Grande Guerra, ha un nome il caduto trovato sull’Adamello

di Enrico Maria Ferrari

Trento. Sono passati cento anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale, eppure le cronache registrano ancora le storie dei nostri caduti sui monti, lì dove migliaia di soldati hanno combattuto e sono morti, spesso dispersi e mai più ritrovati, almeno fino ai giorni nostri.
E’ il caso di Rodolfo Beretta, nato a Besana in Brianza il 13 marzo del 1886 e morto l’8 novembre 1916 probabilmente per una valanga: i suoi resti sono stati rinvenuti sull’Adamello lo scorso 8 agosto e la sua storia è finalmente venuta alla luce grazie all’opera del Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti, che continua a cercare i resti di quei soldati morti cento anni fa.
I resti di Rodolfo Beretta sono stati trovati sulla Vedretta Centrale di Val di Fumo: il Commissariato Generale, insieme all’Ufficio Beni Archeologici della Soprintendenza per i beni culturali della Provincia autonoma di Trento, hanno dato un nome al caduto e contattato i familiari.

Parte dell’uniforme del soldato italiano ritrovato sull’Adamello

La storia inizia con il ritrovamento, da parte di un escursionista, di resti umani nell’agosto del 2017: per dare un nome a questi resti si è proceduto, nel cimitero di Trento, ad effettuare un profilo biologico del Caduto e verificare se ci fossero elementi per una sua identificazione. Per questo è stato anche studiato il materiale trovato nei pressi del corpo, che faceva parte del corredo del soldato: gli elementi del corredo erano molto degradati e quasi sfaldati dall’acqua e sono stati sottoposti a procedimenti particolari per renderli utilizzabili e dargli solidità.
Di grande interesse, per poter risalire alla storia del soldato, sono stati dei documenti cartacei trovati in una sorta di astuccio di tela che probabilmente era conservato nell’abbigliamento. Si tratta di cartoline per la posta da campo e documenti personali, tra cui una ricevuta di spedizione ferroviaria datata 19 novembre 1915 intestata appunto al soldato Rodolfo Beretta. Altri documenti, purtroppo molto rovinati, riportano lo stesso nome che era però poco leggibile: solo grazie ad una ripresa fotografica particolare è stato possibile risalire al nome scritto originariamente.

la ricevuta di spedizione ferroviaria con il nome del soldato caduto

Rodolfo Beretta probabilmente non è morto direttamente in battaglia, il suo corpo non presenta infatti evidenti tracce di lesioni belliche (colpi di armi da fuoco, schegge, ecc.), è più probabile che sia rimasto vittima di un incidente, forse una valanga, di montagna.
Durante la Prima Guerra Mondiale sono stati migliaia i caduti per valanghe o precipitati nei canaloni di montagna per vari motivi: basta ricordare il famoso “venerdì bianco”, il 13 dicembre 1916, quando un’enorme serie di valanghe uccise oltre 4000 soldati impegnati sul fronte dolomitico e sull’Ortles.
In tutti i fronti della Prima Guerra Mondiale furono numerosissime le vittime per valanghe e le cause sono molteplici. Il primo fattore da considerare è climatico: l’inverno 1916-1917 fu uno dei più abbondanti in fatto di precipitazioni nevose di tutto il primo ‘900. Vanno inoltre considerate le precarie condizioni di vita dei militari in montagna: i baraccamenti erano spesso fatiscenti, costruiti su dirupi ed in zone con alto pericolo di valanghe. Infine c’è da considerare l’attività bellica stessa, fatta di colpi d’artiglieria in quota o di mine che provocavano, spesso volontariamente, enormi valanghe. Un particolare commovente ha contribuito a svelare le cause della morte di Beretta: attorno al suo corpo è stato trovato legato un cavo telefonico, che veniva in questo modo spesso utilizzato come corda di sicurezza proprio per evitare di franare a valle durante l’attività in zone montane rischiose.

Il cavo telefonico usato come corda di sicurezza dal soldato caduto

Rodolfo Beretta verrà riportato, poi, nella sua città natia ed il 13 maggio, giorno del suo compleanno, durante l’ultimo giorno dell’Adunata degli Alpini a Trento, ci sarà un saluto simbolico, alla presenza del sindaco di Besana in Brianza, Sergio Gianni Cazzaniga, d’accordo coi voleri della famiglia.

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