Guardia di Finanza: operazione “Vediamoci chiaro”, scoperto a Palermo un giro di finte invalidità concesse in cambio di denaro. Arrestati 6 soggetti tra i quali due medici

PALERMO. Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e falso in atto pubblico finalizzati al riconoscimento di invalidità civili e alla conseguente percezione dei previsti benefici di legge, sono questi i reati che hanno portato agli arresti 6 soggetti, individuati a seguito di un’indagine dei finanzieri del Comando Provinciale di Palermo – Nucleo Polizia Economico Finanziaria (PEF), nei confronti dei quali il GIP del locale Tribunale ha inoltre disposto un sequestro di disponibilità finanziarie per un totale di oltre 911.000 euro poiché ritenuti profitto dei reati medesimi.

Sono stati gli specialisti del PEF, nello specifico quelli in forza all’interno Gruppo Tutela Mercato Beni e Servizi, a far luce su un perdurante malaffare, ciò anche grazie alla stretta collaborazione offerta dalla Direzione Provinciale dell’INPS.

Finanzieri del Nucleo PEF di Palermo durante le indagini

A finire nella rete investigativa dei finanzieri sono stati un dirigente dell’Azienda Sanitaria Provinciale – ASP di Palermo (peraltro presidente di alcune commissioni per il riconoscimento delle invalidità civili) un medico certificatore abilitato all’inserimento dei certificati introduttivi per l’avvio delle pratiche di richiesta delle invalidità e diversi faccendieri, i quali fungevano da “intermediari” tra il pubblico ufficiale e le persone interessate ad ottenere determinati benefici assistenziali.

Secondo gli investigatori della GDF palermitana, lo stesso dirigente infedele avrebbe messo in piedi un ben rodato meccanismo fraudolento con il quale – in cambio di denaro nonché di altre utilità – si poteva facilmente ottenere quanto desiderato. Il dirigente incaricato, infatti, avrebbe redatto (anche facendo ricorso a falsa documentazione medica) verbali per il riconoscimento delle invalidità senza però premunirsi della necessaria verifica riguardante la reale presenza di fattori e patologie invalidanti, in altre parole dei requisiti minimi previsti dalla legge.

Nel corso delle indagini sarebbe inoltre emersa la presenza d’uno specifico “tariffario” preteso dal pubblico ufficiale per l’istruttoria delle pratiche di invalidità, che lo stesso avrebbe poi mandato avanti ed attestato in autonomia senza il previsto vaglio collegiale della Commissione, violando in tal modo le previste regole procedurali.

Ai neo “finti-invalidi” che non potevano corrispondere subito il denaro pattuito venivano addirittura richieste le prime mensilità dei benefici erogati, o comunque una parte degli arretrati riconosciuti ai singoli percettori, mentre al momento sono centinaia le posizioni ancora al vaglio degli inquirenti.

Resta in ogni caso inteso come ogni addebito penale mosso nei confronti degli indagati dovrà essere confermato in giudizio ed in presenza di una sentenza irrevocabile di condanna, persistendo sino a quel momento la presunzione d’innocenza costituzionalmente garantita.

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