di Viviana Passalacqua
Sedici metri di lunghezza, undicimila kg di peso, per difendere lo spazio aereo nazionale a una velocità massima di 2495 km/h. Sono i numeri di un Eurofighter, il più avanzato degli aerei da combattimento europei con ruolo primario di caccia intercettore, in uso ai piloti del 4° Stormo dell’Aeronautica Militare. Ma l’iter per “salire a bordo” è lungo e impegnativo, costellato di sacrifici, coraggio, passione. Dalla formazione in Accademia alla gestione operativa delle emergenze, ce lo racconta il Capitano Ilaria R., del 4° Stormo Aeronautica Militare.
1) Perché hai scelto di entrare in Aeronautica, e soprattutto perché di diventare un pilota della difesa aerea?
Fin da bambina sono stata affascinata dagli aerei, da quelli militari in particolare. L’assegnazione ad una specifica linea di volo è funzione di tanti elementi, non solo delle preferenze del singolo pilota. Gli ambiti di impiego in Aeronautica Militare sono molteplici: il dal trasporto sanitario, alla ricerca e soccorso, alle linee cosiddette aero-tattiche; nel mio caso sono stata assegnata alla difesa aerea, il settore responsabile della sorveglianza dello spazio aereo nazionale.
2) Quale l’iter per diventare pilota, quanto è stato difficile intraprendere questo percorso?
L’iter per diventare pilota dura alcuni anni: la fase iniziale è dedicata alla formazione presso l’Accademia Aeronautica di Pozzuoli, mentre la selezione iniziale al volo avviene presso la scuola di volo del 70° Stormo di Latina, dove si consegue il brevetto di pilota di aeroplano. La formazione e l’addestramento sono continui: dopo Latina ho frequentato la scuola di volo di Sheppard, negli Stati Uniti, e al ritorno in Italia, dopo una fase propedeutica all’impiego operativo presso il 61° Stormo di Lecce, ho proseguito la mia formazione al 4° Stormo di Grosseto. Qui ho imparato dapprima la conduzione basica del caccia Eurofighter, il velivolo che l’Aeronautica Militare utilizza per la difesa dello spazio aereo, e poi l’impiego operativo. L’addestramento come detto è continuo, è necessario quindi un impegno costante e una grande applicazione per tutta la durata del percorso. Una volta arrivati al Gruppo operativo, poi, lo studio continua perché le procedure ed i sistemi d’arma stessi sono in continua evoluzione.
3) Che cos’è uno Stormo, e quante le donne operative in quel contesto?
Lo Stormo rappresenta il cuore operativo della Forza Armata. I piloti e gli aeroplani sono ovviamente il core business di un reparto di volo come quello di Grosseto ma ci sono tutta una serie di figure professionali essenziali per il funzionamento di una macchina così complessa.
Uno Stormo è come un orologio, dove anche il più piccolo e nascosto ingranaggio è necessario al suo funzionamento. La percentuale di donne non è alta, ma questo è anche riconducibile al fatto che l’ingresso delle donne nelle Forze Armate è relativamente recente, nel 2000. Ciò non vuol dire che questo numero negli anni non sia destinato ad aumentare!
4) Quale la peculiarità del 4° Stormo rispetto agli altri?
Ogni Stormo in Aeronautica è caratterizzato da una “missione” che ne definisce il compito: quella del 4° Stormo è di concorrere alla sorveglianza e alla difesa dello spazio aereo italiano; il reparto, inoltre, è intervenuto e interviene con lo stesso compito all’estero per supportare le forze aeree di Paesi alleati che ne facciano richiesta in ambito NATO, come accaduto in passato per Albania, Slovenia, Islanda e Lituania ed attualmente in Bulgaria. A questo si aggiunge il compito di provvedere alla formazione dei piloti che, provenendo dalle scuole di volo o da altre linee, vengono assegnati alla linea Eurofighter.
5) Hai partecipato a missioni speciali, particolari?
