Di Marco Pugliese
Il Cairo. Il Mediterraneo è sempre più mare d’interesse geostrategico. Troppo importanti le rotte per l’Asia tramite Suez, troppo significativo il rapporto con il Mar Nero.

Una nave portacontainer solca le acque del Mediterraneo
Bacino economico di raccordo tra Atlantico e Pacifico, aumento dell’attività portuale negli ultimi cinque anni di quasi il 25% con scali francesi ed italiani in grande spolvero. Un solo problema : la sicurezza delle porzioni di mare orientale.
A questo problema stanno ovviando le più importanti compagnie di commercio marittimo europee, creare dei consorzi che gestiscano gli scali in piena sicurezza, oltre che le rotte. Come? La via ricorda alla lontana la politica marittima veneziana e quella delle “compagnie orientali” del 1700. Questi consorzi, in Italia si parla di Napoli, Ancona e Taranto dovrebbero garantire la sicurezza delle rotte, il controllo dello scalo merci e la gestione dei porti di raccordo. Il traffico sostenuto dai porti commerciali viene valutato con un parametro chiamato TEU, acronimo di “Twenty-foot Equivalent Unit”. Tradotto, è l’unità equivalente a venti piedi, ovvero la misura standard di volume nel trasporto dei container secondo normativa ISO, e corrisponde a circa 40 metri cubi totali. La maggior parte dei container infatti ha misure standard, con lunghezze da 20 piedi (1 TEU) e 40 piedi (2 TEU). I porti cinesi sono in questo momento quelli con più traffico in milioni di Teu. Le rotte, ad esempio, tra Italia e Cina sono molto battute e le compagnie italiane guadagnano percentuali elevate nel servizio su scali intermedi.
Esempio: una nave container che salpa da Shanghai in direzione Genova fa scalo e scarica e ricarica anche altre merci durante il viaggio. Le rotte però si sono pericolosamente allungate onde evitare i pirati del Corno d’ Africa e le attività illecite dell’ Oceano Indiano (che abbiamo conosciuto da vicino). Nessuno scalo in Somalia ad esempio necessita aumento della percentuale sulla vendita della merce, il paese africano è insicuro e non possiede ad oggi porti adatti.
Nel Mediterraneo, inoltre, il discorso si complica: scali intermedi africani sono evitati – tranne l’Egitto, ma si occupano di sicurezza compagnie francesi ed inglesi su concessione – ed l’allungamento delle rotte incide sui costi. L’idea che sta montando sarebbe quella di dotare Paesi come Libia, Yemen, Somalia, Tunisia, Marocco, in futuro Siria di scali commerciali di livello elevato, sicuri e gestiti in concessione.

Il porto di Bosaso in Somalia
Il tutto sviluppando l’economia marittima locale ed utilizzando lavoratori del luogo (in condizioni di lavoro occidentali). Ogni porto verrebbe messo in sicurezza da compagnie private gestite dall’ente commerciale. Andrebbe a crearsi una sinergia tra Governi locali e compagnie commerciali, i primi riceveranno la “licenza di scalo” e finanziamenti ( in odore di creazione una sorta di banca di sviluppo commerciale) in cambio di stabilità e aumento del benessere locale.
Un Paese come la Somalia potrebbe diventare un polo commerciale e turistico, con la popolazione locale impegnata in quest’economia (dalla quale poi il guadagno potrebbe essere utilizzato dal governo per costruire infrastrutture). Ma come in Libia urge una pianificazione d’intervento per evitare che gli autoctoni siano in balia dei signori della guerra, sulla cui instabilità proliferano. Creando una rete del commercio sicura mediterranea ed africana si potrebbe portare in certe zone quel benessere tanto cercato.
La Libia potenzialmente possiede due porti potenzialmente interessanti: Tripoli e Bengasi. Lo sviluppo dei quali porterebbe il Paese a vivere d’una propria economia. Gli Stati nazionali non ha in questo momento la forza per tali proposte, l’Italia stessa nel Mediterraneo è in difficoltà, una difficoltà costosissima dato che le rotte commerciali sono allungate, necessitano di protezione continua (con tutti i rischi del caso) e costano al contribuente italiano circa 13 miliardi d’euro annui (comprese le missioni militari marittime).
I Governi locali non possono garantire nessun tipo di sicurezza, lasciando sacche di popolazione in preda a bande. La creazione invece di poli commerciali moderni, difesi militarmente ed attrezzati sarebbe un incentivo per sviluppare un tessuto sociale in grado di lavorarci e specializzarsi. Verrebbero create rotte turistiche, alberghi e resort ed in futuro non escluso sorgano compagnie locali per gestire il traffico di merci in libera concorrenza. Questo però non è possibile se le coste sono infestate da attività illecite atte allo commercio di vite umane. Sarebbe abbastanza particolare se l’ingarbugliata questione mediterranea fosse risolta da consorzi commerciali marittimi privati, ma visto l’immobilismo nazionale, non impossibile.