Di Giulia Botta
ROMA. Lo scontro in atto tra Iran e Israele, esploso in modo drammatico in questi giorni, è accompagnato da una battaglia simbolica altrettanto intensa.
I nomi dati alle rispettive Operazioni militari – “Leone Nascente” da parte israeliana e “Promessa Vera” da parte iraniana – non sono semplici etichette, ma strumenti ideologici con un preciso significato politico e culturale.
Israele ha chiamato la sua Operazione “Rising Lion” (Leone Nascente), un riferimento diretto al versetto 23:24 del Libro dei Numeri.

Il passo biblico parla di un popolo che “si alza come leonessa e si drizza come leone”, un’immagine di forza e determinazione attribuita alla nazione israeliana.
Questa scelta si inserisce in una strategia comunicativa intesa ad evocare la legittimità religiosa e storica dell’azione militare, legandola a una visione epica e salvifica.
Il leone richiama anche il simbolo della Bandiera iraniana pre-1979, prima della Rivoluzione islamica.
L’operazione israeliana, quindi, diventa anche un messaggio diretto al popolo iraniano, aiutarli a liberarsi dall’attuale regime degli ayatollah.
Da parte iraniana, la narrazione prende toni quasi mitologici.
“True Promise” (Promessa Vera) è il nome dato all’offensiva iraniana, giunta ormai alla sua terza iterazione.

La retorica che accompagna questa operazione è raccolta nel booklet “Rise of the Phoenix” pubblicato nel giugno 2024, dopo la risposta militare contro Israele avvenuta dopo gli attacchi di quest’ultimo in territorio iraniano.
Il booklet presenta l’Iran come una Fenice che rinasce dalle ceneri delle aggressioni nemiche per costruire un nuovo ordine regionale.
Un documento di propaganda strategica, concepito per giustificare l’azione militare iraniana, e rafforzare il consenso interno e internazionale attorno alla narrativa della “resistenza”.
Simbolo universale di rinascita e immortalità, la Fenice rimanda ad una ciclicità vittoriosa: morire per rinascere, cadere per dominare.
Associando l’Iran alla Fenice, il booklet dipinge il Paese non solo come vittima resiliente, ma come forza destinata a rinnovarsi e guidare il futuro del Medio Oriente.
In entrambe le Operazioni è possibile notare un comune messaggio di riscatto.
Nel dare un nome simbolico alle proprie operazioni, Israele e Iran non mirano soltanto a colpire il nemico, ma a costruire una narrazione di rinascita nazionale, rivolgendosi al proprio popolo come protagonisti di un’epopea di liberazione.
Entrambi evocano un’immagine arcaica e potente: il leone, figura di forza che si risveglia, si rialza, lotta; la fenice, creatura che rinasce dalle ceneri, immortale e inarrestabile.
Al di là delle differenze ideologiche, c’è un elemento retorico comune nelle due narrazioni: entrambe le operazioni si presentano come atti di liberazione e rinascita.
Israele e Iran si raffigurano come Nazioni che si sollevano contro minacce esistenziali, pronte a riscattare la propria identità e il proprio destino storico. Israele vuole liberarsi dalla minaccia nucleare iraniana, dalla percezione di vulnerabilità, e dal peso di un ordine regionale che considera ostile.
Per l’Iran, l’obiettivo dichiarato è liberarsi da un sistema geopolitico considerato ingiusto, dallo squilibrio di potere globale, e dalla narrativa internazionale che lo dipinge come aggressore.
‘Rising Lion’ e ‘True Promise’ – due visioni, due linguaggi, due mondi – alla fine diventano molto più di nomi, ma strumenti retorici di legittimazione ed identità.
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