Reati finanziari, si va verso una Guardia di Finanza europea?

Di Annalisa Triggiano*

Bruxelles. Lo scorso 26 marzo, il Parlamento Europeo, in seduta plenaria, ha approvato una “tabella di marcia dettagliata verso una tassazione più equa e una lotta contro i reati finanziari più efficace”1.

Una riunione del Parlamento europeo

In seguito ai continui scandali finanziari degli ultimi anni (Luxleaks, i Panama Papers, Football leaks e Paradise papers), il 1 marzo 2018 il Parlamento Europeo ha deciso di istituire una Commissione speciale sui reati finanziari, l’evasione e l’elusione fiscale (TAX3)2.

Non si tratta certo della prima iniziativa del genere, ma sicuramente della più completa e approfondita, stando alle dichiarazioni del Correlatore Jeppe Kofod (S&D, Danimarca).

TAX3 è stata negli anni preceduta dalle Commissioni TAXE, TAX2 e PANA. Ma, a differenza degli organismi precedenti, TAX3 è stata varata anche per esaminare nuove questioni quali la tassazione digitale, i programmi nazionali riguardanti la cittadinanza e le frodi in materia di IVA.

Il voto ha chiuso, dunque, un cammino lungo un anno, nell’arco del quale l’inchiesta si è conclusa con importanti risultati. Le raccomandazioni, approvate con 505 voti favorevoli, 63 contrari e 87 astensioni, sono frutto del lavoro della Commissione speciale. Tentiamo allora di far luce sui contenuti principali della Risoluzione (2018/2121/INI)3.

Innanzitutto il documento prende le mosse da un’analisi dei costi ingenti derivanti dall’evasione e dall’elusione fiscale dei singoli Stati. Le premesse ci mostrano una realtà numerica non incoraggiante: le ultime stime dell’evasione fiscale complessiva nell’Unione Europea indicano una cifra di circa 825 miliardi di euro all’anno4.

Un altro studio richiamato nella Risoluzione ricorda come l’elusione fiscale di soli sei Stati membri dell’UE sia in grado di comportare una perdita pari a 42,8 miliardi di euro di gettito fiscale a carico altri 22 Stati membri5, il che significa che la posizione di contribuenti netti di tali Paesi può essere controbilanciata dalle perdite che essi infliggono alla base imponibile degli altri Stati membri.

Si osserva, ad esempio, che i Paesi Bassi impongono un costo netto all’Unione nel suo complesso pari a 11,2 miliardi di euro e ciò implica che il Paese priva gli altri Stati membri di gettito fiscale a beneficio delle multinazionali e dei loro azionisti. Si tratta di una ovvia conseguenza di una politica fiscale piuttosto aggressiva.

E vi è di più, perché in tal senso si ricorda che la Commissione Europea ha censurato sette Stati membri – Belgio, Cipro, Ungheria, Irlanda, Lussemburgo, Malta e Paesi Bassi – per le lacune riscontrate nei loro sistemi fiscali, le quali agevolano la pianificazione fiscale aggressiva, affermando che tali politiche compromettono l’integrità del mercato unico europeo.

In più, uno studio recente6 ha classificato cinque Stati membri dell’UE come “Paradisi fiscali per le imprese”: Cipro, Irlanda, Lussemburgo, Malta e Paesi Bassi. L’invito alla Commissione – da parte del Parlamento – è quello allora di continuare a considerare tali Paesi in questo status, almeno fino a quando essi non abbiano intrapreso sostanziali e strutturali riforme fiscali.

Il Parlamento, inoltre, ha giustamente sottolineato – nel delicato ambito della prevenzione del riciclaggio, dell’evasione e della elusione fiscale – la posizione dell’Unione Europea in qualità di leader globale. Ne è derivato – nella Risoluzione – un forte richiamo all’UE e agli Stati membri affinché assumano, a seguito di un coordinamento ex-ante, un ruolo di leadership nella lotta globale contro l’evasione fiscale, la pianificazione fiscale aggressiva e il riciclaggio di denaro, in particolare tramite iniziative della Commissione in tutti i consessi internazionali pertinenti, fra cui le Nazioni Unite, il G20 e l’OCSE, che hanno rivestito un ruolo chiave relativamente alle questioni fiscali, in particolare dopo la crisi finanziaria internazionale.

A questo punto segnalo le determinazioni più rilevanti poste al voto del Parlamento, con le possibili opzioni future e le criticità.

