Di Alessandro Margottini
TREVISO. La tutela della sicurezza economico-finanziaria è il principale compito istituzionale affidato alla Guardia di Finanza; un compito che le Fiamme Gialle assolvono praticamente ogni giorno con indagini di grande rilevanza e portata nazionale così come in favore dei singoli cittadini, e l’attività portata a termine dai finanzieri del Comando provinciale di Treviso ne è una chiara dimostrazione.
Oggetto delle attenzioni dei finanzieri trevigiani non è stata stavolta una milionaria evasione fiscale, bensì una sottrazione di 60.000 euro che un’interprete di lingua russa residente in provincia di Pordenone ha perpetrato nei confronti del suo datore di lavoro residente all’estero.
La vicenda è iniziata a venire alla luce allorquando lo stesso imprenditore ha denunciato ai militari di essersi ritrovato con il proprio conto corrente bancario svuotato e chiuso.
Appresa la circostanza si è così scoperto che, grazie ad una firma apocrifa (ovvero falsa perché apposta da altra persona diversa da quella dichiarata in firma), la stessa dipendente infedele si era procurata le credenziali necessarie per accedere ai servizi di Home Banking riferiti al conto corrente intestato al suo datore di lavoro.
L’imprenditore vittima dell’indebita sottrazione si era dovuto assentare per lunghi mesi dall’Italia nel corso della precedente emergenza pandemica, ed è stato proprio su questa prolungata assenza del datore di lavoro che l’indagata aveva architettato e messo a punto il suo piano attraverso il quale, traendo in inganno il personale della filiale di banca presso la quale l’imprenditore era solito effettuare le proprie operazioni, era riuscita a ottenere l’autorizzazione ad operare on-line sul conto corrente di quest’ultimo.
Nel volgere di pochi mesi la donna ha così letteralmente prosciugato lo stesso rapporto bancario con ripetuti bonifici in suo favore fino a chiederne la chiusura, ed è stato soltanto al suo rientro in Italia che l’imprenditore ha appreso con stupore che il suo conto corrente non esisteva più dopo ripetuti prelievi avvenuti da remoto, funzionalità che lo stesso titolare del conto non aveva peraltro mai attivato.
In ragione dei diversi e circostanziati elementi di prova, che i finanzieri hanno raccolto attraverso accertamenti bancari, una perquisizione domiciliare e una specifica perizia grafologica, la dipendente in questione è stata denunciata alla Procura della Repubblica di Pordenone per il reato di indebito utilizzo di strumenti di pagamento diversi dai contanti, mentre il profitto del reato è stato oggetto di un sequestro preventivo disposto dal competente Giudice per le Indagini Preliminari.
Considerata l’attuale fase delle indagini preliminari l’indagata è comunque da presumersi innocente, fino ad eventuale pronunciamento d’una sentenza irrevocabile di condanna che ne dichiari le responsabilità penali sin qui formulate dagli inquirenti.
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