ESCLUSIVA. Esercito, vita da Volontario VFP-1 in un Reggimento di Addestramento. Qui dove si formano Soldati

Capua (Caserta). Poche settimane per trasformare delle ragazze e dei ragazzi in soldati.

In esclusiva Report Difesa è entrata nella caserma sede del 17º Reggimento Addestramento Volontari (RAV) “Acqui” dell’Esercito Italiano di Capua (Caserta).

Qui abbiamo avuto modo di vedere come l’alta professionalità dei comandanti, a tutti i livelli, e degli istruttori faccia sì che circa 900 civili possano, dopo un duro addestramento di 11 settimane, indossare l’uniforme.

Lo step successivo avverrà nei Reparti di destinazione, dove i Volontari in Ferma Prefissata di un anno (VFP-1) saranno sottoposti ad un addestramento proprio dell’Arma e della Specialità prescelta o stabilita dallo Stato Maggiore dell’Esercito.

In questo modo, poi, potranno essere impiegati in attività in Patria, alle quali l’Esercito è chiamato ad intervenire.

Al comando del Reggimento c’è un bersagliere, il Colonnello Giuseppe Zizzari. Una lunga esperienza di comando, in attività operative in Italia e all’estero, ma anche presso lo Stato Maggiore dell’Esercito.

Il Colonnello Giuseppe Zizzari

L’ADDESTRAMENTO

Il Colonnello Zizzari ci evidenzia come l’Esercito riesca, appunto, ad addestrare con ottimi risultati le nuove generazioni di militari, tra cui moltissimi “millenians”.

Tutto parte dal vertice d’area COMFORDOT (Comando per la specializzazione e dottrina dell’Esercito) con il quale “c’è un rapporto costante – spiega il Comandante – per migliorare le attività addestrative. Abbiamo uno scambio continuo di idee. Ogni cambiamento necessario ed utile a migliorare il risultato finale viene messo in atto”.

Ma cosa avviene in un RAV? “Forniamo un addestramento di base utile – spiega il Colonnello – ad affrontare tutte le attività che, subito dopo, i VFP-1 dovranno sviluppare nei reparti operativi. Il nostro primo obiettivo è quello di consegnare, alle diverse unità di assegnazione, un soldato che sia fisicamente preparato e ben addestrato”.

Un Volontario VFP-1 impegnato in un atto tattico, nel corso di un attacco di Squadra

Tutto parte dall’incremento della preparazione fisica dei Volontari che è considerata fondamentale.

“Formiamo personale che dovrà operare sul terreno – prosegue il Colonello Zizzari -. A 20 anni non possiamo permetterci di avere un giovane fisicamente non preparato!”.

Se è vero che l’Esercito, così come le altre Forze Armate e di Polizia, rispecchia la società, è facile capire come un VFP-1 sia un esempio classico dei giovani d’oggi. I quali dall’utilizzo più o meno intenso di una playstation dovranno divenire dei soldati.

“L’impatto non è facile – sottolinea il Colonnello Zizzari – specialmente oggi rispetto al passato, dove i giovani forse sono un po’ troppo coccolati. Il fatto di svegliarsi presto, di prepararsi in poco tempo, di essere sempre in ordine, di rispettare regole e orari e di svolgere una serie di attività che prevedono un intenso impegno fisico, sicuramente per un giovane è un impatto forte”.

I risultati però sono soddisfacenti. “Ritengo che i ragazzi abbiano un grosso potenziale”, precisa il Comandante.

Alla fine del corso, qui al RAV, come viene valutato un Volontario? I VFP-1 vengono valutati in tre principali aree: quella tecnico-professionale, quella motivazionale e quella ginnico-sportiva.

“Ci sono dei tempi da rispettare – spiega ancora il Comandante Zizzari – che, tuttavia, sono sicuramente alla portata di tutti. I ragazzi non sono mai lasciati a sé stessi. Nelle 11 settimane di addestramento presso il Reggimento, le valutazioni avvengono solo nell’ultima settimana. Nelle 10 settimane precedenti tutti i Volontari sono seguiti da personale altamente specializzato. Ricorriamo, ad esempio, ad istruttori militari di educazione fisica, che costantemente, preparano i giovani soldati al superamento delle prove finali”.

Ma se un Volontario non dovesse superare queste prove finali, che succede? “Conseguire un’insufficienza in una di queste tre aree comporta il non superamento del corso – è la risposta del Comandante -. Ma il non superamento delle prove finali non preclude la possibilità di ricandidarsi ad un successivo concorso. Ci si può candidare dai 18 ai 25 anni. E’ capitato, ad esempio, che qualche ragazzo non sia riuscito a superare il corso la prima volta, riuscendo poi a concluderlo brillantemente, preparandosi maggiormente, al secondo tentativo”.

