GUARDIA DI FINANZA: GIUSEPPE MARIA LUCCHESI UN DIMENTICATO EROE DELLE FIAMME GIALLE

Di Gerardo Severino*

DIAMANTE (COSENZA) – nostro servizio particolare.  La Calabria, lo abbiamo evidenziato spesso anche su questo quotidiano, è stata ed è Terra di Eroi, molti dei quali hanno militato tra le Fiamme Gialle, volendo ricordare la nobile figura del Generale Alfredo Malgeri, originario di Reggio Calabria, Medaglia d’Oro al Valore della G.di F, colui che non solo liberò Milano, nella notte fra il 25 e il 26 aprile del 1945, ma aiutò anche non pochi ebrei a salvarsi in Svizzera [1].

Giuseppe Lucchesi in un dagherrotipo del 1865

Ebbene, fra i tanti militari del Corpo di origini calabresi che a buon titolo meriterebbero il titolo di Eroe vi è il Maresciallo Giuseppe Maria LucchesI, un ricco benestante di Diamante (Cosenza) che scelse di servire nella Guardia di Finanza, pur essendo il rampollo di un facoltoso proprietario terriero di quel villaggio.

Il Lucchesi fu un uomo particolarmente coraggioso, il quale, durante la sua lunga carriera si sarebbe distinto sia nella lotta al brigantaggio che a quella tradizionalmente demandata ai Finanzieri: la repressione del contrabbando.

Quella che segue è la sua vicenda, che proponiamo oggi ai lettori di Report Difesa, in occasione dei 250 anni di fondazione della Guardia di Finanza (5 ottobre 1774 – 5 ottobre 2024), consapevoli del fatto che è proprio grazie al valore dei singoli uomini che ne hanno fatto parte se oggi le Fiamme Gialle godono di elevato prestigio, sia a livello nazionale che internazionale.

Giuseppe Maria Lucchesi (1842 – 1922)

Giuseppe Maria Lucchesi nacque a Diamante, in provincia di Cosenza, nella casa avita, sita in contrada Timpone, il 19 novembre del 1842, figlio di Don Antonio Ferdinando Lucchesi, facoltoso proprietario terriero, 26 enne e di Donna Carolina Ordine, sua moglie, di 27 anniv, anche lei di nobile e ricca famiglia del luogo.

Dopo aver militato nell’Esercito delle Due Sicilie, addetto al Servizio Telegrafico dal 26 novembre 1859, transitò in quello italiano, nel corso dello stesso 1861.

Promosso Sottufficiale, vi continuò a prestare servizio sino al passaggio nel Corpo delle Guardie Doganali, ove fu ammesso, con il grado di Sotto Brigadiere, il 16 gennaio del 1865.

Il Lucchesi prestò lungamente servizio in Sicilia, ove prese anche moglie, nella persona di Giovanna Palazzolo, dalla quale ebbe un unico figlio, Antonio, nato a Terrasini (Palermo) il 25 aprile del 1869.

Promosso Brigadiere il 16 gennaio del 1871, ottenne, quindi, la promozione a Maresciallo, il 1° luglio del 1882, destinato al Circolo Guardia di Finanza di Cosenza.

Nel Corpo dei Finanzieri, il Lucchesi svolse, dunque, una lusinghiera carriera, che culminò con il collocamento a riposo, intervenuto il 1° dicembre del 1892, mentre rivestiva il grado apicale di Maresciallo del “Servizio Sedentario”, in forza al Circolo Regia Guardia di Finanza di Siracusa.

Molti anni dopo il pensionamento, rimasto vedovo, si risposò con la signorina Marianna Massara, trasferendosi definitivamente a Roma.

E fu proprio nella Città Eterna, nella casa di Via Angelo Bettini, 35 che l’eroico Sottufficiale delle Fiamme Gialle, rimasto vedovo anche di Marianna, si spense, il 17 novembre del 1922, due giorni dopo aver festeggiato con i propri cari l’ottantesimo compleanno.

Il Brigadiere Lucchesi, terrore dei briganti siciliani

Era già da alcuni anni in servizio in Sicilia, allorquando la recrudescenza dei fenomeni del malandrinaggio e del brigantaggio ne avrebbero messo alla prova l’eroismo e la determinazione, come cercheremo di provare, raccontando l’episodio che segue [2].

Ebbene, iniziamo col dire che una delle prime vittime documentate, fra le Guardie Doganali siciliane, nella lotta a tali fenomeni criminali ebbe a registrarsi, nel giugno del 1869, esattamente la notte del 10, allorquando in San Vito Lo Capo, una località non molto lontana da Castellammare del Golfo (Trapani), i militi doganali di quella Brigata “stanziale” (composta da appena quattro uomini al comando del Sotto Brigadiere Giuseppe Lucchesi, che vi era appena stato trasferito da Terrasini) si scontrò con la banda brigantesca capeggiata dal famigerato Pasquale Turriciano, che spadroneggiava da anni fra Castellammare e le montagne di Alcamo e Partinico [3].

