Napoli – Portici: la ferrovia che ebbe un ruolo strategico militare

Mario Pietrangeli*

Napoli. La ferrovia Napoli-Portici fu la prima linea ferroviaria costruita in territorio italiano, nel Regno delle Due Sicilie.

Mappa della ferrovia Napoli-Portici all’epoca dell’inaugurazione (1839)

Inaugurata il 3 ottobre 1839 dal re Ferdinando II di Borbone, era a doppio binario e aveva la lunghezza di 7,25 km.

La convenzione per la sua costruzione venne firmata il 19 giugno 1836; con essa si concedeva all’ingegnere Armando Giuseppe Bayard de la Vingtrie la concessione per la costruzione in quattro anni di una linea ferroviaria da Napoli a Nocera Inferiore con un ramo per Castellammare che si sarebbe staccato all’altezza di Torre Annunziata.

La locomotiva Bayard esposta al Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa

L’anno seguente venne costituita a Parigi una Società per la costruzione e la gestione della ferrovia.

Ovviamente, la tecnologia impiegata era straniera: la progettazione, così come il capitale investito, era francese, le locomotive, di rodiggio 1 A 1, giunsero dall’Inghilterra ed erano costruite sul modello delle prime progettate da George e Robert Stephenson, nelle officine Londridge e Starbuk di Newcastle.

Il resto dei materiali rotabili era stato invece costruito nel Regno delle Due Sicilie: il ferro delle rotaie proveniva infatti dalle miniere della Vallata dello Stilaro e fu lavorato nel Polo siderurgico di Mongiana, in Calabria.

Le rotaie erano realizzate in ferro battuto, in moduli da 5 metri, per il peso di 25 kg per metro di lunghezza.La locomotiva che trainò il treno inaugurale, la Vesuvio, pesava 13 tonnellate e sviluppava una potenza di 65 CV alla velocità di 50 km/h, trainando 7 carrozze per un peso complessivo di 46 tonnellate.

La caldaia era fasciata da liste di legno pregiato tenute insieme da quattro cerchiature in ottone. Il tender a due assi trasportava sia l’acqua che il carbone.

La gemella Longridge aveva poco prima effettuato il treno staffetta.Per quanto riguarda il tracciato, la pendenza massima della linea era del 2 per mille mentre il raggio di curvatura del tragitto si attestava mediamente tra i 1.300 e i 1.400 metri.

In realtà la linea era solo parte di un progetto più vasto: il 1º agosto 1842 veniva infatti inaugurato il tratto diramato fino a Castellammare; due anni dopo, nel 1844, la prosecuzione per Pompei, Angri, Pagani e Nocera Inferiore.

Nel 1846 il Bayard otteneva la concessione anche per il prolungamento su San Severino e Avellino. Nello stesso anno il governo borbonico aveva rilasciato anche la concessione per il prolungamento della ferrovia da Nocera fino a San Severino e ad Avellino; negli anni cinquanta dell’800 furono rilasciate varie concessioni per la costruzione della ferrovia delle Puglie e per la ferrovia degli Abruzzi che avrebbero dovuto realizzare i collegamenti verso lo Stato Pontificio, a Ceprano e al Tronto e verso Bari, con diramazioni per Brindisi e per Foggia.

L’attuazione di questo progetto comportò la conversione alla produzione ferroviaria, nel 1842, di un grande stabilimento, situato a Pietrarsa, già adibito alla produzione di cannoni e proiettili d’artiglieria.

Esso fu destinato alla costruzione di locomotive e all’assemblaggio del materiale rotabile (decreto reale del 22 maggio 1843).

Nel 1845 le Officine di Pietrarsa vennero visitate dallo Zar Nicola I di Russia che ne restò talmente colpito che volle riprodurne la pianta per la costruzione del suo complesso industriale di Kronštadt.

Anche il papa Pio IX visitò la fabbrica il 23 settembre 1849: a ricordo della storica visita i 500 operai vollero erigere una chiesa posta di fronte allo stabilimento terminata nel 1853 poi demolita nel 1919.

Papa Pio IX visitò le Officine di Pietrarsa il 23 settembre 1849

Il 1845 è anche l’anno in cui venne costruita la prima locomotiva a vapore interamente in Italia (anche se sulla base di un modello inglese) che assunse il nome augurale di Pietrarsa.

Ultimato nel 1853, il complesso di Pietrarsa fu il primo sistema industriale di tutta l’Italia; all’atto della unificazione, nel 1860, contava una forza lavoro di circa 1.200 unità.

La costruzione di oltre 13.500 metri quadrati, una volta dismessa, è diventata la sede del Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa.

