Guardia di Finanza: Reggio Calabria, sequestrato un patrimonio da oltre 11 milioni di euro appartenente ad un imprenditore già arrestato per reati di associazione mafiosa

Di Massimo Giardinieri

Reggio Calabria. Più di undici milioni di euro, a tanto ammonta il patrimonio sequestrato dai finanzieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria (su ordine emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale reggino), nei confronti di un imprenditore di Gioia Tauro (RC) titolare di aziende operanti nel settore della raccolta e gestione dei rifiuti metallici e di quelli speciali.

E’ stata la Procura della Repubblica di Reggio Calabria – Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) ad indagare sullo stesso uomo d’affari, la cui figura era peraltro già finita al centro di due precedenti ed importanti operazioni antimafia denominate “Mala Pigna” e “Rinascita Scott”.

Nella prima operazione l’uomo era infatti stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere poiché accusato di diversi reati, tra i quali quello di cui all’art. 416-bis del Codice Penale,  in  quanto ritenuto tra le figure di vertice della temuta cosca ‘ndranghetista dei “Piromalli” egemone sulla Piana di Gioia Tauro; mentre nella seconda delle due operazioni lo stesso imprenditore era stato raggiunto da un’ulteriore provvedimento di carcerazione, anche in questo caso per reati di associazione a delinquere di stampo mafioso.

La DDA di Reggio Calabria, nella primaria esigenza di svelare anche gli aspetti economico-imprenditoriali legati ai “business” della criminalità organizzata calabrese, ha pertanto incaricato gli specialisti  del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata (GICO) della Guardia di Finanza, affinché svolgessero una specifica indagine di natura economico-patrimoniale finalizzata al rintraccio nonché al sequestro dei beni illecitamente acquisiti dall’indagato.

GDF – posto di controllo stradale

Senza lasciare nulla al caso, i finanzieri dello SCICO si sono dunque concentranti nella ricostruzione delle acquisizioni patrimoniali – dirette o indirette – effettuate dall’imprenditore tra il 1997 ed il 2019, delineando così l’effettivo volume del suo ingente patrimonio che peraltro strideva fortemente con la capacità reddituale annualmente dichiarata.

Alla luce di risultanze investigative così dettagliate, la Sezione Misure di Prevenzione del locale Tribunale ha dunque disposto l’applicazione della pesante misura di prevenzione patrimoniale che, oltre ad interessare direttamente l’indagato, va a colpire anche altri soggetti appartenenti al suo stesso nucleo  familiare.

Dietro i sigilli dell’Autorità Giudiziaria inquirente, più nel dettaglio, sono così finite due società operanti nel settore della lavorazione di materiale ferroso, una ditta individuale operante nel settore della raccolta e del trasporto di rifiuti speciali, tre fabbricati nonché fondi obbligazionari, rapporti bancari e relative disponibilità finanziarie per la sopra citata somma di oltre 11.000.000 di euro.

Va comunque opportunamente evidenziato come il procedimento giudiziario in parola non sia stato ancora concluso, e che si deve pertanto ancora giungere al definitivo accertamento della responsabilità penali contestategli.

L’attività qui descritta testimonia ancora una volta quali siano le capacità di “response” operativa di cui si avvale la Guardia di Finanza che – sin dagli anni ‘80 – svolge un ruolo specialistico ed assolutamente fondamentale nella ricerca, e nella conseguente aggressione, dei patrimoni appartenenti alle più pericolose associazioni mafiose presenti nel Paese.

Competenze investigative di primissimo ordine grazie alle quali è così possibile sottrarre le enormi disponibilità di denaro di cui si avvalgono queste pericolose realtà criminali per finanziare i loro traffici e che sul territorio, come in molti tessuti economici locali, ne rappresentano altresì una tangibile quanto sinistra espressione di potere.

 

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