Di Pierpaolo Piras*
Roma. Grazie alla pandemia da Coronavirus, le cosiddette “mascherine” sono entrate nel linguaggio comune.
La loro scelta è governata dall’utilizzo che se ne deve fare.
In queste settimane, il morbo si è diffuso rapidamente, con rara aggressività e perniciosità. L’assenza di vaccini e/o di farmaci, ad effetto terapeutico diretto sul corpo ed organi vitali del virus, ancorché dimostrato e controllato dalle Istituzioni statali e dalle società scientifiche accreditate, non ha consentito una risposta oggettivamente efficace sugli ammalati più gravi.
Si sono avuti, invece, migliaia di ricoveri nei Reparti di Rianimazione, in letti affidati a personale sanitario (Medici ed Infermieri) accademicamente specializzato, con la sofisticata professionalità che urge in funzioni professionalmente così elevate, relative anche all’uso di d’impianti vari e complessi come sono le apparecchiature di assistenza respiratoria assistita.
Su questo aspetto il Servizio Sanitario nazionale (SSN) ha dimostrato tutta la sua inadeguatezza.
Il nemico da combattere è il Coronavirus, il cui diametro è di 100-150 nm (1 micron = 1 millesimo di millimetro), visibile solo tramite il microscopio elettronico.
Il nome deriva da gruppi di proteine complesse (Glicoproteina S) disposte a “corona” sulla superficie del virus e responsabili sia dell’attecchimento che dell’ingresso del virus all’interno della cellula alveolare polmonare.
Il contagio avviene per passaggio aereo del virus dalla persona ammalata a quella sana.
L’uso delle mascherine è a tutt’oggi l’unico strumento di prevenzione individuale oltre alle severe norme di comportamento individuale e collettivo.
Le uniche mascherine a così stretta capacità filtrante antivirale sono omologate secondo la normativa europea EN149 e siglate come FFP2 e FFP3.
Quest’ultima, utilizzata negli interventi chirurgici in malati con infezioni contagiose (Mixovirus Influenzali H1N1, AIDS, SARS, TBC, ecc.).
In entrambi i casi l’efficienza minima filtrante supera il 90% (nella FFP3 il 98%) e la capacità filtrante arriva fino a particelle di 0,6 micrometri.
È dimostrato che l’utilizzo di altri materiali tipo stoffe varie, foulard, tappetini per cani e biancheria intima non possiedono queste caratteristiche.
Pertanto, non rientrano in questa normativa e, anzi, costituiscono un pericolo.
È caldamente sconsigliabile perdere il proprio tempo seguendo le indicazioni esposte in Internet, che non siano prodotte dalle Istituzioni nazionali e società scientifiche più accreditate.
Una seconda regola da osservare (purtroppo è quella più violata) con ogni accuratezza e severità, è il mantenimento della distanza interpersonale di almeno 1-1,5 metri.
Il Coronavirus emesso dal portatore sano ed inconsapevole può diffondere il virus nell’aria più prossima agli altri astanti (es. nei supermercati) e cadere sulla mucosa della congiuntiva oculare.
Di qui può giungere alle vie respiratorie principali attraverso il dotto lacrimale, penetrando nell’organismo attraverso un percorso alternativo a quello tradizionale.
Qualora rientrassero queste circostanze, bisognerà utilizzare la “maschera facciale” che porrebbe al sicuro anche gli occhi.
*Specialista in Otorinolaringoiatria e Patologia Cervico-Facciale
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