Di Chiara Cavalieri
WASHINGTON. Gli Stati Uniti stanno valutando una riduzione degli aiuti militari all’Egitto a partire dal prossimo anno.
Secondo alcune fonti diplomatiche, questa decisione sarebbe legata al rifiuto di Il Cairo di collaborare con il piano statunitense di evacuazione forzata dei palestinesi dalla Striscia di Gaza.

Soldati dell’Esercito egiziano
L’amministrazione americana ha più volte utilizzato la leva economica per influenzare la politica de Il Cairo, ma il Governo egiziano mantiene una posizione ferma sulle questioni regionali, in particolare sulla questione palestinese.
La possibile riduzione dei fondi destinati all’Esercito egiziano rientra in una strategia di pressione che, però, potrebbe avere conseguenze geopolitiche rilevanti.
Il valore degli aiuti americani all’Egitto
Gli Stati Uniti forniscono all’Egitto circa 2,1 miliardi di dollari all’anno, di cui 1,3 miliardi destinati all’Esercito.
Una parte degli aiuti, circa 300 milioni di dollari, è condizionata al rispetto dei diritti umani, un tema che da anni è motivo di attrito tra Washington e Il Cairo.
Una riduzione dei finanziamenti non riguarderebbe solo il denaro, ma potrebbe comportare anche l’interruzione della fornitura di pezzi di ricambio e della manutenzione per gli armamenti americani già in dotazione all’esercito egiziano. Questo scenario costringerebbe l’Egitto a potenziare ulteriormente la propria strategia di diversificazione delle fonti di approvvigionamento militare.
Le pressioni degli Stati Uniti sull’Egitto
L’Amministrazione Trump aveva già ipotizzato un taglio degli aiuti a Egitto e Giordania se questi Paesi avessero rifiutato di accogliere i palestinesi evacuati da Gaza. Più recentemente, nel suo incontro con il Re di Giordania Abdullah II a Washington, il Presidente americano ha dichiarato: “Forniamo molti soldi a Egitto e Giordania, ma non voglio minacciarli.”
Nonostante queste parole, le pressioni statunitensi su Il Cairo si sono intensificate. Il Pentagono avrebbe minacciato di bloccare le forniture di armamenti e i programmi di addestramento per l’esercito egiziano, aumentando il rischio di una crisi diplomatica tra i due Paesi.
La risposta della Diplomazia egiziana
Una delegazione diplomatica egiziana è recentemente volata negli Stati Uniti per discutere della questione con i funzionari americani.
Tra i membri della delegazione figurano: Amr Moussa, ex Segretario Generale della Lega Araba, Hossam Badrawi, politico egiziano di spicco e Mounir Fakhry Abdel Nour, ex ministro dell’Industria e del Commercio.
Durante gli incontri, gli esponenti egiziani hanno ribadito che la stabilità della regione è una priorità assoluta e che accogliere i palestinesi significherebbe destabilizzare non solo l’Egitto, ma anche la Giordania e l’intero Medio Oriente.
Possibili violazioni degli accordi bilaterali
Un eventuale taglio degli aiuti da parte di Washington metterebbe in discussione il Memorandum d’Intesa siglato tra Egitto e Stati Uniti nel 1980, durante le presidenze di Anwar Sadat e Jimmy Carter.
Questo accordo rappresenta la base dei finanziamenti annuali americani all’Egitto ed è parte integrante del Trattato di pace tra Egitto e Israele del 1979.
Una rottura di questo equilibrio potrebbe avere conseguenze non solo nelle relazioni bilaterali tra Il Cairo e Washington, ma anche sulla stabilità regionale.
Precedenti storici: Il caso degli elicotteri Apache nel 2013

Due Apache dell’Esercito statunitense ripresi durante un’esercitazione
Un episodio analogo si verificò nel 2013, quando l’ex Presidente Barack Obama sospese la consegna di 6 elicotteri “Apache” destinati all’Esercito egiziano, giustificando la decisione con l’instabilità politica seguita alla rimozione di Mohamed Morsi.

L’ex presidente USA Barack Obama
L’allora ministro degli Esteri egiziano Nabil Fahmy rispose immediatamente che l’Egitto avrebbe trovato fornitori alternativi e, nel giro di pochi mesi, strinse nuovi accordi militari con Francia e Russia.
La risposta dell’Egitto e la diversificazione degli armamenti
Secondo quanto riferito da Fahmy, l’incontro con Obama avvenne a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2013.
Il Presidente americano annunciò la sospensione della consegna degli elicotteri “Apache”, ma il ministro egiziano replicò immediatamente, affermando che si trattava di una scelta sbagliata.

L’ex ministro egiziano Nabil Fahmy
Fahmy sottolineò che l’Egitto avrebbe trovato fornitori alternativi, poiché gli elicotteri erano necessari per la lotta al terrorismo e non per operazioni contro civili. “Gli ho detto che l’Egitto avrebbe acquistato aerei da altre fonti,” ha spiegato Fahmy, aggiungendo che, dopo l’annuncio ufficiale di Washington, rilasciò un’intervista ai media per ribadire che il Cairo avrebbe cercato alternative.
Questo episodio spinse il Governo egiziano a rafforzare le relazioni con Francia, Cina e Russia, riducendo progressivamente la propria dipendenza militare dagli Stati Uniti.
Secondo Fahmy, affidarsi esclusivamente a un solo partner militare è rischioso, e l’Egitto ha imparato che deve sempre avere opzioni alternative.
Per questo, negli anni successivi, Il Cairo ha proseguito nella sua strategia di indipendenza militare, consolidando la propria autonomia strategica e acquisendo armamenti da diversi Paesi.
Il Cairo ribadisce la sua posizione storica
La riduzione degli aiuti militari all’Egitto rappresenterebbe un nuovo punto di frizione tra Washington e Il Cairo.
Mentre gli Stati Uniti cercano di condizionare le scelte del Governo egiziano, l’Amministrazione di Al-Sisi prosegue nel rafforzamento delle proprie capacità militari e nella diversificazione delle alleanze strategiche.
Di fronte alle pressioni internazionali, l’Egitto mantiene una posizione chiara e coerente:
- Rifiuto categorico di qualsiasi piano di sfollamento forzato dei palestinesi dalla loro terra:. Il Cairo considera l’evacuazione di Gaza non solo una minaccia alla stabilità regionale, ma anche una violazione del diritto internazionale.
- Sostegno al diritto dei palestinesi a uno Stato indipendente con Gerusalemme Est come capitale:. Il Governo egiziano continua a ribadire il proprio impegno per una soluzione politica basata sui confini del 1967.
La fermezza dell’Egitto su questi temi si conferma come un elemento centrale negli equilibri del Medio Oriente, rafforzando il ruolo del Paese come mediatore e garante della stabilità regionale.
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