‘Ndrangheta: Operazione della DIA, dello SCICO e del Comando provinciale della GdF a Reggio Calabria. Sequestrati beni a 3 imprenditori

Reggio Calabria, Il Centro Operativo della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) di Reggio Calabria, militari dello  S.C.I.C.O. di Roma e del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, supportati da altre articolazioni operanti nelle province di Milano, Brescia, Mantova, Varese, Pavia, La Spezia, Vicenza, Lecce e Sassari, con il coordinamento della Procura Nazionale Antimafia e della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, hanno eseguito, oggi, in tutta Italia provvedimenti emessi dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria.

Un Finanziere dello SCICO

Le misure sono state richieste congiuntamente dal Procuratore Nazionale Antimafia e dal Procuratore Capo di Reggio Calabria.

Una procedura applicata nel Distretto reggino, per la prima volta, dopo la riforma del 2015 del Codice Antimafia che ha attribuito anche al Procuratore Nazionale Antimafia la titolarità della proposta di misure di prevenzione di natura patrimoniale.

E’ stata disposta l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del sequestro su compendi societari, beni mobili e immobili, nonché rapporti finanziari per un valore complessivo stimato di circa 50 milioni di euro riconducibili a tre imprenditori indiziati di appartenenza o contiguità a note cosche reggine.

La figura criminale degli imprenditori era emersa nel corso dell’Operazione “Martingala”, condotta da personale della DIA e della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, coordinati dalla dalla Direzione Distrettuale Antimafia reggina e conclusa nel mese di febbraio 2018 con l’esecuzione di un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso nei confronti di 27 persone, ritenute responsabili a vario titolo dei reati di associazione mafiosa, riciclaggio, autoriciclaggio, reimpiego di denaro, di beni, di utilità di provenienza illecita, usura, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, trasferimento fraudolento di valori, frode fiscale nonché associazione a delinquere finalizzata all’emissione di false fatturazioni e reati fallimentari nonché con il sequestro di 51 società, 19 immobili e disponibilità finanziarie per un ammontare complessivo di circa 100 milioni di euro.

Le indagini hanno consentito di accertare l’esistenza di un articolato sodalizio criminale dedito alla commissione di gravi delitti, con base a Bianco (Reggio Calabria) e proiezioni operative non solo in tutta la provincia reggina, ma anche in altre regioni italiane e persino all’estero, i cui elementi di vertice erano stati identificati in membri delle famiglie Barbaro “I Nigri” di Platì, Nirta “Scalzone” di San Luca e in Andrea Scimone.

Scimone era considerato il principale artefice del meccanismo delle false fatturazioni e vero “regista” delle movimentazioni finanziarie dissimulate dietro apparenti attività commerciali.

E’ stato rinviato a giudizio per svariate ipotesi di reato, tra cui concorso esterno in associazione mafiosa, dirigenza di un’associazione finalizzata al riciclaggio ed al reimpiego, nonché all’intestazione fittizia di beni, all’emissione ed utilizzo di fatture false, funzionali ad agevolare l’attività di infiltrazione occulta negli appalti pubblici della ‘ndrangheta, verso la quale era drenate imponenti risorse.

Operazione della GdF contro la ‘ndrangheta

L’organizzazione poteva contare su un gruppo di società di comodo, comunemente definite “cartiere”, che venivano sistematicamente coinvolte in operazioni commerciali inesistenti, caratterizzate dalla formale regolarità attestata da documenti fiscali ed operazioni di pagamento rivelatesi tuttavia, all’esito delle indagini, anch’esse fittizie e che hanno consentito al sodalizio di mascherare innumerevoli trasferimenti di denaro da e verso l’estero, funzionali alla realizzazione di molteplici condotte illecite, quali “in primis” il riciclaggio ed il reimpiego dei relativi proventi.

Questo meccanismo fraudolento, mediante la predisposizione di false transazioni commerciali, ha costituito il volano per l’instaurazione di articolati flussi finanziari tra le aziende degli indagati e le società di numerosi “clienti” che di volta in volta si rivolgevano agli stessi per il soddisfacimento di varie illecite finalità, tra cui la frode fiscale.

L’attività investigativa ha interessato, tra l’altro, dinamiche criminali estrinsecatesi nella città di Reggio Calabria, svelando l’esistenza di una folta schiera di imprenditori che hanno fruito di aiuti che, secondo l’accusa, sono stati dati da Scimone.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Autore