Guardia di Finanza: Pordenone, dichiarazioni dei redditi da indigente ma affari (in nero) a gonfie vele. Noto esperto di opere d’arte indagato per un’evasione fiscale da 2 mln. di euro

Di Dario Gravina

Pordenone. È un noto esperto nonché commerciante di opere d’arte ma si presentava con una posizione reddituale ai limiti dell’indigenza (tra i 5.000 ed i 9.000 euro lordi l’anno), eppure i suoi affari non sembravano andare affatto male, cosi come di tutto rispetto è il suo patrimonio immobiliare sito tra due provincie friulane ed in quella di Venezia, per questo i finanzieri del Comando Provinciale di Pordenone – nell’ambito di un’attività d’indagine delegata dalla locale Procura della Repubblica – hanno indagato sul conto del professionista scoprendo come la sua attività non andasse esattamente come lui la dichiarava al Fisco, oltre che a condurla in maniera illecita con il ricorso ad ingegnosi stratagemmi evasivi.

Finisce dunque con un sequestro preventivo di beni – per oltre 1.000.000 di euro – una vicenda che vede per protagonista un esperto d’arte pordenonese, il quale, attraverso una sua società attiva nel settore, in maniera sistematica effettuava operazioni di compravendita di quadri ed altre opere artistiche ricorrendo al classico “nero”, ovvero perfezionando pagamenti che evitassero di lasciare traccia e che, nel caso specifico, erano effettuati in diverse modalità come la consegna di denaro in contanti, il rilascio di assegni in bianco che poi il commerciante utilizzava per acquisti privati, oppure ancora con bonifici disposti su conti correnti “extra-aziendali”, solitamente intestati a propri dipendenti oppure a familiari compiacenti che successivamente si occupavano di “monetizzarne” gli importi prima di versarli al titolare.

Controlli della Guardia di Finanza

Oltre ai suddetti sistemi evasivi, tutto sommato abbastanza comuni quanto ricorrenti, l’esperto d’arte ha fatto altresì ricorso ad una società di diritto estero (nello specifico avente sede a New York), a lui riconducibile e per il tramite di un’intestazione fiduciaria, facendo figurare all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli la conduzione di “temporanee esportazioni” di pezzi da esposizione alle quali, tuttavia, non seguivano mai le obbligatorie “re-importazioni” nel territorio nazionale; a chiara dimostrazione di come le opere in questione non avessero lasciato momentaneamente l’Italia per essere ammirate all’interno di mostre, bensì per finire nei salotti e negli studi di facoltosi acquirenti.

Conseguentemente alle indagini, che hanno accertato evidenti fattispecie di reati fiscali oltre che di autoriciclaggio, il GIP del Tribunale di Pordenone ha disposto il suddetto sequestro patrimoniale nei confronti dell’indagato, mentre nella stessa vicenda è finito anche un altro soggetto il quale deve rispondere per il reato di concorso in riciclaggio.

Al termine delle operazioni le evasioni fiscali contestate al commerciante, già comunicate all’Agenzia delle Entrate per gli adempimenti di competenza, sfiorano i 2.000.000 di euro; una somma dunque rilevante anche se inferiore alle grandi evasioni che frequentemente la Guardia di Finanza accerta in ogni regione d’Italia, ma che dimostra come indagini economico-finanziarie condotte in modo “mirato” non consentano l’impunità per nessun professionista e per nessuna attività imprenditoriale che decidano di conseguire ricavi occultandoli, in tutto oppure in parte, all’Erario dello Stato.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Autore