Guardia di Finanza, operazione antidroga a Reggio Calabria: 9 arrestati. Coltivano e spacciavano marijuana di “qualità”

Reggio Calabria. La Guardia di Finanza di Reggio Calabria ha inflitto l’ennesimo duro colpo alla criminalità organizzata reggina, smantellando un’intera organizzazione criminale dedita al traffico di stupefacenti.

Un came antidroga della Guardia di Finanza scopre la droga in un armadio

I militari della Compagnia di Reggio Calabria delle Fiamme Gialle hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale in carcere e agli arresti domiciliari e reale di sequestro preventivo emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, su proposta della locale Procura della Repubblica Direzione Distrettuale antimafia (DDA), nei confronti di 10 persone tutte reggine, accusate a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata alla produzione e al traffico di droga e di illecita detenzione, spaccio e produzione di sostanze stupefacenti.

Per 9 di loro la magistratura ha disposto la misura cautelare in carcere e per l’altra persona gli arresti domiciliari.

L’esecuzione delle misure cautelari personali e reali di oggi rappresenta l’epilogo di articolate e complesse indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria e condotte dalla Compagnia della GdF di Reggio Calabria.

L’intervento delle Fiamme Gialle

Gli arrestati sono considerati appartenenti ad un’associazione a delinquere stabilmente organizzata, operante nella zona centro-sud della città, prevalentemente nei quartieri di Pellaro, San Cristoforo e centro città.

Secondo le indagini avevano a loro disposizione 3 siti nei quali veniva coltivata marijuana: un’abitazione con annesso giardino nel quartiere di San Cristoforo, nonché altri due terreni in un agro nella zona sud della città.

La droga era prodotta con metodologie tecnologicamente avanzate, tese a garantire un’eccellente qualità dello stupefacente coltivato.

Nel corso delle indagini condotte, anche di natura tecnica, sono state scoperte oltre 200 piante di cannabis, dalle quali l’organizzazione avrebbe potuto ricavare diverse migliaia di dosi di marijuana da distribuire direttamente alla minuta vendita sulle piazze di spaccio cittadino.

In questo senso, non è casuale il nome attribuito all’odierna operazione, “Pollice Verde”, assegnato con particolare riferimento, appunto, alla maniacale dedizione posta in essere dagli arrestati alla produzione in house dello stupefacente, con relativo peculiare know how che, di fatto, come è emerso dalle investigazioni, sbaragliava la concorrenza e garantiva elevati profitti.

Nei medesimi siti di coltivazione, è stato rilevato che la sostanza stupefacente veniva abilmente curata, innaffiata, raccolta, fatta essiccare e confezionata, per poi essere distribuita direttamente al consumo tramite una rete di pusher intranei, tutti stabilmente partecipi all’associazione.

Le scrupolose e complesse attività di investigazione condotte dai Finanzieri reggini sono state svolte con l’uso di dedicate indagini tecniche, di numerosissime attività di appostamento, pedinamento e osservazione, di svariati controlli e perquisizioni, nonché di diversi sequestri e riscontri investigativi.

Tutto ha fatto sì che si potessero raccogliere elementi di prova schiaccianti a carico di tutti i membri del sodalizio criminale smantellato  a partire dalle figure apicali dell’intera organizzazione criminale.

In termini prettamente più economici, possedendo e gestendo direttamente la produzione attraverso la coltivazione dello stupefacente ed evitando così di limitarsi a spacciare la droga acquistata da altri, l’associazione criminale otteneva profitti più elevati rispetto ad altre omologhe organizzazioni, riuscendo, al contempo, a essere di gran lunga più concorrenziale, sia in termini di qualità, sia in termini di prezzo.

Da un lato, infatti, le Fiamme Gialle hanno scoperto che venivano ridotti sensibilmente i costi di produzione e i rischi “d’impresa” connessi all’acquisto di partite di droga da altre persone. E producendo con zelo e cura lo stupefacente, si riusciva a garantire al proprio fitto giro di clienti una qualità del prodotto di gran lunga superiore alla media.

L’organizzazione criminale scardinata aveva una tipica struttura “piramidale”, con ruoli interni ben definiti.

I capi oltre a sovrintendere ai lavori di coltivazione delle numerose piante di cannabis:

  • si adoperavano per la ricerca dei terreni e degli altri spazi su cui avviare i lavori di produzione dello stupefacente in house
  • tenevano i contatti tra tutti i membri dell’organizzazione
  • cedevano, personalmente, la marijuana prodotta a una selezionata clientela o ai vari pusher appartenenti gruppo criminale e incaricati della vendita al minuto della droga.

Gli altri membri dell’organizzazione invece si occupavano prevalentemente di:

  • cedere la marijuana al dettaglio
  • procurare all’associazione nuovi clienti
  • fare da intermediari tra i capi dell’associazione e altri soggetti nelle cessioni di stupefacente caratterizzate da un valore particolarmente elevato
  • coadiuvare i propri “superiori” nella materiale attività di coltivazione e cura delle piante di cannabis.

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