Di Gerardo Severino*
GENOVA (nostro servizio particolare). Non vi è alcun dubbio riguardo al ruolo preminente che la Liguria ha avuto nel porre le basi delle prime Colonie italiane in Sud America, elemento che peraltro abbiamo già trattato su questo quotidiano in altri contributi dedicati all’emigrazione.

Recco negli anni ’30
Ebbene, tra i forti ed arditi marinai liguri che, nella seconda metà dell’Ottocento, formarono la base di partenza della nostra Colonia in Perù un nome di tutto rispetto è quello di Giovanni Battista Isola, originario di Recco, il quale, come vedremo a breve, da Capitano di Lungo Corso sarebbe asceso ai vertici del commercio, dell’industria ma anche del mondo finanziario di quel grande e bellissimo Paese del Sud America, quale è per l’appunto il Perù.

Giovan Barrista Isola
A tale Nazione, l’Isola dedicò tutta la sua vita, contribuendo sia alla crescita economica che sociale della stessa, operando indefessamente nei vari campi della vita sociale, per la quale si prodigò anche sul piano associativo, fulcro di quell’unione patriottica che avrebbe non solo rinsaldato i vincoli con la lontanissima Madrepatria, ma favorito non poco l’integrazione degli italiani nel bellissimo Paese andino.
Da Recco al Callao (1850 – 1883)
L’avventura di Giovanni Battista Isola, che in seguito aggiungerà al cognome paterno anche quello della madre, ebbe inizio a Recco, un ridente borgo marittimo, oggi facente parte della Città Metropolitana di Genova, non molto distante dalla celebre Camogli.

Il porto del Callao nel 1910
Fu proprio qui, in faccia a quel Mar Tirreno che avrebbe solcato per tutta la vita che il nostro protagonista nacque il 2 dicembre del 1850, figlio primogenito di Don Gaetano Isola e di sua moglie, Vittoria Canessa, una famiglia benestante che di lì in avanti avrebbe messo al mondo una nutrita figliolanza, composta in totale da quattro figli maschi e due femmine, tutti in seguito trapiantati in Perù, ove si sarebbero sposati con persone del luogo.
Quella degli Isola era anche una storica famiglia di commercianti e, soprattutto, di armatori.
Il padre di Giovanni Battista, Don Gaetano, da molti anni operava lungo le rotte dell’America Latina, tessendo buoni affari soprattutto in Perù, ove nel porto del Callao avrebbe impiantato inizialmente una propria “Agenzia Marittima”.
Non solo, ma sin dai primi momenti del suo arrivo in Perù l’uomo avrebbe dato esempio di grandi energie e di tanta voglia di crescere, sia economicamente che socialmente, tanto da dar vita anche ad un emporio agricolo denominato “Vista Alegre”, che in seguito avrebbe affidato alla gestione del figlio Giobatta e da questi al figlio Alberto.
Giobatta Isola Canessa, raggiunta l’età giusta fu ammesso presso la Scuola di Marina di Genova, antesignana dell’odierna Accademia Navale della nostra Marina Militare, Istituto che ammetteva tra le proprie fila i rampolli delle “famiglie bene” del Regno di Sardegna, destinati sia alla carriera militare nell’Armata di Mare che a quella nella cosiddetta “Marina Mercantile”.
Nonostante avesse altri fratelli, Giobatta dovette giocoforza sottostare alle volontà paterne, finalizzate a gestire in proprio la flotta di famiglia.
Fu, quindi, anche per tale ragione che Giobatta, come affettuosamente veniva chiamato in famiglia il primogenito, a sedici anni fu costretto ad abbandonare la gloriosa Scuola di Marina, dovendosi imbarcare sulle navi paterne che commerciavano nel Mediterraneo, Atlantico e Pacifico, professione che in seguito gli avrebbe fatto guadagnare il grado di Capitano di lungo corso.
Tra un viaggio e l’altro, Giobatta riuscì a “metter su famiglia”, unendosi in matrimonio con la signorina Maria Massone, la quale purtroppo lo lascerà vedovo, nel corso del 1883, dando al mondo la loro prima figlia.
Fu, molto probabilmente, proprio questa tragedia che lo indusse ad optare per una scelta drastica: quella di trasferirsi definitivamente in Perù, raggiungendo così il resto della famiglia.
L’avventura sudamericana (1883 – 1938)
Fu, quindi, in quello stesso frangente storico, il 1883, che Giobatta incontrò casualmente a Genova il vecchio amico Giacomo Gerbolini, il cui padre, Francesco, originario di Camogli si era sposato proprio a Recco, e quindi conosceva benissimo gli armatori Isola.
Il Capitano Gerbolini aveva commerciato sin lì con l’Inghilterra, finché la sua nave non naufragò sulle coste spagnole.
A quel punto il marittimo fu costretto ad emigrare in Perù, Paese che aveva visitato in un suo viaggio precedente.
A Recco, Giacomo e Giobatta acquistarono il brigantino “José Pozzo”, di 166 tonnellate, immatricolato a Genova sin dal 1868, a bordo del quale, nel maggio dell’83, si diressero alla volta del Perù, proprio con l’intenzione di intraprendere il commercio in cabotaggio lungo le coste del Pacifico
Erano, quelli, gli anni della cosiddetta “Guerra del Pacifico”, della quale abbiamo più volte trattato su Report Difesa, ma soprattutto dell’invasione cilena dello sconfitto Perù, in virtù della quale, quasi certamente, l’acquisto della nave fu favorito dal fallimento dei “Fratelli Pozzo”, armatori genovesi residente nello stesso Perù.
Al Callao, dunque, Giovanni Battista Isola e Giacomo Gerbolini si dedicarono al commercio di cabotaggio in porti peruviani (Pisco, Tambo de Mora, Paita e altri ancora), trasportando grappa, vino, carbone da legna (del quale divennero i principali importatori e commercianti del Paese) e altre mercanzie richieste nella capitale peruviana.
Contemporaneamente aprirono a Lima un grande deposito di carbone, assai richiesto per la produzione di gas per l’illuminazione pubblica e per la navigazione a vapore.
In seguito, i due amici si sarebbero dedicati anche ad altre iniziative in campo imprenditoriale e finanziario, quali, ad esempio, la fondazione, nel 1889, del celebre Banco Italiano, di cui in seguito, Giobatta Isola avrebbe ricoperto la prestigiosa carica di presidente, dal 1899 al 1910, mentre Gerbolini formò il primo Direttivo.
Il 1889 fu anche l’anno nel quale, esattamente il 7 febbraio, presso la Chiesa di San Marcello di Lima, Giobatta si risposò con una peruviana, la signorina Maria Luisa Petitjean Perrier, classe 1869, dalla quale avrà poi cinque figli.
Oltre dieci anni dopo l’inizio della loro attività, dunque attorno al 1895, allorquando Giacomo Gerbolini, per seri motivi di salute, fu costretto a ritirarsi dagli affari, la Società Isola-Gerbolini era proprietaria già di cinque bastimenti, ai quali se ne sarebbero aggiunti altri nella prospettiva di un sempre maggiore incremento delle attività mercantili.
Divenuto titolare unico dell’impresa marittima e commerciale, Giobatta Isola, uomo di straordinaria intelligenza, dotato di un fortissimo intuito commerciale, ma soprattutto di un elevato spirito d’iniziativa, “volse lo sguardo” verso nuovi settori dell’imprenditoria privata.
Nel 1897, Giovan Battista Isola Canessa assurse ai massimi vertici dell’industria peruviana, fondando, assieme allo stesso Gerbolini, a Luigi Riva e a Benedetto Baglietto, la fabbrica di tessuti “San Jacinto”, in Avenida do Brasil, la quale avrebbe fornito un lavoro sicuro a circa 380 operai, divenendo ben presto una della più attive del Paese.

