Di Giuseppe Gagliano
BRUXELLES.. Il recente articolo di Steve Jermy su Responsible Statecraft (https://responsiblestatecraft.org) solleva interrogativi inquietanti sulla reale capacità della NATO di fronteggiare un’eventuale guerra convenzionale con la Russia.
Non si tratta di un’analisi isolata, ma di un ragionamento che trova conferme nelle difficoltà strutturali che l’Alleanza Atlantica sta affrontando, dalla carenza di munizioni alla vulnerabilità logistica, passando per una strategia che sembra più reattiva che pianificata.

La sede della NATO
La NATO: un’alleanza in declino?
Nel 2024, l’ex Segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin ha definito la NATO come “l’Alleanza più potente e di successo della Storia”.

L’ex ministro della Difesa USA; Lloyd James Austin
Ma la realtà sembra raccontare una storia diversa. Nel 2021, la ritirata disordinata dall’Afghanistan ha mostrato tutti i limiti della coalizione occidentale, incapace di gestire un conflitto asimmetrico contro i Talebani.

Soldati americani in Afghanistan
Ora, di fronte alla sfida russa in Ucraina, l’Alleanza appare impreparata sia dal punto di vista industriale che strategico.
Jermy evidenzia come la Russia, nonostante le sanzioni e il logoramento del conflitto in Ucraina, sia riuscita a superare la NATO nella produzione di munizioni da 155 mm.
Un dato che dovrebbe far riflettere: se la NATO credesse davvero che Mosca sia una minaccia esistenziale per l’Europa, avrebbe già mobilitato le proprie industrie belliche.
Invece, assistiamo a una reazione lenta, con le Nazioni europee che faticano a incrementare i loro bilanci per la Difesa.
Dipendenza dagli USA e vulnerabilità logistica
L’analisi di Jermy sottolinea un altro aspetto fondamentale: senza il supporto degli Stati Uniti, la NATO non avrebbe alcuna possibilità di resistere a un attacco russo su larga scala.
Eppure, il dispiegamento di forze statunitensi in Europa presenta gravi difficoltà logistiche.
La maggior parte dell’equipaggiamento e delle truppe americane dovrebbe attraversare l’Atlantico, esponendosi alla minaccia dei sottomarini russi.
La capacità della NATO di proteggere le proprie linee di comunicazione marittime è oggi inferiore a quella della Guerra Fredda, rendendo il rischio di interruzioni nei rifornimenti estremamente concreto.
A ciò si aggiunge la vulnerabilità delle infrastrutture strategiche europee.
Porti, aeroporti e basi militari sarebbero bersagli prioritari per i missili balistici russi.

Un missiei Oreshnik in volo
Jermy cita in particolare l’Oreshnik, un missile ipersonico contro il quale la NATO non ha attualmente alcuna difesa efficace.
Un attacco coordinato su snodi logistici e terminal energetici, come Rotterdam o Barcellona, potrebbe avere conseguenze devastanti, non solo sul piano militare, ma anche economico.
La disparità di esperienza sul campo
Un altro punto chiave è la differenza di esperienza tra le forze della NATO e l’Esercito russo.
Mentre Mosca ha accumulato quasi tre anni di combattimenti ad alta intensità in Ucraina, affinando tattiche e strategie per la guerra moderna, le forze NATO sono ancora addestrate secondo una dottrina pre-drone, basata su manovre tradizionali.
La mancanza di esperienza in un conflitto simile rappresenta un grave handicap per le forze occidentali, che potrebbero trovarsi impreparate a fronteggiare un avversario già rodato sul campo.
Il problema della strategia e della coesione
Jermy critica duramente l’incapacità della NATO di elaborare strategie efficaci.
Già in Afghanistan, l’alleanza ha dimostrato di non avere una chiara visione di lungo termine, e lo stesso sta accadendo in Ucraina.
La strategia occidentale sembra basarsi più sulla speranza che sull’analisi realistica della situazione. “Raddoppiare la posta e sperare” non è una strategia vincente, eppure è esattamente ciò che sta facendo la NATO nel conflitto ucraino.
Inoltre, la struttura decisionale dell’Alleanza è estremamente macchinosa.
Ogni scelta deve essere concordata tra i vari Stati membri, rendendo difficili risposte rapide ed efficaci.
Più Nazioni vengono aggiunte alla NATO, più la burocrazia interna rallenta le decisioni strategiche.
Conclusione: la NATO come problema, non soluzione?
L’analisi di Jermy si chiude con una provocazione: se la NATO esiste per fronteggiare la minaccia che essa stessa ha contribuito a creare, è possibile che oggi rappresenti più un ostacolo alla pace che una garanzia di sicurezza?

Henry Kissinger
La continua espansione verso Est, ignorando gli avvertimenti di strategisti del calibro di George Kennan, Henry Kissinger e John Mearsheimer, ha portato alla guerra in Ucraina.
Ora la NATO si trova in una posizione difficile: non può permettersi di perdere, ma non ha neppure i mezzi per vincere facilmente.
Forse è arrivato il momento di ripensare il ruolo dell’Alleanza, valutando se una soluzione diplomatica sia più efficace di una corsa agli armamenti che, come dimostrato, la NATO potrebbe non essere in grado di sostenere.
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