  • L’istituzione di un organismo fiscale intergovernativo nel quadro delle Nazioni Unite. La soluzione è tanto ambiziosa quanto – a mio avviso – difficile a realizzarsi nella pratica. Tale organismo dovrebbe essere dotato di risorse adeguate, di mezzi sufficienti e, se del caso, di poteri esecutivi.

Esso – negli intendimenti del Parlamento – dovrebbe garantire la partecipazione di tutti i Paesi su un piano di parità e tendere all’elaborazione, e alla riforma, di una vera e propria “agenda fiscale globale”7. I passi da compiere in questa direzione richiedono senza dubbio tempi ragionevolmente lunghi.

Altro punto delicato – e senz’altro più attuabile – della determinazione parlamentare riguarda l’esortazione, agli Stati membri, a rivedere e ad aggiornare gli accordi fiscali bilaterali tra questi ed i Paesi terzi per colmare le scappatoie che incentivano le pratiche di scambio di titoli dettate da ragioni fiscali ai fini dell’elusione fiscale. La tematica è di stretta attualità anche per il nostro Paese. L’Italia ha attualmente in sospeso le negoziazioni con la Svizzera per la revisione del Trattato sulle doppie imposizioni e, negli scorsi giorni, si è impegnata con il Governo cinese, fra le altre cose, a una revisione della Convenzione sulla doppia imposizione (già esistente e risalente al 1986), nell’ambito degli accordi istituzionali sulla Belt and Road Initiative. Dunque, la massima cautela nelle negoziazioni con i cinesi sarà d’obbligo anche alla luce di questa esortazione europea.

  • Maggiore protezione per gli informatori e i giornalisti investigativi che denunciano reati fiscali. Ciò si tradurrà, prevedibilmente, in misure di protezione a favore dei cosiddetti Whistleblowers, ai quali dovrebbe essere destinata anche una serie di risorse economiche per incoraggiare le loro indagini (Fondo UE).
  • Invito alla Commissione ad avviare senza indugio i lavori su una proposta volta a istituire, da un lato, una forza di polizia finanziaria europea e, dall’altro, in parallelo e non in subordine una intelligence finanziaria comunitaria.

Quanto al primo dei due obiettivi indicati, il nostro Corpo della Guardia di Finanza ben si potrebbe prestare, a mio avviso, a modello per la istituzione di un Organo Comunitario di Polizia economico-finanziaria.

La Guardia di Finanza già svolge, nei confini nazionali, il ruolo di referente privilegiato e principale garante degli interessi finanziari dell’Unione Europea. E lo svolge da tempo: basti pensare a quanto contenuto nella Legge n. 68 del 19 marzo 2001. Inoltre, un modello significativo e puntuale da un punto di vista organizzativo e delle competenze possibili – in mancanza di studi europei sull’argomento, giova precisarlo – potrebbe essere rappresentato dal nostrano Nucleo Speciale Repressione Frodi Comunitarie, il quale svolge, tra l’altro, attualmente, minuziose attività di intelligence nella sua duplice funzione, cioè quella di assicurare:

  • l’analisi strategica, attraverso lo studio degli elementi generali del fenomeno d’interesse, in modo da orientare la successiva azione di polizia preventiva o repressione;
  • l’analisi operativa, che si fonda su elementi concreti in base ai quali vengono poi approfonditi gli aspetti investigativi dei casi specifici e fornite dettagliate ipotesi di lavoro, per indirizzare in maniera opportuna ed efficace l’indagine.

Dunque, preso atto che il meccanismo di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri in questa materia non si rivela più sufficiente, un altro passo che si potrebbe rivelare utile, sebbene non facilmente attuabile, in un prossimo futuro, per una efficace tutela penale degli interessi finanziari comunitari dovrebbe essere – di questo, beninteso, non vi è traccia nel documento approvato dal Parlamento – anche l’istituzione di una Procura Europea, in veste di organo indipendente. Vero è però che l’istituzione di una Procura Europea non sarebbe un’idea nuova. Anzi, è un’idea che non è stata sufficientemente coltivata, a mio avviso.

La sua istituzione – con la proposta di renderla competente, almeno in prima battuta, soltanto nella pur rilevantissima materia delle frodi comunitarie – veniva auspicata già nel 20138.

