G5 Sahel tra luci ed ombre

Di Valeria Fraquelli

Parigi. Il G5 Sahel, il gruppo di cinque Paesi africani della zona sub sahariana che comprende Mali, Niger, Ciad, Mauritania e Burkina Faso, si trova attraversare uno dei periodi più delicati della sua travagliata storia, stretto come in una morsa tra lotte interne delle varie fazioni e terrorismo internazionale. In particolare, Mali, Niger e Burkina Faso sono le Nazioni che stanno soffrendo di più e che hanno pagato il prezzo più alto alla lotta alla criminalità ed ai gruppi terroristici legati alla vecchia Al Qaeda o al sedicente Stato islamico.

I cinque Paesi stanno comunque cercando di migliorare la loro situazione per quanto riguarda la sicurezza soprattutto nelle zone di confine e con l’aiuto della comunità internazionale, in particolare della Francia, stanno cercando faticosamente di mettere in piedi pattuglie miste di militari ed agenti delle forze di sicurezza

La Francia attualmente mantiene in questo angolo di Africa particolarmente problematico un contingente di quasi 4.000 militari, il più numeroso in assoluto, che si occupa di aiutare i militari locali nella lotta al terrorismo internazionale, di disinnescare gli ordigni improvvisati, addestrare le truppe africane e tanto altro. Proprio la Francia ha lanciato diverse operazioni militari nell’area, anche in collaborazione con le Nazioni Unite e l’Unione Europea, ma molto spesso la situazione si è rivelata più complicata del previsto.

I Paesi del G5 Sahel sono molto poveri e comprendono vaste aree desertiche quasi impossibili da controllare; inoltre il grande disagio giovanile, la mancanza di governi stabili, rendono queste zone ideali per le organizzazioni estremiste violente.

La missione Barkhane (https://www.defense.gouv.fr/operations/operations/sahel/dossier-de-presentation-de-l-operation-barkhane/operation-barkhane) , la più grande e costosa missione all’estero delle truppe francesi, mira a garantire la sicurezza e la futura stabilizzazione della regione e a combattere il terrorismo in partenariato con gli attori regionali e coinvolge operazioni congiunte con il Mali, il Niger e il Ciad. Le forze francesi sono autorizzate ad effettuare operazioni dirette e di combattimento contro i combattenti terroristici.

L’obiettivo principale della missione in ogni caso rimane l’addestramento delle Forze locali perché in futuro i militari africani possano mettere in sicurezza il loro territorio da soli, ma la transizione si sta rivelando molto più lunga e faticosa del previsto e la Francia stessa deve pensare a risolvere i suoi problemi di sicurezza interna dopo gli attentati terroristici che l’hanno colpita negli ultimi tempi.

Missione contro il terrorismo nel Sahel.

La missione multinazionale MINUSMA (https://minusma.unmissions.org/en) , guidata dall’ONU, impiega 10000 militari e circa 2000 agenti di polizia; tra i suoi obiettivi c’è la stabilizzazione e la protezione dei civili, il sostegno al dialogo politico nazionale e la riconciliazione e l’assistenza al ristabilimento dell’autorità da parte del governo del Mali. Fino ad oggi, tuttavia, la missione ha avuto un successo limitato perché ogni tentativo di accordo tra il governo maliano e i potenti gruppi politici armati nel nord del Paese è bloccato miseramente naufragato. Sebbene la missione non includa l’antiterrorismo nel suo mandato, le basi MINUSMA, i convogli e il personale sono stati oggetto di ripetuti attacchi da parte di estremisti e gruppi armati, con 80 vittime fin dalla sua distribuzione iniziale.

Le missioni dell’Unione Europea EUTM e quella statunitense Operation Enduring Freedom–Trans Sahara (OEF-TS: https://www.globalsecurity.org/military/ops/oef-ts.htm); tsctp-may-2010sono al centro di una vasta campagna antiterrorismo condotta anche attraverso attacchi con i droni armati.

Entrambe le missioni hanno tra i loro obiettivi anche l’assistenza non militare per migliorare la governance della regione, rafforzare la coesione sociale e smorzare il richiamo della militanza e dell’estremismo.

Nonostante tutti gli sforzi la situazione nell’area del Sahel rimane molto critica perché una vasta area rimane in mano a trafficanti illegali di ogni genere e le forze africane rimangono troppo deboli e troppo dipendenti dall’aiuto internazionale per sconfiggere il terrorismo e limitare i danni del contrabbando. I militari africani sono ancora troppo pochi, non addestrati adeguatamente e senza un equipaggiamento adatto; anche le forze dei Paesi occidentali non possono sempre intervenire perché anche in patria ci sono problemi da affrontare, in particolare la Francia deve anche pensare a proteggere il territorio nazionale dai foreign fighters di ritorno.

Solo la stabilizzazione politica ed istituzionale dei Paesi del G5 Sahel, Niger, Burkina Faso, Mauritania, Mali e Ciad, potrà risolvere i problemi di infiltrazioni terroristiche e dare le giuste risorse ai militari impegnati nella lotta a trafficanti e predicatori di odio.

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