La riflessione della Dott.ssa Cristina Di Silvio. Alla luce della sua esperienza in ambito di cooperazione istituzionale internazionale, la Di Silvio sottolinea: “I minori vittime indirette di femminicidio sono i soggetti più invisibili e, al tempo stesso, più vulnerabili del nostro sistema giuridico. È necessario riconoscere che questi bambini subiscono una duplice perdita: quella affettiva e quella della fiducia nel sistema di protezione. Non sono solo orfani, ma testimoni di una frattura sociale e familiare insanabile.
Il legislatore ha fatto un primo passo importante con l’art. 577 bis, ma serve un salto culturale: istituire un sistema automatico di tutela integrata, multidisciplinare e vincolante, come raccomandato anche dalla Convenzione di Istanbul.
9Non possiamo più affidare il destino di questi minori all’arbitrarietà di risorse territoriali disomogenee o a procedure frammentate. Serve una legge quadro nazionale di protezione e accompagnamento, che preveda misure psicoterapeutiche obbligatorie, supporto educativo continuativo e fondi dedicati per la ricostruzione del loro futuro.”
L’intervento della Di Silvio invita a superare la visione emergenziale del fenomeno, e a strutturare un paradigma di tutela preventiva, centrato sul concetto di giustizia riparativa e resilienza sociale.
Dati allarmanti, risposte frammentarie.
Secondo l’ultimo rapporto Eures 2024, in Italia sono stati registrati 119 femminicidi, di cui oltre il 60% in ambito familiare.
In almeno 81 casi, erano presenti figli minori.
La maggior parte di questi bambini resta priva di tutela specifica, incastrata in un limbo giuridico e psicologico.
L’assenza di un fondo nazionale strutturato per il sostegno agli orfani di femminicidio, l’eterogeneità degli interventi regionali e la lentezza delle procedure di affidamento o adozione rappresentano criticità sistemiche ancora irrisolte.
Sul piano internazionale, l’Italia ha ricevuto formali raccomandazioni dal GREVIO (Gruppo di esperti del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la violenza domestica) affinché venga rafforzata l’assistenza integrata per i minori testimoni di violenza domestica.
La dimensione geopolitica di questo fenomeno emerge chiaramente se si guarda alla sua incidenza anche in scenari di crisi migratorie e guerre, dove donne e bambini diventano doppiamente vittime, come nel caso dei profughi ucraini e mediorientali.
Una riflessione giuridica, una sfida umana. Il convegno di Napoli non si limita a offrire una panoramica tecnica sull’art. 577-bis Codice Penale., ma sollecita un’azione collettiva.
Il diritto penale, da solo, non basta.
È necessaria una cabina di regia interministeriale, l’attivazione piena dei centri antiviolenza, l’impiego strutturale di fondi PNRR per progetti di reintegrazione e protezione minori.
La sicurezza giuridica dei bambini orfani di femminicidio è oggi una delle frontiere più critiche del diritto europeo dei diritti umani.
E la risposta a questa sfida passa anche attraverso convegni come quello napoletano, dove il diritto si interseca con la psichiatria, la Polizia giudiziaria e la società civile.
L’Italia ha ora l’opportunità – e il dovere – di diventare un modello per l’Europa, unendo giurisprudenza, politiche pubbliche e cultura della prevenzione.
L’incontro di martedi sarà un primo, decisivo passo.
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