Di Chiara Cavalieri
RAMALLAH. Il Presidente palestinese Mahmoud Abbas ha respinto con fermezza la proposta avanzata dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump di assumere il controllo della Striscia di Gaza e di trasferire la popolazione palestinese altrove.

Il Presidente palestinese Mahmoud Abbas
“Non permetteremo che i diritti del nostro popolo, per i quali abbiamo lottato per decenni, vengano violati”, ha dichiarato Abbas in un comunicato ufficiale.
Il leader palestinese ha ribadito che qualsiasi tentativo di ridefinire i confini o di spostare forzatamente i palestinesi costituisce una grave violazione del diritto internazionale.
Trump, durante una conferenza stampa a Washington insieme al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ha annunciato un controverso piano che prevede il trasferimento dei palestinesi fuori da Gaza e la trasformazione dell’enclave in una destinazione turistica di lusso, definendola la futura “Riviera del Medio Oriente”.

Trump e Netanyhau
Abbas ha ribadito che “la Striscia di Gaza è parte integrante della terra palestinese, insieme alla Cisgiordania e a Gerusalemme Est”, sottolineando che i diritti dei palestinesi non sono negoziabili.
Il Presidente palestinese ha inoltre affermato che nessuno, eccetto l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), ha l’autorità di decidere il futuro del popolo palestinese.
Ha quindi esortato il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres e il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ad assumersi le proprie responsabilità nel garantire il rispetto delle risoluzioni internazionali e la tutela dei diritti inalienabili del popolo palestinese.
Reazioni internazionali e rifiuto arabo
La proposta di Trump, avanzata lo scorso 25 gennaio, includeva l’idea di trasferire i palestinesi di Gaza in Giordania ed Egitto, definendo l’enclave un “sito di demolizione” a seguito del conflitto con Israele. T
uttavia, sia Amman che Il Cairo hanno respinto categoricamente il piano, ribadendo il loro rifiuto a qualsiasi forma di espulsione forzata dei palestinesi.

Proteste contro lo sfollamento forzato dei palestinesi al Valico di Rafah
Sabato scorso, a Il Cairo, i ministri degli Esteri di 6 Paesi arabi hanno tenuto un incontro di emergenza, durante il quale hanno ribadito il rifiuto di qualsiasi spostamento forzato della popolazione palestinese e hanno riaffermato il loro sostegno alla soluzione a due Stati come unico mezzo per raggiungere una pace duratura nella regione.
Posizione dell’ Arabia saudita
Il Ministero ha sottolineato che l’Arabia Saudita continuerà a lavorare instancabilmente per il riconoscimento di uno Stato di Palestina sui confini del 1967, in linea con le risoluzioni internazionali e con il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione.

Principe Mohammed bin Salman
In particolare, Riyadh ha espresso:
Il rifiuto categorico delle politiche di insediamento israeliane, dell’annessione di terre palestinesi e di qualsiasi tentativo di spostamento forzato della popolazione palestinese.
La necessità di un maggiore impegno della comunità internazionale per alleviare le sofferenze del popolo palestinese e garantire il loro diritto a rimanere nella propria terra.
L’importanza di un riconoscimento internazionale dello Stato di Palestina e della sua piena adesione alle Nazioni Unite.
La dichiarazione saudita ha inoltre ribadito che questa posizione non è soggetta a negoziazione o a offerte.
L’Arabia Saudita ha già comunicato questa linea sia alla precedente Amministrazione statunitense sia a quella attuale, sottolineando che una pace giusta e duratura in Medio Oriente non può prescindere dai diritti del popolo palestinese.
Contesto e accuse a Israele
La proposta di Trump arriva a poche settimane dall’entrata in vigore di un cessate il fuoco a Gaza, il 19 gennaio, che ha interrotto la guerra di Israele nella Striscia.
Il conflitto ha causato oltre 47.500 vittime palestinesi e lasciato l’intera area devastata.

L’ex ministro della Difesa Yoav Gallant
Nel novembre 2024, la Corte Penale Internazionale (CPI) ha emesso mandati di arresto nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant per crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi a Gaza.
Inoltre, Israele è attualmente sotto processo presso la Corte Internazionale di Giustizia con l’accusa di genocidio per la sua condotta nella guerra contro l’enclave palestinese.
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