Ogni pilota militare durante la propria “vita operativa”, oltre alle missioni quotidiane di addestramento, partecipa ad esercitazioni complesse e ad operazioni; sono queste, poi, le esperienze rendono completo il proprio bagaglio professionale e di conoscenze. Tutto ciò contribuisce anche a rafforzare la fiducia nelle proprie capacità di gestione ed impiego della macchina, un elemento fondamentale per essere in grado di dare il massimo in ogni situazione, anche la più complessa.
6) Cosa si prova a “guidare” un Eurofighter?
Essere un pilota di Eurofighter è una grande responsabilità, principalmente per il suo ruolo nella sorveglianza dello spazio aereo nazionale. Quando si è di “allarme” (ndr turno di prontezza per i piloti della difesa aerea), ogni istante potrebbe essere quello buono per essere chiamati a intervenire su una traccia sconosciuta, o per supportare un velivolo in difficoltà o che ha dichiarato emergenza, in volo all’interno dello spazio aereo italiano. I tempi di reazione devono essere ridotti al minimo e il livello di attenzione invece alto, sempre nell’ambito di procedure operative e di sicurezza chiare e ben definite.
7) Quale la prima cosa che fai a bordo?
La prima cosa da fare, appena si arriva all’aereo, è il cosiddetto “giro esterno”, ovvero il controllo visivo del velivolo da parte del pilota; è, di fatto, la prima parte del check pre-volo che prosegue poi una volta preso posto in cabina. Prima di salire a bordo ci sono delle procedure standard, gesti che per il pilota diventano naturali, come ad esempio quello di togliere “spine”, come vengono chiamate in gergo tecnico le coppiglie di sicurezza che portano attaccate le bandierine rosse “remove before flight”. Una volta a bordo ci si “lega”, cioè si allacciano le cinture per collegarsi al seggiolino, dopodiché si indossa il casco e si iniziano tutta una serie di controlli dei sistemi di bordo necessari per la messa in moto. Il pilota, durante queste fasi, viene assistito costantemente da terra da personale qualificato, crewchief e armieri dopo la messa in moto si controlla che i motori e l’impianto idraulico funzionino correttamente, seguiti da ulteriori controlli sui sistemi di bordo; solo a questo punto si può procedere al rullaggio e successivamente al decollo. Come è evidente, quindi, dietro a queste poche azioni ci sono molte professionalità diverse – di coordinamento, manutenzione, gestione – che un osservatore esterno non vede, ma che sono fondamentali per la buona riuscita della missione.
8) Com’è il mondo visto “da sopra?”
Con velivoli come l’Eurofighter si ha la possibilità di salire a quote molto elevate ed il panorama, da quella prospettiva ti lascia davvero senza fiato! Devo dire però che durante le missioni il tempo e l’attenzione che il pilota può dedicare a questo è quasi nullo, ci si concentra quasi esclusivamente sui sistemi di bordo e sullo svolgimento della missione. Solitamente è nella fase del ritorno verso l’aeroporto, a missione conclusa, che si ha la possibilità di dare uno sguardo oltre il tettuccio dell’aereo e osservare i paesaggi stupendi che la nostra nazione ci regala.
9) Secondo te cos’è il coraggio?
Il coraggio è la capacità di incanalare e trasformare le nostre paure e le nostre preoccupazioni in forza d’animo, che permetta di affrontare nel migliore dei modi le situazioni in cui ci sentiamo meno a nostro agio.
10) Come si fa a restare lucidi in situazioni emergenziali?
La lucidità nelle situazioni di emergenza è data dall’addestramento e dalla possibilità di ricondurre quella circostanza ad una situazione nota. Per questo è fondamentale l’attività di addestramento che viene svolta ai simulatori, dove è possibile provare in modo realistico ed in totale sicurezza tutte le procedure connesse alla risoluzione di emergenze in volo. Questo tipo di addestramento permette al pilota di acquisire quella capacità e lucidità necessarie per operare al meglio nelle missioni reali.
11) In che modo si riesce ad essere operativi e pronti all’intervento in ogni momento?