Questa la ricostruzione dell’episodio, così come è emersa dagli atti acquisiti presso l’Archivio di Stato di Trapani e, in particolare, dal rapporto stilato dallo stesso Sotto Brigadiere Lucchesi, in data 11 giugno 1869, e indirizzato al Regio Pretore del Mandamento di Monte San Giuliano.

Il giorno 10 giugno, verso le ore 20.30, mentre il Lucchesi vi si trovava per disporre il servizio notturno, si presentò in caserma la Guardia scelta Francesco D’Onofrio (in atti ufficiali citato Onofrio), riferendo che la borgata di San Vito si trovava minacciata da una banda di malfattori.

Attacco brigantesco a colonna militare in Sicilia

Di tale situazione, il graduato aveva già avvertito il Delegato del sindaco, nonché altri concittadini. Il nostro protagonista, Giuseppe Lucchesi, che peraltro era stato già preallertato di tale evenienza già da qualche settimana, dispose un apposito servizio per la vigilanza della località marina, destinandovi le Guardie doganali Pietro Gullo e Giuseppe Rastrelli, mentre allo stesso D’Onofrio ordinò di “partirsi dalla caserma per avvertire gli altri cittadini e riunirci in un punto, per poi disporre l’occorrente. Intanto l’Onofrio all’insaputa partivasi con tutta rabbia, e, per fare questo, inerme e senza che noi ce ne fossimo accorti. Passati pochi minuti, non vedendolo ritornare ci siamo distaccati dal posto per vedere ove fosse la ciurma di nostra riunione. Essendo giunti al punto cosiddetto Firriato Piccolo avvistavamo il sig. sindaco con altre due persone, certe sig. Agosta Stefano e  D’Amico Pietro, che aspettavano la riunione di buoni cittadini, come ancora la nostra coadiuvazione; così appena noi fummo giunti il sig. sindaco ci invitava a discorso dentro la casa di certo Pellegrino Benedetto, ove, appena entrati, vedemmo dal cosiddetto Firriato del santuario esplodere due colpi di fucile contro un borghese del proprio paese e della nostra comitiva. A questo noi, uniti alla comitiva del sig. sindaco e lo stesso sig. sindaco, Stefano Agosta, Matteo Agosta e Pietro D’Amico abbiamo subito contraccambiato i (colpi dei) fucili sopra i briganti e così (dinanzi) al continuo fuoco ci siamo messi in attacco, che durò circa due ore, e cessato questo siamo rimasti appostati sino al fare dell’alba. Indi ci siamo avvicinati da dove venivano i colpi e indirizzando i nostri (occhi) abbiamo osservato stesi sul suolo due vittime: la summentovata guardia Onofrio, legata colle mani di dietro con la gola recisa e varie pugnalate, ed un brigante a nome Gervasi, nativo di Monte San Giuliano, dimorante nella contrada cosiddetta Rocca Rossa. Questi aveva riportato tre colpi di fucile. Sono rimasti feriti nelle gambe due della nostra comitiva, D’Amico Pietro e Agosta Matteo. Nel tempo stesso si avvicinava il sacerdote Giuseppe Miceli, nato del Monte, ex conventuale, quale cappellano del santuario, e manifestava che la sera precedente alle ore otto pomeridiane, mentre si trovava davanti alla porta del santuario gli si presentavano due individui che volevano alloggio, per come si appresta a tutti i passeggeri che vengono a visitare il Santo. Poi disse loro che attendessero un momento e domandato da dove venivano risposero di essere venuti dalla Tonnara del Secco. Nel frattempo, giungeva il sagrestano, che prese le chiavi della stanza, conduceva con sé gli individui ed assegnava loro l’alloggio. Dopo la consegna delle medesime si allontanarono con il pretesto di andare a passeggio. Trascorsa quasi mezzora si presentavano al sig. Miceli, nello stesso sito, altri quattro individui, armati di fucili a doppio colpo, e gli domandavano nome e cognome e dopo lo invitavano ad entrare perché dovevano fare una perquisizione (al santuario). Il sig. Miceli vedendosi costretto entrò che salì le scale del santuario. Allora i malfattori lo legarono. Nel frattempo, sopravvennero altri briganti, di cui non si poté osservare il numero, e lo interrogarono su chi mai si trovasse dentro il santuario. Il cappellano rispose non esservi nessun estraneo, ma solo la famiglia propria e la maestra di scuola elementare. Giunti sopra cominciarono a derubare, forzando e minacciando la vita, senza risparmiare di mettere i pugnali alla gola di tutti, se non avessero manifestato dove fosse il loro tesoro. Costretti, consegnavano quello che possedevano: il cappellano la somma di lire cinquecento ed il parroco beneficiale lire milleottantaotto. Subito dopo principiarono a raccogliere la biancheria. In questo mentre si sentirono colpi di fucili abbasso al santuario. Vedutisi scoperti fuggivano lasciando la biancheria. Non ebbero tempo di rubare il santuario” [4].

