Di Pierpaolo Piras
L’Avana. L’isola di Cuba è stata scossa l’11 luglio da pubbliche dimostrazioni di piazza di portata storica, come non si vedevano da quelle rivoluzionarie castriste del 1959.
La reazione del governo è stata violenta con un morto e centinaia di persone arrestate. Tanto da suscitare la preoccupazione delle Nazioni Unite.
L’Alto Commissario per i diritti umani dell’ONU, Michelle Bachelet, ha chiesto il rilascio urgente degli arrestati durante le manifestazioni popolari nelle città cubane.
“Esorto il governo a rispondere alle richieste dei manifestanti attraverso il dialogo e a rispettare e proteggere pienamente i diritti di tutti gli individui all’assemblea pacifica e alla libertà di opinione e di espressione”, ha detto la Bachelet in una dichiarazione.
Poi ha aggiunto: “Deploro profondamente la morte di un manifestante nel contesto delle proteste all’Avana; è importante che venga condotta un’indagine indipendente, trasparente ed efficace e che i responsabili siano puniti”.
Il Presidente cubano Miguel Diaz-Canel Bermúdezcha invitato i suoi sostenitori a vendicarsi.
Ingegnere e docente universitario, e divenuto Presidente di Cuba il 10 ottobre 2019.
In passato è stato presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei ministri dal 19 aprile 2018 al 10 ottobre 2019.
È il primo Presidente senza legami di parentela con la famiglia Castro fin dai tempi di Osvaldo Dorticós nel 1976 e il primo leader del governo che non è un Castro dai tempi di José Miró Cardona nel 1959.
È succeduto a Raúl Castro, fratello di Fidel, come primo segretario del Partito Comunista di Cuba il 19 aprile 2021.
Di fronte alle imponenti manifestazioni dei cittadini, Canel è stato colto di sorpresa.
E ha reagito nel peggiore dei modi invitando apertis verbis i suoi sostenitori a vendicarsi per le strade. Parole decisamente dure.
“L’ordine di combattere è stato dato. Per strada i rivoluzionari! – ha ordinato il Presidente in un discorso televisivo, accusando – la mafia cubano-americana” di essere politicamente e finanziariamente attiva dietro questa rivolta.
“Chiediamo a tutti i rivoluzionari del Paese, a tutti i comunisti, di scendere in piazza dove si svolgono queste provocazioni, ora e nei prossimi giorni. E di affrontarli con decisione, fermezza e coraggio”, ha aggiunto assertivamente.
Le manifestazioni antigovernative sono iniziate spontaneamente in tutta l’isola di primo mattino, un evento raro in un Paese governato dal Partito Comunista (a Cuba il PCC è un partito unico), dove gli unici raduni consentiti sono quelli indetti dal partito.
I commenti di Joe Biden, Presidente degli Stati Uniti, erano attesi.
Finora il problema cubano non mai stato d’importanza prioritaria per la presidenza USA.
In tempi recenti, alla domanda se Biden intendesse revocare la designazione di Cuba da parte del suo predecessore Donald Trump come sponsor statale del terrorismo, il segretario dell’ ufficio stampa della Casa Bianca, Jen Psaki, ha detto ai giornalisti che “un cambiamento di politica USA verso Cuba non è attualmente tra le principali priorità del presidente Biden”.
Evidentemente, tra le numerose crisi politico-militari straniere, in aumento dal Nicaragua all’Afghanistan sino all’immancabile Corea del Nord e al conflitto israelo-palestinese di Gaza, la squadra diplomatica di Biden non era pronta e disponibile per le problematiche cubane.
Durante il fine settimana, la rivolta nella nazione insulare è diventata un argomento del tutto inevitabile anche per il Dipartimento di Stato americano.
Migliaia di cubani sono scesi in piazza, esasperati per l’ormai cronica carenza di cibo e di medicinali di primo impiego e per il progressivo peggioramento della crisi economica che ha ridotto a fame e miseria gran parte della popolazione .