Addestrarsi, studiare, prepararsi per essere pronti quando chiamati ad intervenire è l’essenza della formazione militare. Nel settore dove mi trovo ad operare, quello della difesa aerea, tutto questo è portato al massimo livello di attenzione. Tutte le procedure sono pensate e provate costantemente per ridurre i tempi di intervento. Il fattore “tempo” è senz’altro l’elemento essenziale, in questo ambito, per risultare efficaci contro qualsiasi tipo di minaccia e di missione assegnata.
12) Che significa essere pronti a tutto?
In estrema sintesi, per quello che riguarda il mio lavoro, vuol dire correre verso l’aeroplano quando suona l’allarme e sapere di poter contare solo – si fa per dire – sulla propria preparazione e sul lavoro di squadra del personale che ti aiuterà a decollare nel più breve tempo possibile. Quando il pilota riceve l’ordine di scramble (ndr in gergo tecnico l’ordine di decollo immediato), infatti, il pilota non ha ancora alcun dettaglio su dove sta andando e chi sta andando ad intercettare.
Solo a bordo del velivolo, prima di decollare, il pilota comincia a ricevere dai controllori della difesa aerea le prime indicazioni della missione.
13) Ci sono ancora poche donne nel tuo settore, come mai a tuo parere?
Come detto, l’ingresso delle donne nelle Forze Armate è un fatto relativamente recente, parliamo del 2000, quindi ritengo ci vorrà ancora del tempo per vedere crescere il numero delle ragazze che fanno questo lavoro. C’è anche un fattore culturale, senza dubbio, ma posso dirle senza alcun dubbio che da questo punto di vista sono stati compiuti passi importanti. In Aeronautica Militare, ad esempio, le donne possono accedere agli stessi ruoli dei colleghi uomini e questo è stato senza dubbio un fattore determinante per normalizzare i rapporti e favorire una piena e reale integrazione.
14) Essere donna è un ostacolo o un valore aggiunto nella tua professione?
Credo che la prospettiva di una mente femminile sia complementare a quella maschile, il che rende la cooperazione tra i due elementi un valore aggiunto.
15) Quale l’esperienza che ti ha toccata di più?
Potrei citare una delle tante missioni di volo alle quali ho partecipato, penso invece a un’esperienza recente che ho vissuto al mio reparto, a Grosseto, dove è stato organizzato dall’Aeronautica Militare un corso di cultura aeronautica rivolto agli studenti della città. Mi ha colpito molto vedere l’entusiasmo e la passione dei ragazzi, che hanno avuto anche la possibilità di provare l’emozione di volare a bordo dei Siae-208 del 60° Stormo di Guidonia. A volte, lavorando dentro una base, e presi dai mille impegni quotidiani, non ci rendiamo conto dell’impatto che la nostra professione può avere su chi ci guarda da fuori, ed è bello vedere l’attaccamento di molti giovani alla nostra Arma Azzurra.
16) Quali rinunce comporta la tua scelta di vita, e quali i traguardi raggiunti? Lo rifaresti?
Qualsiasi scelta lavorativa comporta dei sacrifici a livello personale e familiare. In generale la professione del militare – che prevede spesso anche periodi di rischieramento all’estero – è un impegno che ha un forte impatto personale. Il ruolo della famiglia è molto importante in questo senso, perché trovare la comprensione e la pazienza nella persona che ti sta a fianco permette di affrontare questi momenti più serenamente.
Non parlerei di traguardi, ma di tappe, un percorso lungo il quale c’è sempre qualcosa da imparare. Il bello di questo lavoro è proprio la necessità e la possibilità di confrontarsi ogni giorno con sfide sempre diverse, dovendo fare riferimento al proprio bagaglio di esperienze e conoscenze per trovare le soluzioni migliori. Sicuramente rifarei tutto quello che mi ha portato fin dove sono, dove i sacrifici e le rinunce sono state senza dubbio bilanciate da soddisfazioni ed esperienze bellissime, sia dal punto di vista lavorativo e tecnico, che dal punto di vista umano.