Il santuario di San Vito, teatro dell’assalto brigantesco del giugno 1869

Di tale episodio possiamo solo aggiungere che, per la condotta coraggiosa tenuta nel corso di tale conflitto, lo stesso Sotto Brigadiere Lucchesi ricevette un Encomio ministeriale, mentre alla memoria del coraggioso D’Onofrio [5] non fu elargita alcuna ricompensa al valore [6].

Giuseppe Lucchesi – lo abbiamo già ricordato in apertura – confermerà la sua forte determinazione anche dopo tale episodio. Dallo stato di servizio dell’eroico Sottufficiale calabrese, che si distinguerà anche negli anni seguenti, meritando altri Encomi e ricompense, apprendiamo anche il seguente episodio che lo vide protagonista, sempre nell’ambito della tutela della Pubblica Sicurezza. “Nelle ore pomeridiane del 16 gennaio 1871 – evidenzia il prezioso documento matricolare – in una delle strade prossime alla caserma delle Guardie Doganali in Palermo, s’impegnava rissa tra borghesi. Accorso il Lucchesi, spiegando efficacia e coraggio, arrestava e disarmava di un lungo coltello un certo Palazzolo Vincenzo, il quale, con quell’arma voleva ferire i suoi avversari” [7].

Per tale operazione, il Brigadiere Lucchesi ricevette solo un mero “Attestato di Soddisfazione” da parte del Ministero delle Finanze, al quale evidentemente, almeno in quel contesto, non “colpiva” più di tanto la coraggiosa opera che le Guardie Doganali italiane spiegavano anche a favore dell’Ordine e della Sicurezza Pubblica.

NOTE

[1] Gerardo Severino, Storia di Alfredo Malgeri il partigiano con le Fiamme Gialle “Giusto tra i Giusti”. Liberò Milano nel 1945, in Speciale 25 aprile 78° Anniversario della Liberazione, www.reportdifesa.it, 25 aprile 2023

[2] Sull’argomento Gerardo Severino – Roberto Bartolini, “I Finanzieri nella lotta al brigantaggio 1860 -1866”, Roma, Edizione Museo Storico della Guardia di Finanza, 1998, pp. 162, 163, ed ancora Gerardo Severino – Vincenzo Grienti, “L’assalto. San Vito lo Capo 1869”, Catania, Edizioni Akkuaria, 2021.

[3] Il Turriciano, nativo di Castellammare del Golfo, era un renitente alla leva e si era reso latitante sin dai giorni della rivolta del gennaio 1862, organizzando, con altri renitenti e disertori, l’omonima banda brigantesca che avrebbe operato sino all’autunno del 1869, epoca in cui ne ebbe inizio il tracollo. Dopo aver assistito all’arresto di gran parte dei suoi compagni, il Turriciano fu ucciso, il 1° marzo del 1870, dalle truppe regie nella stessa Castellammare, in seguito – si disse – a delazione.

[4] Dal “Processo verbale dei fatti accaduti il 10 giugno 1869 inviato al pretore del mandamento di Monte San Giuliano dal vicebrigadiere delle guardie doganali, Lucchesi Giuseppe, al comando della brigata stanziale di S. Vito Lo Capo”. In Archivio di Stato Trapani, Corte di Assise, busta n. 3, fasc. 45, cc. 12-15 r.

[5] La Guardia scelta Francesco D’Onofrio era nata a Siracusa l’11 settembre 1830, figlio di Vincenzo D’Onofrio e di Concetta Giuliano.

[6] Cfr. “Il Monitore Doganale”, n. 7 del luglio 1869, pag. 54. Vgs. anche Archivio Museo Storico Guardia di Finanza, Fondo Matricola, f.lo personale “Mar.llo Giuseppe Lucchesi”.

[7] In Archivio Museo Storico Guardia di Finanza, Fondo Matricola, f.lo personale “Mar.llo Giuseppe Lucchesi”.

*Colonnello (Aus) della Guardia di Finanza – Storico Militare.  Membro Comitato di Redazione di Report Difesa

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