Di Giuseppe Gagliano*
MOSCA. Mentre l’Europa si interroga sul proprio ruolo nella guerra in Ucraina, Mosca lancia un’accusa pesantissima: la scelta di permettere a Kiev di colpire il territorio russo con armi occidentali a lungo raggio non sarebbe recente, ma frutto di una decisione presa da tempo e volutamente celata all’opinione pubblica internazionale.

A pronunciare le parole più taglienti è stato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, secondo il quale le ambiguità delle dichiarazioni del cancelliere tedesco Friedrich Merz svelano un quadro ben più complesso e preoccupante.

Il nodo delle dichiarazioni tedesche
Secondo Mosca, le recenti parole del cancelliere tedesco Friedrich Merz – che ha affermato l’assenza di limiti di gittata per le armi fornite all’Ucraina da Germania, Regno Unito, Francia e Stati Uniti – dimostrerebbero che la decisione di autorizzare attacchi in profondità nel territorio russo era già stata presa tempo fa.
“La sua dichiarazione- ha sottolineato il ministro degli Esteri Sergey Lavrov, citando l’Agenzia di stampa Reuters, “è stata ambigua: da un lato afferma che ora Kiev può colpire, dall’altro dice che fino a poco fa non ne aveva la possibilità”.
Il Cremlino ha subito colto l’occasione per rafforzare la propria tesi: non solo i governi occidentali sarebbero coinvolti direttamente nel conflitto, ma lo farebbero anche in modo opaco, dissimulando le reali intenzioni dietro un velo di ambiguità diplomatica.
Il portavoce Dmitry Peskov ha parlato di un clima di “confusione calcolata” e ha avvertito che se davvero i Paesi NATO hanno dato il via libera all’uso di missili a lungo raggio, ciò rappresenterebbe una seria escalation, con conseguenze difficili da contenere.

Putin e la strategia della deterrenza
Non è la prima volta che il Presidente russo Vladimir Putin mette in guardia contro l’ipotesi di attacchi profondi sul territorio russo.
Già nel 2024, Putin aveva minacciato di rispondere posizionando missili convenzionali in grado di colpire non solo l’Europa, ma anche direttamente gli Stati Uniti.
La minaccia è stata poi seguita, nel novembre dello stesso anno, dall’uso operativo di un nuovo missile balistico ipersonico in risposta agli attacchi ucraini condotti con missili ATACMS, Storm Shadow e HIMARS.

Kiev preme, l’Occidente tentenna
Da parte sua, l’Ucraina ha moltiplicato negli ultimi mesi le richieste ai propri alleati affinché vengano rimossi i vincoli d’impiego per i sistemi d’arma forniti.
La convinzione del Governo di Volodymyr Zelensky è che senza la possibilità di colpire obiettivi strategici ben oltre la linea del fronte, la guerra diventi un logoramento insostenibile.

Tuttavia, Stati Uniti e alcune capitali europee hanno mostrato esitazioni, temendo che l’espansione del conflitto possa innescare un confronto diretto tra NATO e Federazione Russa.
Trump attacca Putin: “Sta giocando col fuoco”
Il dibattito transatlantico si è ulteriormente infiammato quando il Presidente americano Donald Trump, con un post su Truth Social, ha accusato Putin di “giocare con il fuoco”, sottolineando che “se non fosse per me, sarebbero già accadute molte cose davvero brutte alla Russia”.

Il cambio di tono dell’ex presidente – che per anni ha mostrato un atteggiamento accomodante verso il Cremlino – è apparso tanto brusco quanto strategico.
Secondo Politico, Trump ha virato verso una retorica più aggressiva dopo l’ennesima ondata di attacchi russi, tra i più letali degli ultimi mesi, che hanno causato la morte di almeno 12 civili e colpito oltre 30 città ucraine.
Pace e provocazioni: accuse incrociate
Sul fronte diplomatico, Mosca continua a sostenere di voler trovare una soluzione negoziata al conflitto.
Il Ministero della Difesa russo ha ricordato che il 16 maggio si sono svolti i primi colloqui diretti tra Russia e Ucraina da oltre tre anni.
Ma secondo la versione russa, Kiev – spalleggiata da alcuni governi europei – avrebbe sabotato il negoziato con una serie di attacchi provocatori.
Nei giorni scorsi, le forze ucraine avrebbero intensificato gli attacchi con droni e missili, utilizzando armamenti occidentali per colpire infrastrutture civili in territorio russo.
I dati forniti da Mosca parlano di oltre 2.300 droni ucraini abbattuti in una sola settimana, di cui quasi 1.500 al di fuori della zona di guerra immediata.
Il Governo russo ha dichiarato di aver risposto con attacchi “chirurgici” diretti solo contro impianti militari e industriali ucraini, mentre Kiev ha denunciato bombardamenti indiscriminati.
Conclusioni: retoriche da guerra, pace in stallo
La spirale di dichiarazioni contraddittorie, accuse incrociate e atti militari sempre più audaci conferma un dato fondamentale: la guerra in Ucraina è entrata in una nuova fase, più complessa e meno controllabile. Le pressioni interne sugli Stati occidentali per sostenere militarmente Kiev si scontrano con la paura di un conflitto aperto con Mosca.
La Russia, dal canto suo, cerca di smascherare la presunta ipocrisia occidentale mentre lancia segnali di deterrenza sempre più espliciti.
Il dialogo di pace, tanto invocato, resta prigioniero di questa doppia trappola: da una parte, la pressione ucraina per rompere lo stallo militare; dall’altra, la strategia russa di dimostrare che la NATO è già parte in causa nel conflitto.
E intanto, sui cieli dell’Europa orientale, il numero dei droni abbattuti è solo l’indicatore più visibile di una guerra che continua a intensificarsi.
*Presidente Cestudec (Centro Studi strategici)
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