Di Maria Enrica Rubino
Roma. Un algoritmo per individuare le zone a maggior rischio di contagi per intervenire in modo mirato con la chiusura totale o parziale dei comuni o delle regioni interessate. Secondo l’ultimo studio della Società Italiana di Intelligence e del Laboratorio Predictive Intelligence dell’Università della Calabria è possibile.
Utilizzando l’algoritmo XLAW, già sperimentato in 11 comuni italiani per prevenire i crimini di carattere predatorio, si possono individuare le zone dove effettuare la prevenzione sulla diffusione della pandemia da coronavirus. L’approccio dell’applicativo XLAW è quello che la Polizia di Stato sta sperimentando da qualche anno nell’ambito della predictive policing per prevenire in città i reati come scippi, rapine, truffe e borseggi. Il modello è stato già impiegato dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza Direzione Centrale Anticrimine complessivamente in dodici questure italiane: Napoli, Salerno, Prato, Venezia, Modena, Parma, Trento, Trieste, Livorno, Bari, Catania, Bologna. Attualmente è operativo a Napoli, Salerno, Prato, Venezia, Modena e Parma.
“Il modello enfatizza la capacità creativa del fattore umano – spiega lo studio – tenendo conto delle relazioni sociali e spaziali del luogo, atteso che un crimine di questo tipo si manifesta ovviamente a condizione che vi siano link fisici tra le persone”. Quindi è il frutto di competenze non solo criminologiche ma anche psicologiche, sociologiche, urbanistiche e mediche, tutte applicate alla prevenzione.
La sociologia quantitativa definisce reti sociali (social network) l’insieme di individui connessi attraverso legami relazionali che comportano una vera e propria prossimità fisica. “Nello studio sui fenomeni di devianza urbana, per poter sviluppare il modello XLAW – spiega ancora la ricerca – si è compreso che i crimini di tipo predatorio tendono a ripetersi nel tempo e nello spazio in zone della città dove vi è la regolare e concomitante presenza di fattori oggettivi (consistente presenza di vittime e obiettivi appetibili) e soggettivi (vie di fuga, rifugi e coperture).
La regolare esistenza nel tempo e nello spazio di tali fattori favorisce l’azione del criminale che ripete con ciclica puntualità e precisione tanto da permetterne la predizione, se si è in grado di implementare un modello di analisi appropriato.
Il modello alla base di XLAW considera tali zone “riserve di caccia”, ovvero luoghi dove abili criminali riescono a portare a compimento il reato, sfruttando l’alta possibilità di prossimità e connessione con i cittadini”.
Ma tornando alla diffusione della pandemia da coronavirus, in questo modo si potrebbe disporre di un modello predittivo che permetta di limitare chirurgicamente sul territorio il contatto tra i cittadini per una più efficace gestione dell’emergenza in attesa che venga individuato il vaccino. Infatti, nelle zone individuate dall’algoritmo come quelle a maggiore rischio di contagio presente e futuro si potrà intervenire con azioni mirate come la chiusura parziale o totale di queste o, anche, potenziando i controlli da parte delle forze di polizia. Tuttavia, la statistica applicata alle malattie infettive è, però, ancora un problema complesso e soggetto a continui cambiamenti.
L’obiettivo è dimostrare che la mappa predittiva dei crimini nelle città in cui viene impiegato il modello XLAW potrebbe essere sovrapponibile a quella di rischio del contagio da coronavirus. Questo in considerazione dei dati analizzati, del metodo di analisi impiegato e della elaborazione delle informazioni che evidenzia aree di rischio che rivoluzionano il paradigma della sicurezza, spostando l’attenzione da una visione riparatoria del danno ad una visione probabilistica del rischio.
In considerazione della “Fase 2” e la probabile “Fase 3” del dopo Coronavirus, questo approccio potrebbe permettere di valutare con sufficiente attendibilità il rischio del contagio in funzione di una graduale e consapevole riapertura delle città, quartiere per quartiere e strada per strada.
L’idea che si propone nella ricerca realizzata da Mario Caligiuri (Università della Calabria e presidente della SOCINT), Elia Lombardo (coordinatore del Laboratorio Predictive Intelligence dell’Università della Calabria) e Donato Piccoli (Urbanista) è quella di “un’originale integrazione tra ambiti differenti e che attualmente operano in modo scollegato”.
Partendo dall’esperienza concreta del progetto XLAW, la SOCINT valuta che sia possibile e utile una collaborazione in questa direzione tra istituzioni pubbliche (dai Comuni all’Istituito Superiore della Sanità), mondo assicurativo e aziende tecnologiche.
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