Di Valentina Giambastiani
PORDENONE Due giovani di origine campana sono stati arrestati dai Finanzieri del Comando provinciale di Pordenone che li hanno sorpresi poco dopo aver sottratto gioielli ad un’anziana, con la scusa di un “risarcimento” in favore di una bimba rimasta vittima di un fantomatico incidente stradale provocato dal figlio.
Al momento del fermo i militari delle Fiamme Gialle erano impegnati in un ordinario servizio di controllo economico del territorio, quando dall’autopattuglia hanno notato la figura di giovane uscire precipitosamente da un palazzo.
Il soggetto in questione aveva un borsello a tracolla ed in tutta fretta è salito a bordo di un’auto condotta da un secondo soggetto, per questo i militari della GDF – sospettando l’acquisto di droga o d’altra merce illecita – hanno iniziato a pedinare il citato automezzo, al quale hanno poco dopo segnalato l’alt al fine d’identificare gli occupanti e provvedere ad un opportuno controllo generale.
Tra i vari effetti personali lì presenti, i Finanzieri hanno dapprima rivenuto del denaro nonché una dose di hashish, ma a destare particolare interesse è stata la presenza di un canovaccio infilato nel suddetto borsello nel quale erano stati avvolti numerosi gioielli in oro tra collane, anelli e bracciali.
Invitati a fornire spiegazioni circa il possesso di quei preziosi oggetti i due hanno spiegato ai militari che si trattava dell’eredità lasciatagli dalla defunta nonna, ma la loro versione dei fatti non li ha affatto convinti e per tale motivo – da un immeditato riscontro avvenuto con le altre Forze di Polizia – è presto emerso che si trattava di beni di una 79 enne senza alcun rapporto di parentela con i due, ma che invece aveva appena sporto denuncia dopo aver subìto un raggiro da parte di un giovane a cui aveva consegnato tutti i suoi gioielli.
La dinamica del fatto, ricostruita in maniera dettagliata dalla donna ai Finanzieri pordenonesi, ha dunque palesato uno dei sistemi truffaldini più utilizzati dai malfattori, ed in questo caso il “modus operandi” utilizzato dai due aveva previsto una telefonata da parte di un falso carabiniere il quale, con tono grave, aveva annunciato all’anziana che il figlio aveva provocato un sinistro stradale nel quale era rimasta seriamente ferita una bambina e che, proprio per tale motivo, era stato sottoposto ad arresto e posto a disposizione del Tribunale in attesa di essere processato per direttissima.
Lo stesso falso appartenente all’Arma, prima di concludere la comunicazione, ha anticipato alla vittima l’imminente chiamata da parte dell’avvocato del figlio.
La telefonata del “legale” non si faceva attendere, e nella conversazione il fantomatico difensore ha dichiarato all’anziana che il suo compito era quello di fare da tramite tra lei, il giudice che si stava occupando del caso e la famiglia della piccola vittima del sinistro, che a titolo di risarcimento aveva avanzato la pretesa d’ottenere la somma di 18.800 euro.
Ormai in preda al panico, la donna ha risposto al suo interlocutore telefonico di non possedere tutto quel denaro per questo il truffatore, fingendo un accordo con il padre della bimba, le comunicava che sarebbe bastato consegnare tutti i preziosi che aveva in casa, ma che questi andavano comunque “periziati” da un incaricato del Tribunale al quale andavano subito consegnati (e che per questo li avrebbe direttamente ritirati presso la sua abitazione).
Di lì a pochi minuti tale “incaricato” si è materializzato di fronte all’anziana che, senza esitazione, le ha cosi consegnato tutti i suoi gioielli sperando di concludere velocemente e positivamente quella brutta vicenda, che l’aveva nel frattempo causato un forte stato d’ansia.
Era poi stato il ritorno in casa del figlio a rivelare la realtà dei fatti, ovvero che non c’era stato alcun incidente e che la madre era stata dunque vittima di un odioso raggiro.
Lo spirito d’osservazione e l’attaccamento al servizio dei Finanzieri operanti ha tuttavia permesso di dare un diverso finale alla vicenda, che si è infatti conclusa con l’arresto dei due ora posti a disposizione dell’Autorità Giudiziaria presso le Case circondariali di Pordenone e di Udine, mentre i gioielli, una volta espletate le necessarie verbalizzazioni, sono stati riconsegnati alla legittima proprietaria.
L’analisi investigativa conseguente alla vicenda ha rivelato che l’assenza di un punto d’appoggio nel Pordenonese abbia presumibilmente indotto i due a scegliere luoghi distanti tra loro nei quali mettere a segno i loro “colpi”, per questo le indagini si stanno ora rivolgendo in più direzioni per risalire alla possibile esistenza di altri episodi criminosi sul genere.
Il brillante intervento dei finanzieri pordenonesi pone in meritorio rilievo la preziosissima funzione di supporto che la Guardia di Finanza fornisce alle altre Forze di Polizia nel mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, un’azione che il Corpo riesce efficacemente ad assicurare grazie anche alla capillare dislocazione dei propri Reparti territoriali lungo tutta la Penisola.
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