Libano del Sud: una mostra d’arte per la pace. Artisti locali espongono le loro opere nella Base del contingente italiano a Shama

Di Paola Pellegrino

Shama (Libano del Sud) – nostro servizio particolare. Una giornata, quella di ieri nella Base “Millevoi”, a Shama (Libano del Sud) dedicata interamente all’arte libanese per la pace.

Artisti libanesi protagonisti della mostra d’arte per la pace

Report Difesa, inizia da oggi una serie di articoli dedicati al Paese e alle attività che i militari del Sector West di UNIFIL, attualmente a guida Brigata di Cavalleria “Pozzuolo del Friuli”, svolgono ogni giorno.

La mostra, d’arte “Lebanese artists for peace”, è stata importante per capire, attraverso la cultura, un Paese che per anni è stato martoriato da guerre, proteste, crisi politiche ed economiche.

“Lebanese artists for peace” è stato curata dal professore Hassan Ramez Badawi, coordinato dalla Cellula Pubblica Informazione e dalla Gender Advisor dei Caschi Blu italiani.

Hanno collaborato l’Opera Principessa di Piemonte e l’Associazione Laureati Libanesi in Italia.

Ventuno gli artisti che hanno esposto le loro opere: pittori di diverse età e provenienti da tutto il Libano, ma accumunati dalla volontà di esprimere attraverso l’arte il volto autentico del Paese e l’amore dei suo cittadini per la pace.

“Doppio è il significato di questo evento – ha sottolineato il professor Badawi  che, nel pieno della guerra civile iniziò la carriera di archeologo – da un lato vogliamo ringraziare il contingente italiano sotto la guida del Generale di Brigata Massimiliano Stecca e tutti coloro che da varie parti del mondo lasciano le loro famiglie venendo qui per offrirci una possibilità di pace e dall’altro abbiamo intenzione di dimostrare in prima persona quanto noi vogliamo la pace”.

Tra di loro ci sono studenti e docenti della Lebanese University, come il professore Youssef Ghazaoui, che vive e lavora tra Beirut e Parigi ed è stato pluripremiato per le sue opere.

Ma c’è anche Mohammad Issa-Rammal, artista dall’età di 9 anni.

Ho studiato alla Lebanese University – ha raccontato – ma ad un certo punto non potevo più permettermi i materiali da pittura. Avevo venduto uno dei miei quadri più grandi, ma i soldi sarebbero finiti in fretta. Ho deciso di investire in un tablet da disegno, avevo imparato ad usare quello di un amico”.

Ora è specializzato in digital painting: sullo schermo e replica le diverse tecniche pittoriche e le sue stampe sono pezzi unici che vende insieme al copyright.

Accanto a lui Valeria Mekhchian, 27 anni, parla italiano fluentemente.

“Sono stata due anni a Roma a studiare al Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana – ha ricordato – dopo la mia laurea quinquennale in Architettura di interni. Era il periodo del lockdown e all’inizio ero spaventata,. Ma i miei amici mi hanno aiutato e così durante la pandemia ho avuto modo di imparare bene l’italiano. Per me è stato un guadagno: è la lingua più bella del mondo”.

Valeria vive in una cittadina tra Beirut e il Monte Libano ed è armena ortodossa.

“I miei antenati si sono trasferiti qui negli anni del genocidio – ha ricordato – ma manteniamo un forte legame con l’Armenia, dove andrò la prossima estate”.

Nei suoi acquerelli delicate prospettive di sculture e rovine romane.

“Provo a rappresentare ricordi, cerco angoli che non tutti vedono – ha spiegato la sua arte -. Dipingo scorci del Libano, dell’Italia, dell’Armenia. Sono luoghi che significano molto per me”.

Per la giovane artista la pace nasce dalla spontaneità dei rapporti.

“Quando ero piccola frequentavo le scuole armene – ha concluso – ma all’Università sono entrata in contatto con la ricchezza di religioni e culture che c’è qui in Libano”.

“Questa è Cizel – ci ha indicato un’artista accanto a lei-.E’ musulmana, siamo amiche dal primo anno di corso”.

 

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