Di Massimo Giardinieri
Firenze. Ha riguardato ben 48 soggetti l’ordinanza cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Firenze, su richiesta della locale Procura della Repubblica, a seguito di un’indagine condotta dai finanzieri del Nucleo Speciale Polizia Valutaria (NSPV) i quali, in stretta collaborazione con quelli del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria (PEF) di Firenze, hanno fatto piena luce su una molto ben organizzata associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio ed alla sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, sequestrando al contempo beni per circa 14.500.000 euro.
Le indagini – coordinate per la circostanza dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze – sono state sviluppate attraverso complesse analisi di flussi finanziari, la consultazione di banche-dati, nonché approfondendo segnalazioni di operazioni finanziarie sospette, attività altamente specialistiche che hanno infatti consentito agli investigatori delle fiamme gialle d’individuare 44 imprese (prevalentemente riconducibili a soggetti di nazionalità cinese) attive tra Lazio, Campania e Toscana nel commercio all’ingrosso di abbigliamento e calzature.
Sulla base di quanto emerso nel corso dell’attività di indagine, le somme che i responsabili avrebbero complessivamente sottratto al Fisco ammontano a circa 10.000.000 di euro; soldi che sarebbero poi stati trasferiti in favore di quattro cittadini cinesi (tutti titolari di imprese aventi sedi a Firenze) tramite bonifici privi di reale giustificazione economica.
Come sovente avviene in questi casi, l’ingente evasione è stata ottenuta facendo ricorso ad imprese di breve durata (c.d. “apri e chiudi”), le quali hanno prima accumulato forti debiti fiscali per poi sparire nel nulla nonostante gli avvisi di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria e l’emissione di relative cartelle esattoriali lasciate insolute per circa 15 milioni di euro.
Gli imprenditori in questione, per i quali gli inquirenti fiorentini ipotizzano il delitto dell’associazione a delinquere, non appena ricevevano i soldi provvedevano sistematicamente a trasferirli all’estero ostacolandone però l’identificazione che li avrebbe appalesati come di provenienza illecita.
Atteso che la “sostituzione” di tutto quel flusso di denaro proveniente da evasione fiscale sarebbe avvenuta mediante il sistema di exchange in criptovalute, con successivo trasferimento delle stesse su ulteriori portafogli virtuali (c.d. “wallet”), per poter tracciare i flussi finanziari nonché i punti di conversione tra moneta corrente e criptovaluta, si è dovuti ricorrere ad ordini europei d’indagine e richieste di rogatoria internazionale che la Procura del capoluogo toscano ha trasmesso verso la Germania, la Lituania, la Slovenia, l’Estonia, il Liechtenstein e le Seychelles.
La richiesta degli inquirenti si è rivelata particolarmente efficace poiché, grazie alla cooperazione giudiziaria internazionale, si è potuto apprendere come i suddetti quanto ingenti proventi di evasione fiscale sarebbero stati dapprima convertiti in valute virtuali, trasferiti poi verso wallet di ulteriori exchanger alle Seychelles intestati a soggetti cinesi e, infine, riconvertiti in moneta corrente.
Allo stato attuale le suddette misure cautelari hanno riguardato quattro imprenditori cinesi (dei quali tre sono destinatari di custodia cautelare in carcere e uno degli arresti domiciliari), che tra il 2018 ed il 2020 avrebbero riciclato denaro prodotto da evasioni fiscali per circa 10 milioni di euro.
Ai suddetti arrestati si aggiungono poi altri 44 imprenditori (nei confronti dei quali è stato disposto il divieto temporaneo di esercitare attività d’impresa), e che ora sono chiamati a rispondere del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Da rilevare come le attività in parola abbiano richiesto 48 perquisizioni locali eseguite nelle province di Firenze, Prato, Ancona, Arezzo, Benevento, Bologna, Crotone, Forlì-Cesena, Milano, Modena, Monza-Brianza, Napoli, Padova, Reggio Emilia, Teramo, Verona e Vicenza, con l’impiego di oltre 150 finanzieri provenienti dai Reparti territoriali del Corpo.
Rimane comunque opportuno sottolineare come le predette misure cautelari siano state emesse nell’ambito della fase delle indagini preliminari e che, allo stato delle attuali risultanze probatorie ed in attesa di giudizio definitivo, vige per tutti gli indagati la presunzione di non colpevolezza.
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