Di Gianluca Filippi
REGGIO EMILIA. Sono due gli arresti effettuati dai finanzieri del Comando Provinciale di Reggio Emilia nei confronti di altrettanti imprenditori indagati per truffa ai danni di Ente pubblico, corruzione, emissione di fatture false e autoriciclaggio.
I provvedimenti cautelari in questione (arresti domiciliari) seguono una conferma della Corte di Cassazione, alla quale si aggiunge l’interdizione – per il periodo di un anno – a contrarre con la Pubblica Amministrazione.

La vicenda è venuta alla luce a seguito di indagini condotte dalla Guardia di finanza reggiana e che avevano riguardato una fornitura di 4 milioni di mascherine importate dalla Cina, ciò per un valore di 6 milioni di euro.
Secondo quanto accertato dagli investigatori delle fiamme gialle, i due arrestati avrebbero truffato la locale Azienda unità sanitaria locale (AUSL) ricavandone un indebito profitto poi reimpiegato con operazioni bancarie per ulteriori acquisti e importazioni di altri dispositivi medicali.
Gli intervenuti provvedimenti giudiziari erano però stati oggetto di ricorso da parte degli indagati, ma la competente Autorità Giudiziaria ha accolto in pieno l’appello cautelare della Procura della Repubblica di Reggio Emilia che aveva diretto le indagini. I finanzieri hanno inoltre eseguito perquisizioni e sequestri – tutt’ora in essere – di più di 2 milioni di mascherine e di oltre 300 mila euro, ritenuti questi profitto delle false fatturazioni emesse dagli imprenditori in parola.
I due soci in affari sono infatti accusati di aver importato dispositivi di protezione individuale (DPI) non conformi impiegando allo scopo falsa documentazione, corrotto altresì un dirigente della citata AUSL oltre ad aver commesso reati tributari con lo scopo di spartirsi gli illeciti guadagni.
Azioni che sarebbero state agevolate da un membro del Gruppo AUSL, nello specifico un professionista accusato di aver volontariamente omesso i controlli tecnici di sua competenza riguardanti la qualità dei citati dispositivi di protezione individuale e dei correlati documenti accompagnatori, fornendo in tal modo una “copertura tecnica” a materiale sanitario inidoneo acquistato dall’AUSL in base ad un rapporto corruttivo che i due imprenditori arrestati avevano stabilito con un dirigente medico ora in pensione, accordo che peraltro aveva previsto l’avvio di un business societario in tema di vaccini e consulenze anti-Covid.
Per il Tribunale del Riesame (detto comunemente Tribunale della Libertà) di Bologna, i due arrestati hanno dimostrato “spregiudicatezza” nell’approfittare d’una grave emergenza sanitaria per lucrare su dispositivi necessari per arginarla, nella consapevolezza che i prodotti sanitari da loro importati e venduti non avrebbero potuto garantire le protezioni richieste all’interno dei reparti ospedalieri.
Resta in ogni caso inteso che a tutti i soggetti implicati nella vicenda vada al momento riconosciuta la presunzione d’innocenza, la quale permarrà fintanto che nei loro confronti non sarà stata emessa una sentenza definitiva di condanna.
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