Medio Oriente: a Washington Donald Trump e Benjamin Netanyahu presentano il piano in 20 punti per Gaza. Un auspicio per la pace

Di Bruno Di Gioacchino

TEL AVIV. Il piano in 20 punti presentato dalla Casa Bianca, frutto dell’incontro tra Donald Trump e Benjamin Netanyahu, segna senza dubbio un passaggio politico di rilievo.

La conferenza stampa di Trump e Netanyahu  che illustra il nuovo piano per Gaza

Non è la prima volta che si tenta di ridisegnare il terreno negoziale sul conflitto israelo-palestinese, ma la proposta ha una peculiarità: non si limita a chiedere tregue temporanee o scambi parziali, prova piuttosto a proporre una visione complessiva, con tappe precise e un quadro di riferimento internazionale.

È già un segnale da non sottovalutare.

Al cuore del documento ci sono elementi che, se attuati, cambierebbero gli equilibri.

Un cessate il fuoco immediato, la liberazione degli ostaggi entro 72 ore in cambio di prigionieri palestinesi, un’amnistia per chi in Hamas accettasse di deporre le armi, la ricostruzione accelerata di Gaza sotto la guida di un governo tecnocratico palestinese e con la supervisione di un organismo internazionale.

Israele, da parte sua, dovrebbe ritirare gradualmente le proprie truppe senza annettere né occupare la Striscia.

Tutto questo accompagnato da un percorso, ancora vago, verso un futuro Stato palestinese, condizionato a riforme e a stabilità interna.

Lode va data alla buona volontà che traspare dal testo.

Dopo mesi di guerra logorante, di vittime civili e di impasse diplomatica, il fatto stesso che si provi a fissare una road map articolata rappresenta un atto di coraggio politico. È un riconoscimento che la sola via militare non basta e che un futuro di convivenza, per quanto fragile, deve essere almeno immaginato e discusso.

Un’immagine di Gaza colpita dai bombardamenti per la guerra contro Hamas

 

Tuttavia le difficoltà sono enormi. Hamas ha già rigettato l’idea di una supervisione esterna e insiste sul diritto alla resistenza armata. Israele, specularmente, non accetterà mai concessioni prive di garanzie di sicurezza assolute.

Il piano per Gaza

 

La tempistica è strettissima: il rilascio degli ostaggi entro tre giorni potrebbe fallire al primo intoppo, alimentando diffidenza reciproca.

Gli attori regionali – Iran, Hezbollah, ma anche alcuni paesi arabi – hanno interessi divergenti e potrebbero sabotare il processo.

Infine, c’è la questione interna palestinese: una transizione a Gaza che non tenga conto della Cisgiordania rischia di apparire come una sovranità dimezzata, con conseguenti fratture politiche.

La sfida è quindi duplice.

Miliziani di Hamas

Da un lato bisogna verificare se Hamas sia disposto, almeno in parte, a trasformarsi da movimento armato a interlocutore politico.

Dall’altro, occorre capire se Israele accetterà davvero di affidarsi a un organismo internazionale per la propria sicurezza.

Non meno complessa la dimensione pratica: smantellare i tunnel, reintegrare ex miliziani, distribuire aiuti senza corruzione, ricostruire infrastrutture vitali. È un lavoro che richiede fondi ingenti, coordinamento e soprattutto tempo, merce rara in una regione dove ogni giorno porta con sé nuove tensioni.

Eppure, proprio perché il margine di fallimento è così alto, il piano merita di essere guardato con attenzione e persino con una certa speranza.

Non siamo davanti a una svolta compiuta, ma a un tentativo che, se sostenuto con convinzione da tutte le parti, potrebbe almeno aprire uno spiraglio. L’alternativa sarebbe la prosecuzione di un conflitto senza fine, che non offre né sicurezza a Israele né dignità e futuro ai palestinesi.

Il realismo impone prudenza: troppe volte in passato piani di pace si sono infranti contro la realtà.

Ma il dovere politico e morale impone anche di non liquidare questo sforzo come pura illusione.

La buona volontà, se accompagnata da impegno e coraggio, resta il primo passo indispensabile verso qualsiasi trasformazione. Il piano in 20 punti non è ancora una svolta storica, ma è almeno la prova che, nonostante tutto, qualcuno prova ancora a cercarla.

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