Giorno della Memoria. “Sono un assassino?” Il viaggio nell’abisso di Calel Perechodnik e l’orrore dimenticato dell’Olocausto. Un suo libro racconta quei tristi giorni in Polonia

Di Marco Petrelli

VARSAVIA. Si può sopravvivere al rimorso di aver spinto nei carri bestiame la propria moglie e la propria figlia, spedendole verso la morte a Treblinka?

E’ ciò che, a partire dal titolo, si domanda Calel Perechodnik, 30 enne ingegnere polacco e membro della Polizia ebraica del Ghetto di Varsavia nel suo Sono un assassino? Autodifesa di un poliziotto ebreo.

Se qualcuno stesse ancora chiedendosi se esista o sia mai esistito qualcuno capace di condannare a morte la propria famiglia ebbene sì,

Calel lo ha fatto ed è stato divorato dal rimorso fino alla sua morte, nei mesi a cavallo fra la rivolta del Ghetto (aprile 1943) e la rivolta di Varsavia (agosto-ottobre 1944).

Agenti della Polizia ebraica del Ghetto di Varsavia

 

Perechodnik ha una vita normale, una bella moglie e una bella figlia, che scorre serena fino alla tarda estate del 1939.

Il 1° settembre le forze naziste penetrano in Polonia da Est. Il 5 la vetusta corazzata SMS Schleswig-Holstein bombarda le difese polacche a Danzica mentre il 15 successivo l’Armata Rossa invade la parte orientale della Polonia.

Il Paese collassa in due settimane.

A Est, tutto ciò che è polacco viene rapidamente distrutto in funzione della nuova cultura dominante sovietica.

Migliaia di cittadini polacchi subiscono l’arresto e la deportazione nei Gulag. Altrettante migliaia di militari polacchi saranno epurati e poi assassinati (vedi l’eccidio di Kathyn).

A Ovest la furia tedesca si scatena sia contro i polacchi sia contro gli ebrei.

Coerenti con i precetti espressi nel Mein Kampf, Wehrmacht ed SS procedono ad arresti arbitrati, deportazioni ed omicidi di massa.

La numerosa popolazione di fede ebraica subisce inoltre le prime, umilianti misure restrittive a partire dall’indossare la stella gialla.

La situazione precipita nell’ottobre del 1940, quando cioè inizia la costruzione dei ghetti urbani dove concentrare tutti gli ebrei provenienti dalle campagne o già residenti nelle città.

Tutti in un unico luogo, tutti sotto stretto controllo delle autorità del Governatorato Generale e della Gestapo.

Tutti destinati a morire ma, nel 1940, gli ebrei polacchi non hanno ancora piena percezione del loro destino.

Sanno invece che la vita è dura: possono tenere con sé pochi szloty dopo che le loro case ed i loro averi sono stati requisiti (o sarebbe più onesto dire rubati) dai tedeschi.

Chiusi in casupole fatiscenti, il cibo a disposizione è poco e costa caro. Dal Ghetto si esce solo per lavorare a beneficio dei tedeschi o si muore per inedia.

Calel Perechodnik è appena 30 enne quando gli viene fatta una proposta.

Calel Perechodnik

Una di quelle che non si possono rifiutare, anche se costano disprezzo, odio e il sacrificio della dignità.

Entrare nella Jüdischer Ordnungsdienst, meglio nota come “Polizia del Ghetto”, braccio operativo dello Judenrat (il Consiglio ebraico del ghetto) e collaboratrice dei nazisti per il mantenimento dell’ordine.

Lo stemma della Polizia ebraica del Ghetto

 

Un berretto e una fascia al braccio, entrambi con la stella di David, un manganello (le armi sono proibite) ed il potere di decidere della vita e della morte degli altri ebrei.

Calel accetta, forse allettato dalla possibilità di ottenere maggiori cibo e protezione per sé e per la propria famiglia.

Lavorare come muratore per i tedeschi non rende tanto quanto essere il loro obbediente aguzzino, specie quando c’è da attingere ai beni di prima necessità

I sopravvissuti alla Shoah hanno descritto la “Polizia ebraica” come più crudele e sadica dei nazisti e addirittura peggiore dei lettoni e degli ucraini, gli ausiliari di Polizia arruolati nei paesi occupati per svolgere il ruolo di guardiani nei Ghetti e nei campi di concentramento e di sterminio.

Il collaborazionismo della Polizia ebraica rispecchia quello di tutta l’Europa occupata, a prescindere dall’orientamento religioso e politico.

La condivisione dell’ideologia nazista è infatti assolutamente marginale se paragonata allo spirito di auto-conservazione: sopravvivere diventa l’unico obiettivo della quotidianità, accettando così di sacrificare anche i proprio i propri compatrioti quando non la propria famiglia.

Il racconto di Calel, scritto a mo’ di diario, è un’ autentica discesa negli inferi.

Man mano che le privazioni e le restrizioni imposte dai nazisti aumentano, il ruolo della “Ghetto Polizei” si fa più sporco, più cinico, più crudele.

L’agente Perechodnik, diviso fra il ruolo di aguzzino e il tentativo di difendere se stesso e la sua famiglia, è travolto dagli eventi.

Nel :1942 il Ghetto è soggetto ad un primo, grande rastrellamento per inviare quanti più ebrei a Treblinka, campo di sterminio appena inaugurato dai nazisti.

Calel si ritrova a spingere moglie e figlia sui carri, consapevole che andranno a morire.

Non si ribella, non si oppone, non sceglie di partire con loro: esegue gli ordini come una macchina.

La paura c’è, è indubbio, ma ancor più forte della paura è la disumanizzazione: ridurre l’individuo ad un animale spinto dal mero istinto di sopravvivenza è forse l’operazione più bestiale dei totalitarismi, che così ottengono un’ obbedienza basata sulla cancellazione di ogni valore.

Anche parte dei civili polacchi e gli altri della Polizia ebraica mostrano la stessa insensibilità: fame e paura hanno prodotto cinismo, egoismo e cecità.

Sì, cecità o rifiuto di pensare che il destino di quelle centinaia di migliaia di ebrei del Ghetto non sarebbe stato il loro.

Calel Perechodnik sopravvive alla liquidazione del Ghetto di Varsavia e alla repressione operata dall’ SS-Polizeifhurer Jurgen Stroop per poi morire nel tardo 1943, per cause sconosciute.

E’ aiutato da un polacco che lo nasconde dopo che la “Ghetto Polizei” non serve più e subisce lo stesso trattamento dei correligionari a lungo tormentati e seviziati.

Il suo libro, pubblicato in Italia solo nel 1996, è una testimonianza importante sia degli eventi che riguardano la persecuzione nazista degli ebrei in Polonia sia cosa e di quanto sia capace l’essere umano pur di vivere un giorno in più.

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