La fabbrica di San Jacinto
Due anni dopo, grazie alla fiducia riposta in lui dai connazionali più influenti, l’Isola fu eletto alla presidenza del Consiglio d’Amministrazione del prima citato “Banco Italiano”, uno dei più solidi Istituti di credito del Perù, carica che avrebbe ricoperto per molti anni, impiegando sempre la stessa rettitudine e la stessa intelligente assiduità del primo giorno, tanto che fu proprio grazie al suo fine tatto, alla sua somma prudenza che si dovette gran parte del florido patrimonio dello stesso Istituto di credito.
Non solo, ma si dovette sempre a lui l’iniziativa dell’istituzione della Sezione Ipotecaria dello stesso Banco, così come la fondazione della Compagnia di Assicurazioni “Italia” e, nel 1904, della celebre “Compañia de Seguros La Nacional”.
Il Commendator Isola divenne così uno dei personaggi più in vista del Paese andino, molto considerato anche a livello politico, tanto da far parte della Commissione incaricata dello studiò della riforma della circolazione metallica, la quale riforma ebbe per risultato l’adozione del tipo aureo.
Agli inizi del Novecento lo troviamo, poi, vice presidente della “Compagnia Nacional de Recaudación“, un’istituzione molto importante, soprattutto se si tiene conto che ad essa faceva carico, escluso il ramo delle Dogane, tutto il sistema tributario della Repubblica, rappresentando degnamente la forza finanziaria della Colonia italiana stanziata in Perù.
Nello stesso contesto storico, come ci conferma un Almanacco del Commercio edito nel 1907, l’Isola fondò anche la “Gio. Batta Isola y Co”, società che ereditò la storica “Agenzia B. Baglietto y Co”, Casa fondata nel 1876 e destinata all’esercizio di Agenzia Doganale, con sede a Callao, Calle de Gran, 15.
Giobatta Isola Canessa fu, poi, anche uno dei più tenaci e convinti propugnatori della nota “Empresa Electrica de Santa Rosa” e del “Ferrocarril Electrico de Lima Callao” nei cui rispettivi Consigli di Amministrazione avrebbe disimpegnato l’alta carica di presidente.
Innumerevoli furono, poi, le imprese industriali o commerciali in cui egli intervenne, e non solo come azionista, apportando il coefficiente della sua larga influenza, della sua intelligenza, della profonda esperienza negli affari e, ovviamente, del suo danaro.
Per decenni, dunque, il Commendator Isola fu ritenuto figura tra le più facoltose della nostra Colonia. La sua, relativamente rapida, fortuna, lungi dal suscitare invidie inutili, fu per tutti un incentivo per bene operare: un esempio e un monito per chi si attendeva dal lavoro, quando questo ha per guida una salda fede ed una sincera onestà, il massimo delle aspettative.
L’Isola non fu, tuttavia, solo un esempio tangibile di grande e abile imprenditore, espertissimo nel campo dei commerci e degli affari in generale.
Egli, infatti, fu anche un vero e proprio patriota, un uomo che rimase sempre affettivamente legato all’Italia e agli italiani in Perù, tanto da offrire sempre la sua esperienza e il suo portafoglio in ogni validissima occasione nella quale si trattava di esaltare la Patria e di contribuire al decoro e al benessere della nostra Comunità.
Gran parte dei giornali e delle cronache dell’epoca ci confermano che nessuna iniziativa d’indole patriottica fu intrapresa senza il suo concorso, tant’è vero che quasi tutte le Associazioni e le Istituzioni italiane operanti a Lima lo ebbero nel proprio ambito, prima fra tutte la gloriosa “Società di Beneficenza”, la quale lo vide per quattro anni autorevolissimo e zelante presidente.
Nel 1895, allorquando Giobatta Isola ne assunse per la prima volta la presidenza, la Società versava in critiche condizioni finanziarie, causate dalla realizzazione del benemerito Ospedale Italiano, che tanto lustro avrebbe conferito alla nostra Colonia e tanta filantropia avrebbe riservato allo stesso popolo peruviano.
Ebbene, grazie alla sua oculatissima amministrazione, ma soprattutto all’efficace ed entusiasta cooperazione di tutto il Consiglio ed alla generosità mai smentita dei nostri emigrati, Giovan Battista Isola riuscì a mettere in assetto le finanze e, quando abbandonò la presidenza, il maturo ex Capitano marittimo di Recco ricevette il plauso dell’intera collettività italiana, ma anche della stessa cittadinanza di Lima.

