LA SPEZIA. L’asse storico tra Italia e Polonia, rinforzato da solidi rapporti politici e militari, torna centrale nella scelta di nuovi sistemi d’arma, destinati a proteggere il fianco orientale della NATO.
Varsavia, consapevole del ruolo cruciale che ricopre come “punta di lancia” dell’Alleanza in Europa dell’Est, sta pianificando un importante rafforzamento della propria Marina militare.
Al centro dell’interesse: i sottomarini.
Con circa 500 chilometri di costa affacciata sul Mar Baltico e centri strategici come Danzica, Sopot e Gdynia, che formano l’area metropolitana conosciuta come Trójmiasto (Tri-City), la Polonia considera la dimensione subacquea uno snodo imprescindibile per la difesa nazionale.
In questo scenario, il programma Orka – volto all’acquisizione di nuovi battelli – è diventato terreno di confronto tra grandi cantieri europei: Fincantieri con l’U212 NFS (Italia), TKMS con l’U212CD (Germania) e Saab con l’A26 (Svezia).
A sorpresa, la Francia è rimasta ai margini.

Perché?
Un confronto non solo tecnico
Fonti vicini al dossier spiegano a Report Difesa che la proposta francese, centrata sul sottomarino Scorpène, ha mostrato limiti strategici agli occhi dei polacchi: si tratta, infatti, di un prodotto destinato esclusivamente all’export e attualmente in uso esclusivo presso Paesi non NATO e non sviluppato per la Marina nazionale.
Inoltre, il sottomarino francese sembrerebbe non offrire prestazioni di primo livello, un elemento critico per una marina impegnata in scenari complessi come quelli del Mar Baltico.
In altre parole, manca quella validazione operativa che per Varsavia è fondamentale.
Diversamente, Fincantieri proporrebbe l’U212 NFS, già in costruzione presso lo stabilimento di Muggiano per la Marina Militare Italiana, con cui la Marynarka Wojenna (Marina Militare della Polonia) intrattiene rapporti di cooperazione consolidati, incluso training congiunto in ambito subacqueo.
La Marina polacca, che intende acquisire 2 battelli con un terzo in opzione, non cerca solo un sottomarino, ma un sistema integrato, validato in mare, well-proven, prodotto da un partner industriale affidabile, con cui sviluppare sinergie a lungo termine.
E qui l’Italia, con Fincantieri, si presenta con argomenti solidi e concreti.
Capacità, innovazione, affidabilità
Il sottomarino U212 NFS rappresenta una generazione avanzata, frutto di oltre 150.000 ore di esercizio operativo condotte con i predecessori U212A.
L’esperienza della Marina Militare Italiana ha alimentato un processo di sviluppo che ha portato all’integrazione di nuove tecnologie, maggiore silenziosità, materiali a bassa segnatura magnetica e capacità di lunga immersione grazie, tra gli altri, al sistema AIP (Air Independent Propulsion).
Tutti elementi essenziali per operare con efficacia e discrezione nelle acque poco profonde del Mar Baltico, un ambiente complesso dove la manovrabilità è cruciale. Rispetto al “cugino” francese, il sottomarino italiano si distingue per compattezza e versatilità, aspetti apprezzati dagli analisti navali polacchi. Ma non solo: l’U212 NFS risulta avere un costo più competitivo rispetto ai prodotti concorrenti e tempi di produzione e consegna sensibilmente più rapidi.
La dimensione politico-industriale
L’Italia non si limita a proporre un prodotto, ma un vero partenariato strategico
Il dialogo tra i due Governi (G2G) è avanzato: Roma ha espresso piena disponibilità a supportare la creazione di un gruppo tecnico misto e a facilitare l’accordo con garanzie all’export. In parallelo, l’interesse polacco si è tradotto in una valutazione tecnica approfondita, con riscontri molto positivi.
Da parte sua, Parigi ha tentato di rientrare nella competizione includendo una collaborazione legata anche al settore nucleare terrestre.
Tuttavia, secondo quanto trapela da fonti qualificate, Varsavia sembrerebbe non interessata a percorrere questa strada.
Il motivo? La volontà di instaurare, come già detto, una partnership con Marine militari che operino direttamente i sottomarini proposti, elemento che rafforza ulteriormente la posizione di Fincantieri, considerato che il prodotto francese è pensato solo per l’export.
In prospettiva, si delineerebbe una cooperazione capace di andare ben oltre la semplice fornitura. Un asse industriale e militare Italia-Polonia, fondato su capacità reali, interoperabilità e visione strategica comune.
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