Nei primi momenti che un Volontario entra qui nel Reggimento, cosa raccomanda un Comandante? “Per prima cosa li ringrazio per la scelta che hanno fatto – evidenzia il Colonnello -. Perché, oggi, chi decide di fare il soldato è un giovane che lascia la comodità della propria famiglia per dedicarsi agli altri, con sacrificio. Subito dopo ritengo importante sottolineare i caratteri ed i valori che devono contraddistinguere un soldato. Vestire l’uniforme è sì un onore ma anche un onere. Un soldato deve essere un cittadino esemplare in ogni momento. Perché la gente si aspetta questo da noi. Non possiamo deludere le aspettative del popolo italiano che vede in noi ancora qualcosa di sano”.

Ma tutti i dettagli di vita comune vengono lasciati ai Comandanti di Compagnia e di Plotone che devono instaurare, immediatamente, un rapporto diretto con i giovani soldati.

I COMANDANTI DI PLOTONE E GLI ISTRUTTORI

Come detto è fondamentale il rapporto che viene instaurato con i Comandanti di Compagnia, di Plotone e di Squadra.

Il Maresciallo Ordinario Vincenzo Gallo è un comandante di plotone.

La sua formazione parte dalla Scuola Sottufficiali dell’Esercito di Viterbo dove si insegna a interagire con il personale.

Comandare un plotone di un’unità operativa rispetto a quella di un RAV comporta una serie di differenze. “In un RAV ci sono responsabilità diverse – evidenzia il Maresciallo Gallo -. Qui hai la possibilità di dare una sorta di “imprinting” all’allievo in base a quelle che sono le tue esperienze e il tuo bagaglio culturale”.

Il primo contatto con il comandante di Plotone, un Volontario lo ha da subito, da quando arriva. Infatti, vengono fatti dei colloqui sulle condizioni personali, familiari e le sue aspettative. Nel caso in cui venissero espresse esigenze familiari, l’Esercito si mette a disposizione.

Un altro ruolo importantissimo, in un Reggimento di Addestramento di Volontari, è costituito dai Comandanti di Squadra, posti alle dipendenze dei Comandanti di Plotone.

Sono senza dubbio una risorsa fondamentale costituita da personale selezionato, con particolari requisiti. Sono i primi ad essere a stretto contatto con gli allievi, i quali si identificano nei loro istruttori, nelle loro esperienze.

Comandanti di plotone e di squadra sono un esempio per le nuove leve dell’Esercito.

Il Caporal Maggiore Scelto, Romina Spagnolo è un Comandante di Squadra ed istruttore per i VFP-1, effettiva alla 4^ compagnia del II Battaglione.

Per diventare istruttore ha frequentato un corso alla Scuola di Fanteria di Cesano di Roma con una selezione per l’ammissione su materie di cultura militare, valutazioni ginnico-sportive e un colloquio finale per valutare le competenze dei candidati e un colloquio psicologico che valuta se il candidato può fare l’istruttore.

Una volta passata la selezione, gli idonei frequentano un corso di 8 settimane, dove vengono approfondite le conoscenze militari sia teoriche che pratiche attraverso poligoni, lezioni di topografia, attività di orienteering, incontri con psicologi sul modo di approcciarsi con i VFP-1 che vengono dal mondo civile.

Il collega di Romina, il 1° Caporal Maggiore Angelo Borzillo, effettivo alla 6^ compagnia del II Battaglione, ci spiega quanto l’autorevolezza di un istruttore sia importante nell’addestramento dei Volontari.

Gli istruttori fanno il loro lavoro con l’esempio, in qualsiasi attività, e l’apprendimento viene fatto gradualmente: si parte dalla teoria per poi arrivare alle attività pratiche.

Vengono fatte lezioni di base proprie di ogni soldato: istruzione formale, addestramento al tiro e al lancio della bomba a mano da esercitazione, Addestramento Individuale al Combattimento (A.I.C.), istruzione sanitaria e trasmissioni, tanto per citarne qualcuna.

Sono tutte lezioni di carattere basico che verranno poi riprese, in modo più dettagliato, una volta arrivati ai reparti di assegnazione.

IN ESERCITAZIONE CON I VFP-1

Zaino in spalla, fiato e gambe anche per noi di Report Difesa in una marcia in montagna di circa 4 chilometri, sotto il caldo sole di agosto.

Sotto gli occhi vigili dei comandanti di squadra, i 148 VFP-1 (tra cui 13 donne) con uno zaino da 10 chili, della 5^ Compagnia “Pegaso” del II Battaglione hanno marciato raggiungendo i boschi del comune di Giano Vetusto (Caserta).

Dopo un rapido pranzo a base di tonno, carne in scatola, pane, formaggini, frutta, acqua e sali minerali, i ragazzi si sono sottoposti a delle prove tecnico-professionali valutative.

Si inizia con la valutazione sull’uso della maschera antigas. Al grido di “GAS GAS GAS !!!”, gli allievi, in non più di 9 secondi, dovevano indossarla correttamente.

La valutazione CBRN

La prima accortezza/disposizione è quella di chiudere gli occhi (e quindi indossarla “al buio”) per rendere quanto più reale possibile lo scenario di un attacco CBRN (Chimico, Biologico, Radiologico, Nucleare).