Nonostante gli interessanti progetti in cantiere, alla data del 1860 la rete ferroviaria del Regno delle Due Sicilie in esercizio regolare assommava a poco più di 120 km di ferrovie.

Negli ultimi anni di vita del Regno (dopo il 1855) vennero approvati dal governo borbonico altri progetti di ampliamento della rete ferroviaria: al momento dell’annessione ne erano state completate 60 miglia (circa 110 km) ma questi nuovi tratti non erano ancora utilizzati.

IL REGNO LOMBARDO-VENETO

L’esigenza fondamentale, nel Regno Lombardo-Veneto soggetto all’Impero Austriaco, era realizzare una ferrovia che congiungesse Milano e Venezia (che sarà detta Ferdinandea in onore dell’Imperatore d’Austria Ferdinando che ne vide i primi sviluppi), un’impresa per certi versi epica  data la lunghezza della linea e la costruzione di un ponte sulla laguna.

La costruzione della strada di ferro ferrata da Venezia a Milano fu oggetto di una vigorosa controversia tra Carlo Cattaneo (1801-1869) e Giovanni Milani (1789-1862).

Carlo Cattaneo, patriota (partecipò alle Cinque giornate di Milano) e fervente federalista, fu fautore di un sistema politico basato su una confederazione di stati italiani, mentre Giovanni Milani, “Ingegnere di ponti e strade”, fu incaricato della progettazione della ferrovia.

Tuttavia i due personaggi entrarono successivamente in contrasto, proprio per la diversità di vedute che entrambi avevano rispetto al progetto.

Infatti, la tratta ferroviaria era stata pensata per far circolare più velocemente le merci dal porto di Venezia a Milano. In quest’ottica, l’ingegner Milani era favorevole a una linea direttissima; al contrario, il Cattaneo sosteneva che “una strada ferrata per Venezia poteva essere un affare, a patto però di abbandonare completamente l’idea di una linea direttissima nonché l’illusione di un traffico di lunga tratta di merci di importazione provenienti da Venezia”.

Alla fine, prevalse l’orientamento di Cattaneo: l’ipotesi più redditizia era quella di una linea unica dal percorso sinuoso andante con un solo movimento dall’una all’altra delle città di capoluogo prossime alla direttrice principale: Padova, Vicenza, Verona e Brescia, senza trascurare i centri minori di interesse.

Pertanto, fra feroci polemiche, atti giudiziari, interventi politici anche presso la corte di Vienna la realizzazione procedette faticosamente: nel 1842 venne inaugurato il tratto Padova-Mestre di 29 km, nel 1846 i tratti Milano-Treviglio di 32 km, il tratto Padova-Vicenza di 30 km e il ponte sulla laguna di Venezia.

Nel 1854 venne aperto il tratto tra Verona e Coccaglio, nell’ottica di collegare il Veneto con Milano passando per Bergamo.

Nel 1840 fu inaugurata la ferrovia Milano-Monza di 12 km, l’imperatore d’Austria ne aveva concesso il privilegio alla ditta Holzhammer di Bolzano guidata dal finanziere Johann Putzer von Reibegg.

Nel 1859 fu inaugurato il tratto Verona–Bolzano della linea ferroviaria del Brennero; Bolzano fu poi collegata a Innsbruck nel 1867.

REGNO DI SARDEGNA

Nonostante un certo fervore, manifestatosi a vari livelli, al 1848 nel Piemonte non vi era in esercizio un solo chilometro di strada ferrata.

Tuttavia non tutto era rimasto fermo e le cose, una volta iniziate, procedettero velocemente.

Il 18 luglio 1844, con le Regie Lettere Patenti n° 443 il re Carlo Alberto dispose la costruzione della ferrovia Torino-Genova via Alessandria, attraverso il crinale appenninico, che richiese la costruzione della galleria di valico dei Giovi, lunga 3.265 metri, il cui scavo fu effettuato interamente a mano e che venne inaugurata il 18 dicembre 1853 e attivata il 16 febbraio 1854; seguiva l’apertura di altri tronchi in Piemonte che, nel 1859, aveva così collegato tra loro le frontiere svizzere e francesi con quella austriaca del Lombardo-Veneto.

A differenza di altri Stati dove la progettazione era affidata all’impresa privata, a volte totalmente straniera, nel Regno di Sardegna l’impulso lo aveva dato lo Stato.

Su interessamento di Camillo Benso conte di Cavour, allo scopo di liberarsi dal monopolio inglese nel settore, nel 1853 venne fondata a Sampierdarena l’Ansaldo, industria meccanica che dall’anno successivo avrebbe avviato anche la fabbricazione di locomotive e materiale ferroviario.

*Generale di Brigata (Ris)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Autore