Rapporti Transatlantici: per gli USA Berlino resta un alleato da tenere d’occhio

Di Fabrizio Scarinci

Berlino. Lo scorso 19 novembre il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg ha avuto il suo ultimo incontro ufficiale con la Cancelliera tedesca uscente Angela Merkel.

Nel corso del summit si è avuto modo di discutere di diversi temi di stringente attualità, come la cosiddetta “crisi dei migranti” al confine tra Polonia e Bielorussia (riguardo alla quale entrambi hanno espresso la loro totale disapprovazione per la condotta del regime di Lukashenko) e il massiccio rischieramento di truppe russe al confine con l’Ucraina, che nelle ultime settimane ha costituito la maggiore fonte di preoccupazione per i vertici politici e militari dell’Alleanza.

Un momento del summit

Gli argomenti trattati non si esauriscono, però, a quelli appena citati. Durante la conferenza stampa congiunta, infatti, il Segretario Generale ha anche rimarcato come la NATO si aspetti che la Germania faccia la sua parte in seno all’Alleanza assicurandole capacità quali soldati ben addestrati ed equipaggiati, aerei che possano volare e navi effettivamente in grado di prendere il mare.

Sebbene abbia usato il tono felpato tipico della diplomazia, pronunciando queste parole, Stoltenberg sembrerebbe essersi fatto portavoce di tutta l’inquietudine dell’Alleanza guidata da Washington per la condotta strategica tenuta da Berlino nel corso dell’ultimo decennio, in cui le relazioni tra Germania e Stati Uniti hanno palesemente attraversato una fase di lento ma costante deterioramento.

Dal punto di vista americano, infatti, la duplice natura della Germania contemporanea, prima potenza economica del continente europeo e al tempo stesso Paese caratterizzato da una mentalità di tipo marcatamente post-storico costituisce un’incognita di non poco conto.

Nello specifico, se da un lato i vertici politici di Washington temono che Berlino possa un giorno tornare a concepirsi come una grande potenza e porre in essere tentativi di egemonizzare il proprio vicinato ai danni del sistema di alleanze a guida statunitense, dall’altro, essi non amano neppure la cultura di tipo mercantilistico/ambientalista tipica dei tedeschi di oggigiorno, che, pur costituendo una sorta di freno autoimposto alle loro eventuali ambizioni geopolitiche, avrebbe reso il Paese una sorta di parassita strategico poco affidabile in materia di difesa e sempre pronto a trattare con chiunque (inclusi i maggiori competitor degli USA) su questioni di natura economico-commerciale.

Leopard 2 del Bundeswehr, nel corso degli ultimi anni la prontezza operativa dello strumento militare di Berlino sembrerebbe essersi ridotta in modo significativo

A fronte di tale situazione, le varie Amministrazioni statunitensi che si sono succedute nel corso degli ultimi anni hanno oscillato tra un atteggiamento relativamente “bonario”, volto ad indurre i tedeschi a rafforzare il proprio strumento militare nel quadro di una cooperazione strategica ed economica sufficientemente solida da evitare che possano scegliere di sganciarsi dagli USA, e un atteggiamento maggiormente assertivo (tipico dell’Amministrazione Trump), mirante ad indebolire la leadership di Berlino in seno all’Unione Europea al fine di indurla ad adottare politiche maggiormente confacenti ai desiderata di Washington.

Quale sia stato il più efficace tra i due approcci appena descritti non è del tutto chiaro; anche se, certamente, dopo svariati anni di insistenza da parte statunitense la politica tedesca sembrerebbe, almeno in parte, aver recepito il messaggio, accettando la sospensione di alcuni accordi commerciali tra Cina e Unione Europea e invertendo la sua ormai più che decennale politica di tagli alle spese militari.

Ciononostante, il futuro delle relazioni tedesco-statunitensi resta ancora piuttosto incerto, e non è da escludersi (tanto per fare un esempio) che, già nel corso delle prossime settimane, la coalizione di governo che prenderà il posto di quella di Angela Merkel (composta da Spd, Verdi e Liberali) non assuma posizioni marcatamente ostili all’idea di un Paese militarmente più attivo in ambito NATO ed interrompa la sua timidissima inversione di tendenza in fatto di budget.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Autore