Al termine di questa attività, i giovani soldati proseguivano nella prova di trasmissioni.

Il montaggio di un’antenna

L’esaminatore chiedeva loro di pronunciare il proprio nome e cognome utilizzando l’alfabeto fonetico NATO e, attraverso l’uso della stazione radio RV3 simulava una comunicazione radio per valutarli sulle procedure di comunicazione via radio.

Un Volontario si sottopone alla valutazione sulla prova trasmissioni: impostazione di una frequenza

Tra gli esercizi da svolgere, inoltre, quello del montaggio delle antenne a stilo, quelle a “frusta” e l’impostazione delle diverse frequenze radio.

Un’altra prova, considerata fondamentale, è quella dell’Addestramento Individuale al Combattimento che consisteva nel lancio di precisione di un simulacro della BAM (bomba a mano), dei vari movimenti che occorre fare per avvicinarsi “ad un obiettivo” quali il passo del gattino, della scimmia, del fantasma (da utilizzare in caso di attacco notturno) e, il più classico, il passo del leopardo.

Gli istruttori, in questa occasione, valutavano anche il mascheramento del viso e delle mani, per essere quanto più mimetizzati possibili con il terreno circostante.

Il mascheramento individuale

Per gli allievi si è poi passati all’istruzione sanitaria con domande sulle fratture, sulle nozioni di primo livello medico e sul trasporto di un ferito.

Un momento della prova sull’istruzione sanitaria

Infine, l’attività di valutazione è terminata con la materia di topografia e, più precisamente, sull’utilizzo della bussola, del binocolo e di una carta topografica sulla quale ogni soldato, deve saper riconoscere i simboli, ricavarne distanze e valutarne le quote.

Un istruttore esamina il Volontario sull’uso del binocolo e della bussola

Un bravo soldato deve anche imparare a difendersi dal nemico. E così, per la notte, i VFP-1 hanno preparato un bivacco speditivo in una zona boschiva, attivando anche un sistema di sentinelle con l’utilizzo del cosiddetto “numero a complemento”. Una sorta di “parola d’ordine” per evitare che qualche “intruso” potesse entrare nel campo.

La realizzazione di un bivacco speditivo

Prima di cena, grazie ancora alla luce del sole, gli istruttori hanno tenuto lezioni sulla “Reazione Automatica Immediata” (RAI), su cosa sono i rally point e su quando questi devono essere segnalati e attivati, su come si attiva un MEDEVAC (MEDical EVAcuation).

L’atto conclusivo di questa intensa attività di esercitazione continuativa è stato l’attacco di squadra, diurno, con impiego di munizionamento a salve.

Agli ordini del loro Comandante di Squadra e sotto l’occhio attento dei comandanti di Plotone, la squadra fucilieri ha svolto l’atto tattico con il loro fucile AR70/90 e l’arma di reparto (2 per squadra), arrivando fino alle sagome poste al termine del campo di addestramento, ovvero i loro “obiettivi finali dell’attacco”.

IL FUTURO

Come detto, sarà lo Stato Maggiore dell’Esercito che darà le destinazioni al superamento del corso di formazione di base per VFP-1.

Qualche volontario, dopo aver partecipato a momenti di formazione riferiti alle diverse specialità dell’Esercito, ha espresso la sua volontà di entrare in una caserma degli Alpini, dei Paracadutisti o tentare addirittura la durissima strada delle Forze Speciali.

Riccardo Calvio, torinese, grande amante della montagna vuole entrare negli Alpini. “Scio da quando avevo 5 anni – ha raccontato -. Mi sono arruolato sapendo che quello era il mio destino.” Futuro oltre a questo? “Continuare la mia carriera nell’Esercito Italiano”.

Un Alpino deve operare in tutti i contesti

Filippo Sebastiano Lombardo è invece pronto per diventare un Lagunare.

Lagunari in esercitazione

“Mi sono messo in gioco – ha spiegato -. Raggiungere quel brevetto è una grande sfida!”.

Giorgio Foglietta punta, invece, ad essere un Paracadutista, con una laurea in Filosofia quasi in tasca, ci ha detto che il suo sogno sarebbe entrare nel 9° Reggimento d’assalto paracadutisti “Col Moschin”, una delle unità d’elitè dell’Esercito.

Paracadutisti alla cerimonia del 2 Giugno

Anche il VFP-1 Damiano Di Prima è un aspirante incursore. “Mi piace – ha evidenziato – essere operativo e vorrei restare nell’Esercito”.

Infine, Andrea Clausi che ha scelto come destinazione il 66° Reggimento Fanteria Aeromobili “Trieste” di stanza a Forli. Motivo? “In primis, affrontare la paura dell’altezza – ha risposto – ma anche perché, quanto detto sul 66° Reggimento, mi ha affascinato”.

Ora questi VFP1 lasceranno la caserma di Capua il 5 settembre. Il 9 settembre arriveranno altri civili che saranno trasformati in soldati.

Perché, come recita una stele vicino alla porta carraia della caserma, qui si formano i SOLDATI.

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