Guardia di Finanza: a Palermo azione di contrasto al potere economico di “Cosa nostra”. Eseguiti sequestri di beni per 43 milioni di euro

Di Gianluca Filippi

PALERMO. Un nuovo durissimo colpo al potere finanziario di “Cosa nostra” e dei suoi fiancheggiatori è stato inferto, oggi, nei confronti di alcuni imprenditori inseriti in un gruppo societario ritenuto contiguo alle famiglie mafiose di Pagliarelli, Porta Nuova, Palermo Centro, Brancaccio e Noce, attraverso un sequestro preventivo di beni e disponibilità finanziarie il cui importo è vicino ai 43 milioni di euro.

Ad emettere il citato provvedimento – ai sensi della normativa antimafia – è stato il Tribunale di Palermo su richiesta della locale Procura della Repubblica, questo sulla base degli accertamenti condotti dai finanzieri del Nucleo Polizia Economico Finanziaria (PEF), più in particolare dagli specialisti del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata (GICO) i quali, nell’ambito dell’operazione denominata “ALL IN”, sono riusciti a ricostruire e dimostrare le diverse quanto diffuse infiltrazioni mafiose nel ricco settore dei giochi e delle scommesse sportive.

Gli specialisti del GICO di Palermo nel corso di un’operazione

I finanzieri del GICO palermitano, sarebbero infatti riusciti a delineare l’esistenza d’un gruppo di imprese vicine ai diretti collaboratori di un noto boss mafioso, nonché di imprenditori collusi pronti a mettere a disposizione delle “famiglie” il proprio know how per acquisire licenze e concessioni rilasciate dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, necessarie proprio per l’esercizio della raccolta delle scommesse.

Circostanze che avrebbero così consentito la creazione di un vero e proprio impero economico costituito da società intestate agli onnipresenti prestanome, che nel tempo erano arrivate a gestire volumi di gioco per circa 100 milioni di euro.

Le risultanze probatorie ottenute già nel 2020 avevano intanto condotto agli arresti 25 persone, accusate a vario titolo di partecipazione e concorso esterno in associazione di stampo mafioso, trasferimento fraudolento di valori (con l’aggravante di aver favorito “Cosa nostra”), associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata e all’esercizio abusivo dell’attività di giochi e scommesse.

In conseguenza di ciò i principali indagati (tra i quali figurano i destinatari degli odierni provvedimenti di sequestro), furono condannati lo scorso anno dal Tribunale di Palermo con sentenza peraltro confermata a luglio scorso dalla Corte d’Appello.

 

Le indagini delle Fiamme Gialle di Palermo hanno inferto un nuovo durissimo colpo al potere finanziario di “Cosa nostra”

La vicenda tuttavia non poteva ancora dirsi conclusa dal lato “patrimoniale”, per questo la competente Autorità Giudiziaria ha delegato alle Fiamme Gialle ulteriori ed ancor più approfondite investigazioni economico-patrimoniali, le cui risultanze sono state pienamente accolte dal Tribunale che ha dunque qualificato i proposti come soggetti “socialmente pericolosi”.

Una pericolosità che la medesima Autorità Giudiziaria ha chiaramente ravvisato nelle loro ripetute condotte illecite, in conseguenza delle quali avrebbero fornito un più che rilevante contributo al rafforzamento economico di “Cosa nostra” attraverso un capillare controllo sul mercato dei giochi e delle scommesse sportive con incassi plurimilionari.

Alla luce delle suddette circostanze, alle quali si aggiunge una più che evidente sperequazione tra fonti lecite di reddito dichiarate e beni nelle effettive disponibilità dei proposti come dei rispettivi nuclei familiari, è stato oggi eseguito il sequestro di 3 immobili (tra i quali una villa di particolare pregio ubicata nell’isola di Favignana), quote di capitale e compendi aziendali di 11 società (con sede nelle province di Milano, Roma, Salerno e Palermo), 45 rapporti finanziari (costituiti da conti correnti, conti deposito, depositi titoli, polizze assicurative e buoni postali) per un valore complessivo che sfiora i 43 milioni di euro.

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