Di Fabrizio Scarinci
Roma. Tra il 25 e il 26 agosto, al largo della costa meridionale della Svezia, si è svolta (con circa un anno di ritardo a causa dell’emergenza Covid) l’ultima delle due dimostrazioni in mare previste dalla “road map” di “Ocean 2020”, programma volto alla sperimentazione di droni dedicati al incremento della “Maritime Situational Awareness” che vede Leonardo alla guida di un consorzio formato da ben 43 partner di 15 diversi Paesi dell’UE.
Rispetto alla prima dimostrazione, svoltasi nel 2019 al largo di Taranto al fine di testare le capacità di alcuni sistemi a pilotaggio remoto nell’ambito di operazioni in mare aperto, questo secondo evento ha privilegiato la conduzione di attività di tipo costiero.

Logo di Leonardo. Nel corso di quest’attività l’attività l’azienda ha avuto modo di sperimentare diversi dei suoi prodotti
A condurre la “demo” è stata, infatti, una piccola task force navale di 4 unità, di cui facevano parte la nave recupero siluri della marina svedese HMS Pelikanen, il pattugliatore lituano P 11 Zemantis (equipaggiato con il Combat Management System Athena C di Leonardo), la nave per test e ricerche della marina tedesca MOD R/V Planet (equipaggiata con un avanzato sistema di Comando e Controllo sperimentale della IOSB) e il cacciamine polacco Czajka, che hanno operato avvalendosi del supporto di un velivolo dotato di radar di nuova generazione, del sistema satellitare italiano Cosmo SkyMed e di due centri di comando e controllo “ashore”; uno a livello tattico, incentrato sul Combat Management System”9LV” di Saab (che si è anche avvalso della collaborazione di un sistema Guardion dell’olandese TNO e di un C2 Quasar sviluppato dalla QinetiQ), e uno a livello operativo, costituito dal prototipo dell’EU-Maritime Operational Centre messo a punto congiuntamente da Indra e IOSB.

Immagine del pattugliatore lituano P11 Zemantis
Tra i vari droni testati nel corso dell’attività figurano il Patroller (UAS ad ala fissa prodotto da Safran), il Cobra (altro UAS ad ala fissa sviluppato dalla Blue Bear), l’SW-4 Solo (elicottero “optionally manned” sviluppato da Leonardo ed equipaggiato con il modernissimo radar AESA multifunzione Osprey 30), il Sea Rider (USS messo a punto dalla TNO), il Water Strider (sistema di superficie costruito dalla IOSB ed operante a partire dalla MOD R/V Planet), l’Enforcer III (USS sviluppato da Saab), il Piraya (altro USS di Saab, operato dall’HMS Pelikanen), il DeDAve (UUS costruito dalla IOSB e presente anch’esso sulla MOD R/V Planet), l’Oceanscan (sistema subacqueo della TNO), il Biondo (UUS del CMRE operato anch’esso dall’HMS Pelikanen), il Sea Wasp (UUS progettato da Saab) e il Gavia (sistema underwater prodotto da GVM Portugal e gestito da una squadra subacquea della marina portoghese presente a bordo del cacciamine Czajka).

Un SW-4 Solo di Leonardo; oltre ad esso erano presenti alla “demo” diversi tipi di UAS (Unmanned Aerial Sysytem), USS (Unamanned Surface Systems) e UUS (Unmanned Underwater Systems)
Non diversamente dall’evento svoltosi a Taranto, anche in quest’occasione era prevista la riproduzione di due differenti scenari; uno in cui il compito della task force consisteva nel monitorare, intercettare ed ingaggiare alcune minacce di superficie e un altro in cui le veniva chiesto di identificare e monitorare una minaccia sottomarina in avvicinamento.
Nell’ambito di tali attività sono stati conseguiti con successo diversi obiettivi, tra cui il lancio e il recupero di sistemi unmanned da parte di imbarcazioni, il lancio e il recupero di un UUS da parte un USS, il raggiungimento di un certo livello di autonomia da parte dei vari sistemi sperimentati, la loro l’integrazione con il CMS (grazie alla quale è stato anche possibile condividere le immagini e i filmati prodotti dai droni impegnati nelle operazioni con il Centro Operativo Marittimo dell’UE) e l’utilizzo di risorse satellitari al fine di raccogliere informazioni e contribuire all’incremento della situational awareness.
Tutti questi risultati offrono certamente un valido esempio di quanto efficace possa essere la cooperazione tra i diversi Paesi europei riguardo allo sviluppo di nuovi sistemi, e mentre Ocean 2020 si avvia verso la “Final Review” (prevista fra qualche settimana) ci si augura che il decollo del più ampio Progetto dell’European Defence Fund, volto proprio a finanziare iniziative di questo tipo, possa permettere ai vari Stati dell’Unione di trarre concreti vantaggi sia a livello strategico che in termini di sviluppo tecnologico.
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