Le varianti genetiche virali sono sempre esistite. Il vaccino resta l’unica arma contro di esse.

Di Pierpaolo Piras*

Roma. Recentemente, il sottosegretario governativo alla Salute britannico, Matt Hancock, ha comunicato che è stata individuata nel Regno Unito una “nuova variante” del Covid19. Ne sono stati riconosciuti circa mille casi, prevalentemente nel sud-est dell’Inghilterra.

Questa notizia è stata ripresa da alcune testate in UK e in Italia, arricchendola dei soliti toni e verbi gratuitamente allarmistici, ancorché privi di fondamento sperimentale.

Ormai, questo incomprensibile atteggiamento sta diventando una moda che altera l’informazione in generale, allontanandola grandemente dall’unica vera – e quindi più affidabile – fonte rappresentata dalla medicina scientifica accreditata.

A riprova, si leggono qua e là interviste a numerosi quanto presunti esperti , si badi bene, quasi tutti laureati in sociologia, fisica, chimica, ecc, . Di tutto tranne che in Medicina e Chirurgia (6 anni di studio universitario di base) e Specialisti in materie attinenti alla infettivologia (altri 4-5 anni al conseguimento dell’apposito Diploma).

L’importante è creare allarme, ansia d’informazione nei lettori più a corto di conoscenze specifiche.

Quando si approcciano certi argomenti medici, il lettore dovrebbe analizzare la credibilità di tali “esperti” iniziando proprio dalla verifica delle competenze specifiche di base da essi possedute. Nessuno dei sopracitati ha studiato e quindi possiede conoscenze di profilassi, epidemiologia, infettivologia, batteriologia, virologia, medicina interna e pneumologia (per non aggiungere altro). Tuttavia, vengono colpevolmente esibiti come esperti. È necessario essere medici per poterli riconoscere. Chi non lo è, diventa preda della disinformazione dilagante.

MATT HANCOCK SEGRETARIO ALLA SALUTE

Nel caso di tale “ variante” intercettata in Inghilterra, è bene ricordare dagli studi di medicina che tutto il mondo , animale e vegetale, deve la sua sopravvivenza alla capacità di potersi replicare delle varie e innumerevoli specie viventi.

Ad ogni replicazione (nel nostro caso virale) corrispondono “variazioni” del proprio materiale genetico (DNA e RNA) attraverso il fenomeno delle mutazioni. È il motivo grazie al quale i figli assomigliano ai genitori pur non essendo uguali ad essi.

La comparsa di una variante Covid è pertanto scientificamente scontato che avvenga.

L’importante è seguirne ( come accade annualmente anche nel monitoraggio del virus influenzale e di altre specie, virali e batteriche, nel mondo) l’andamento clinico-epidemiologico per non trovarsi impreparati di fronte alla necessità di adattarvi un vaccino innovativo , come accade (anche qui nel corso della annuale pandemia influenzale). A tale proposito, su tale variante Covid non sono ancora disponibili dati concreti ed affidabili, raccolti ed elaborati da istituti e centri accreditati di ricerca.

Nel caso delle odierne varianti del covid-19, gli studi sono già in corso, presso il noto centro della “Agenzia Esecutiva” di Porton Down (nei pressi di Salisbury, Wiltshire) nei laboratori del Public Health England (PHE).

Nel Regno Unito le “Agenzie Esecutive “ possiedono la stessa autorità di un organo di Governo, arricchite dalle responsabilità di gestione e con bilancio economico autonomo.

La PHA di Porton Down è l’unica e più autorevole fonte consulenziale del segretariato della Salute inglese. I falsi esperti sono inesistenti.

Insomma, proprio ciò che ci vorrebbe anche in Italia, ma che non c’è.

Al momento attuale è stato accertato che la variante attuale riguarda sette mutazioni a carico del sistema strutturale proteico delle formazioni “spike” del SARS-Covid-19 . Le stesse che decidono l’abbordaggio virale alla superficie della cellula respiratoria parassitata per aprirvi un pertugio oltre il quale penetrare all’interno di quest’ultima e ripetere, così via, la propria moltiplicazione.

Uno dei modi per modificare a nostro vantaggio questo fenomeno mutante è quello di affrettare la vaccinazione nelle aree del meridione inglese dove la variante multi-mutante è decollata.

Sebbene, contrariamente alle affermazioni della informazione allarmistica, non ci siano prove scientificamente accertate che essa causi malattie più gravi o che la prima generazione di vaccini Covid non riesca a proteggersi da essa, la variante potrebbe diffondersi più velocemente, rendendo più difficile il contenimento, approfittando molto opportunisticamente della rilassatezza delle restrizioni tipiche del periodo natalizio.

Da un punto di vista epidemiologico è vero che la proteina “spike” è la chiave che il virus usa per attaccarsi alle cellule umane e infettarle. Ma, è anche l’obiettivo di molti anticorpi che il nostro organismo elabora in risposta ad essa.

Le mutazioni alla proteina spike hanno spesso un impatto minimo, ma possono potenzialmente cambiare la virulenza maligna del virus, rendendolo più o meno suscettibile agli anticorpi scatenati dal sistema immunitario umano.

Sotto il profilo sperimentale, nel ceppo virale variante è stato individuato quello noto come “delta 69/70” che sembra avere un effetto modulatorio sulla capacità che esso conferisca di eludere gli anticorpi dell’uomo.

Mentre le mutazioni sono sicuramente una preoccupazione, i più ritengono che i vaccini in fase di diffusione proteggeranno ancora validamente dalla variante.

Infatti, i vaccini stimolano il corpo a produrre una vasta gamma di anticorpi diversi che attaccano il virus da diverse angolazioni ed è improbabile che le mutazioni conferiscano una completa resistenza a tutti loro.

Oggi, a parte il disdoro dei facili allarmismi, è troppo presto per fare qualsiasi deduzione su quanto ciò possa essere importante o meno.

CARTELLO INDICATIVO DI PORTON DOWN

Le mutazioni della proteina “spike” portano a domande sul vaccino perché quello prodotto dalle tre aziende produttrici principali – Pfizer, Moderna e Astra-Zeneca – addestrano il sistema immunitario umano ad attaccare questo elemento biochimico.

Tuttavia, il corpo umano impara ad attaccare più parti dello “Spike”. Ecco perché i ricercatori sanitari sono convinti che il vaccino funzionerà anche contro questa variante.

Il Covid-19 è un virus che si è evoluto negli animali e ha fatto il salto da questi ultimi al genere umano per infettare l’ umanità circa un anno fa.

Da allora ha raccolto circa due mutazioni (ovvero varianti) accertate al mese.

Contando un campione oggi e confrontato con le prime di Wuhan in Cina, ci sarebbero ad oggi circa 25 mutazioni che le separano.

Ma presto, la vaccinazione di massa eserciterà un diverso tipo di pressione biologica sul virus il quale dovrà cambiare per infettare le persone che però sono state già immunizzate (immunità sociale).

Se questi avvenimenti guideranno l’evoluzione del virus, dovremo aggiornare regolarmente i vaccini, esattamente come da tanti anni facciamo per l’influenza. Solo per tenere il passo.

Gli studiosi di Breton Down dicono che “è altamente improbabile che questa mutazione non risponda ad alcun vaccino”.

Per il momento, il vaccino resta l’unica arma davvero vincente, anche di fronte alle varianti genetiche virali che sicuramente si verificheranno.

*Specialista in Otorinolaringoiatria e Patologia Cervico-Facciale

 

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