Il Commendator Isola in età adulta
Che dire, poi, di quanto avrebbe fatto nel corso della “Grande Guerra”, quando a Lima e in altre località del Perù le Colonie italiane si diedero da fare per agevolare il lavoro dei “Comitati di Guerra” e quelli gestiti dalla benemerita Croce Rossa Italiana, raccogliendo fondi ed energie varie da offrire alla Patria in armi?
Il Comm. Isola fu, poi, anche presidente del ricostituito Comitato di Lima della storica “Società Dante Alighieri“, attivissima in campo culturale, così come vice presidente della “Empresa Agricola de Palpa, F. C. i Muelle de Chancay” e membro dei Consigli di varie altre Istituzioni.
Il suo straordinario impegno a favore del miglioramento dei rapporti tra il nostro Paese e il Perù gli valsero la riconoscenza nazionale, tanto che il Re d’Italia lo avrebbe insignito nel tempo di varie onorificenze nell’ambito dell’Ordine della Corona d’Italia.
Con il conferimento, infine, del titolo di Commendatore, sempre della Corona d’Italia, il nostro Paese riconobbe in lui anche il ruolo che aveva avuto a favore del processo di industrializzazione del Perù, un paese che l’Italia ha sempre considerato amico e tenuto in coma al cuore.
Giobatta Isola Canessa, in buona sostanza, fu parte integrante di quella borghesia industriale peruviana, la stessa alla quale gli italiani parteciparono fin dall’inizio alla sua costruzione, peraltro non solo impiantando imprese in proprio, ma partecipando anche alle società fondate dagli stessi industriali peruviani.
Quando nel 1896 fu creata la “Sociedad Nacional de Industrias”, dei 76 fondatori almeno 25 erano italiani, 13 inglesi e 4 spagnoli e, fra il 1915 e il 1924, Giobatta Isola ne fu anche autorevole Direttore.
Giovanni Battista Isola Canessa visse una vita intensissima, lavorando praticamente sino all’ultimo istante di vita, seguendo da vicino il lavoro del figlio Eugenio e degli altri, ai quali aveva affidato le imprese e gli affari di famiglia.
Il vecchio industriale e mecenate italo-peruviano si spense a Chosica, una località dello stesso Distretto di Lima, in un giorno non precisato del 1938, pianto, oltre che dalla sua numerosa progenie anche da tantissimi connazionali e gente comune.
In suo ricordo varie sono le strade che ne portano il nome, così come alcune istituzioni, come nel caso del Comune di Barranco.
Quello di Giovan Battista Isola Canessa è, dunque, un nome molto caro al Perù, Nazione certamente molto più lungimirante e riconoscente rispetto alla distratta Italia, che purtroppo dimentica quanto hanno fatto i suoi figli migliori, in giro per il mondo.
*Colonnello (Aus) della Guardia di Finanza – Storico Militare
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