffia tra le fila del Partito Comunista Cinese (PCC), e porta con sé un aroma insolito: quello dell’Occidente.

Il Congresso del Partito Comunista Cinese
Nel tentativo di rafforzare una delle sue unità militari più strategiche, il Governo di Pechino sta aprendo le porte a giovani che hanno studiato all’estero, con un occhio di riguardo a chi ha frequentato Università in Europa e Nord America.
L’obiettivo? Dotare le truppe di una conoscenza più profonda delle culture “target”, un’arma non convenzionale in un’epoca di guerre ibride e competizione globale.
Una mossa inedita
Non è un segreto che il PCC tenga sotto stretto controllo l’Esercito Popolare di Liberazione (PLA), il braccio armato del Partito.
Ma questa nuova strategia di reclutamento segna una svolta.
Tradizionalmente, il PLA ha privilegiato profili interni, spesso cresciuti nel sistema educativo cinese, impregnati di ideologia marxista e fedeltà assoluta al partito.
Ora, però, Pechino sembra pronta a scommettere su una generazione diversa: giovani cinesi che hanno respirato l’aria di Oxford, Harvard o della Sorbona, tornando a casa con diplomi prestigiosi e una visione del mondo più ampia.
L’unità in questione non è una qualunque.
Si parla di una forza chiave, probabilmente legata alle operazioni di Intelligence o alle missioni speciali, dove la comprensione delle dinamiche culturali e politiche straniere può fare la differenza.
Pensiamo a scenari come Taiwan, il Mar Cinese Meridionale o le tensioni con gli Stati Uniti: avere ufficiali che capiscono il “nemico” dall’interno potrebbe essere un asso nella manica.

L’area del Mar cinese meridionale
Il profilo dei nuovi soldati
Chi sono questi giovani? Molti appartengono alla diaspora cinese che, negli ultimi decenni, ha mandato i propri figli a studiare all’estero grazie a borse di studio statali o investimenti familiari.
Tornati in patria, spesso si trovano a navigare tra due mondi: quello della Cina di Xi Jinping, con il suo rigido controllo, e quello delle democrazie occidentali, con le loro libertà e contraddizioni. Il PCC vuole sfruttare questa dualità.
Non si tratta solo di competenze linguistiche – l’inglese fluente è un dato di fatto – ma di una familiarità con il modo di pensare, i valori e le vulnerabilità delle società occidentali.
Un ufficiale che ha discusso di politica americana in un campus di Boston o che ha vissuto le proteste studentesche a Londra porta con sé un bagaglio che nessun manuale può insegnare.
Un rischio calcolato
Ma la mossa non è priva di ombre.
Aprire le porte a chi ha vissuto all’estero significa accogliere potenziali “contaminazioni”. Il PCC lo sa bene: per anni ha monitorato gli studenti cinesi oltre confine, tramite associazioni come la Chinese Students and Scholars Association (CSSA), per assicurarsi che restassero fedeli alla linea del Partito.
Alcuni di questi giovani, esposti a idee liberali o critiche verso Pechino, potrebbero rappresentare un’incognita.

Il Presidente cinese, Xi Jinping
Eppure, il calcolo sembra chiaro. Xi Jinping, che guida il PLA attraverso la Commissione Militare Centrale, punta a un Esercito “di classe mondiale” entro il 2049.
Per farlo, non basta la forza bruta o la tecnologia – serve anche un vantaggio psicologico e culturale. Il reclutamento di questi “ritornati” è un tassello della strategia di Military-Civil Fusion, che intreccia risorse civili e militari per competere con l’Occidente.
Il contesto globale
La decisione arriva in un momento di tensione crescente.
Gli Stati Uniti e i loro alleati stanno rafforzando le alleanze nel Pacifico, dalla AUKUS al Quad, mentre la Cina espande la sua influenza con la Belt and Road Initiative.
In questo scacchiere, un’unità militare capace di decifrare le mosse dell’avversario – non solo sul campo, ma anche nei corridoi della diplomazia e dell’opinione pubblica – diventa cruciale.
Fonti vicine al PLA, circolate su X, suggeriscono che il programma sia già in fase pilota.
I candidati vengono selezionati con cura: oltre al curriculum accademico, devono dimostrare “lealtà incrollabile” al Partito. Un test non da poco, per chi ha assaggiato la libertà di pensiero altrove.
Una scommessa sul futuro
Per il PCC, è una scommessa audace. Da un lato, rischia di introdurre elementi meno controllabili in un sistema che vive di disciplina ferrea. Dall’altro, potrebbe creare una nuova generazione di ufficiali: cosmopoliti ma devoti, capaci di parlare la lingua del nemico senza dimenticare quella del partito.
In un mondo dove la guerra si combatte sempre più con le idee,
Pechino sembra aver capito che il vero campo di battaglia è la mente.
E per vincerlo, sta mandando in prima linea i suoi giovani “occidentalizzati”. Resta da vedere se saranno un’arma a doppio taglio.
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