Contestualmente, nei lunghi cortei i dimostranti hanno chiesto con forza la fine della dittatura comunista, instaurata 62 anni fa.
Biden ha espresso sostegno ai manifestanti mentre non è ancora dato di sapere quale sarà l’indirizzo di politica estera della Casa Bianca verso quest’ultimo avamposto del comunismo caraibico.
Gli Usa incoraggeranno altre dimostrazioni? Verranno aggiunte nuove sanzioni economiche o verranno mantenute in vigore quelle dell’era Trump? L’idea di rafforzare i legami diplomatici e commerciali è ormai fuori discussione? L’attenta revisione della politica cubana da parte di Washington rischia ora di essere superata dagli eventi attuali ?
Altre importanti voci vicine al governo americano stanno esaminando nel frattempo quali misure di aiuto materiale possono essere intraprese per andare in soccorso delle sofferenze del popolo cubano.
Non a caso il Dipartimento di Stato ha afferma: “Siamo preoccupati per la crisi umanitaria e sanitaria che si sta verificando a Cuba e per la possibilità che possa sfociare in una crisi migratoria”.
Secondo le autorità statunitensi, negli ultimi mesi, il numero di migranti cubani provenienti via terra e via mare è cresciuto in modo significativo: più di 500 di loro sono stati intercettati nello stretto della Florida e repentinamente rimpatriati nel 2021 ( sono stati 49 del 2020 e 313 del 2019), secondo i dati della Guardia costiera statunitense.
Da un punto di vista politico il livello di migrazione via mare è stimato come meno probabile che accada anche questa volta, dato che gli USA non hanno più una politica di immigrazione in atto, capace quindi di accogliere i transfughi cubani al raggiungimento del suolo americano.
Le proteste di Cuba arrivano in mezzo a una grave crisi politica nella vicina isola di Haiti, che sta preoccupando la Casa Bianca per l’eventualità di un esodo haitiano.
Altri circoli politici rivelano che le capacità decisionali di Biden nel trattare la politica estera verso Cuba sarà più limitata in quanto condizionata dall’approssimarsi delle elezioni di “Midterm” del 2022.
Le elezioni di metà mandato o medio termine (dall’inglese Midterm Elections) si tengono, ogni 4 anni, ovvero 2 anni dopo le elezioni presidenziali, negli Stati Uniti e riguardano solo il Congresso, le assemblee elettive dei singoli Stati, e alcuni dei governatori dei singoli Stati.
Nelle ultime ore lo scontro USA-Cuba si è acceso improvvisamente.
“Gli USA tentano di distruggerci”, ha fatto sapere il governo cubano. La replica perentoria di Biden è stata questa: “Il comunismo di Cuba è finito e Cuba è uno Stato fallito”.
Sono parole pesanti che riportano indietro ai tempi della Guerra fredda nel botta e risposta tra John Kennedy e Nikita Krushev.
Adesso siamo al redde rationem.
Biden fin dal suo primo giorno alla Casa Bianca ha messo al centro della sua agenda di politica estera la questione del rispetto dei diritti umani, che si parli di Cina, di Russia o di Arabia Saudita, e su questa base chiede al governo cubano, definito come “comunista autoritario, che la smetta di reprimere il suo popolo che merita la libertà”.
Il Presidente americano, durante la conferenza stampa congiunta con la cancelliera tedesca Angela Merkel (in questi giorni in visita ufficiale a Washington) ha anche affermato che la sua Amministrazione farà di tutto per tentare di ripristinare la rete Internet nell’isola caraibica, forzando il blocco posto dal regime, il quale ha silenziato gran parte dei social network, dalle cui righe è nata ed è stata diffusa la protesta.
Biden ha anche annunciato l’invio a L’Avana di una quantità importante di vaccini per combattere la diffusione del Covid che sta mettendo in ginocchio l’isola, assicurandosi che a gestire la distribuzione sia non il governo cubano ma un’organizzazione internazionale in grado di garantire l’accesso imparziale a tutti i cittadini cubani.
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