Resterà, infine, da chiarire – e anche questo punto delicato richiederà tempi certamente non brevi – se l’Organo di Polizia Economica dovrà dotarsi (come è più probabile) di un ordinamento di tipo civile ovvero, più difficilmente, di tipo militare. Mi sembra, infine, il caso di ricordare che attualmente esiste un Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode (noto come OLAF), il quale, tuttavia, è un Organo, attualmente il solo creato in seno al Consiglio d’Europa, che effettua indagini amministrative sull’uso dei Fondi dell’Unione Europea, con risultati comunque non trascurabili: le cifre ufficiali parlano, per gli anni 2000-2017, di un contributo dell’OLAF al recupero di circa 6,6 miliardi di euro di budget comunitario9.

Anche il secondo obiettivo indicato – l’istituzione di un organismo di Intelligence economica di tipo comunitario – appare senza dubbio auspicabile, anche tenendo conto del fatto che da un documento della Commissione Europea (26 giugno 2017) è emerso a chiare lettere quanto sia urgente e necessario migliorare la cooperazione tra le Unità di Intelligence Economica dei Paesi Membri (SWD 2017 0275). Evidentemente, la Piattaforma Europea delle Unità di Intelligence (EU FIUs’ Platform)10 si sta rivelando ormai insufficiente nella raccolta e nello scambio indispensabile delle informazioni.

  • Istituzione di un organismo di controllo antiriciclaggio UE

In questo ambito va dato atto all’UE di aver profuso in tempi recenti uno sforzo notevole e un intenso lavoro di produzione normativa. Recentemente vi è stata l’adozione della quarta (AMLD4)11 e della quinta (AMLD5)12 revisione di alcune Direttive antiriciclaggio, oramai divenute inadeguate.

L’istituzione di un organismo di controllo antiriciclaggio su base comunitaria appare, a mio parere, tanto più urgente se si consideri che il fenomeno è oramai dilagante e pericolosamente collegato anche al finanziamento di organizzazioni terroristiche a matrice religiosa – e il discorso, assai complesso, non può qui che essere solamente accennato – e poi si osserva che in alcuni Stati Membri non sempre vi è sufficiente ed efficace volontà politica e capacità di combattere la criminalità finanziaria. Qui basti ricordare che 19 luglio 2018 la Commissione ha deferito la Grecia e la Romania alla Corte di giustizia dell’Unione europea per il mancato recepimento della quarta direttiva antiriciclaggio nella legislazione nazionale.

Le Direttive su indicate costituiscono un passo importante ai fini del miglioramento degli sforzi dell’Unione per contrastare il riciclaggio dei proventi delle attività criminali e combattere il finanziamento delle attività terroristiche: il quadro dell’Unione europea in materia di lotta antiriciclaggio si basa principalmente su un approccio preventivo, con particolare attenzione all’individuazione e alla segnalazione di operazioni sospette.

L’Irlanda ha recepito solo una parte molto limitata delle norme della direttiva ed è stata deferita anch’essa alla Corte di giustizia. Il 7 marzo 2019 la Commissione ha inviato un parere motivato all’Austria e ai Paesi Bassi e una lettera di costituzione in mora alla Repubblica ceca, all’Ungheria, all’Italia, alla Slovenia, alla Svezia e al Regno Unito per il mancato recepimento integrale della 4a direttiva antiriciclaggio. Anche questa raccomandazione va nel solco di azioni già intraprese in ambito comunitario. Mi preme qui ricordare che il 12 Settembre è stata pubblicata una Comunicazione della Commissione Europea tesa a rinsaldare la collaborazione comunitaria in tema di antiriciclaggio (COM 2018 0645).

E in ultimo – ma non da ultimo – soltanto due settimane fa, a dimostrazione dell’urgenza e indifferibilità di soluzioni finalmente concrete e risolutive, che tuttavia a parere di chi scrive verranno intraprese dal prossimo Parlamento, è stata varata una Risoluzione sull’urgenza di una lista nera UE di Paesi Terzi a norma della Direttiva antiriciclaggio13.

Infine, qualche considerazione anche numerica sull’operato della Commissione e del Consiglio europeo. Va senz’altro nella direzione giusta il fatto che nel corso dell’attuale legislatura la Commissione abbia presentato ben 26 proposte legislative volte a eliminare lacune normative, a migliorare la lotta contro i reati finanziari e la pianificazione fiscale aggressiva e ad aumentare l’efficienza nella riscossione delle imposte e l’equità fiscale.

Per contro, è ritenuta, anche nel documento, deludente la mancanza di progressi in seno al Consiglio in merito a importanti iniziative in materia di riforma dell’imposta sulle società che non sono ancora state completate a causa della mancanza di un’autentica volontà politica. Del resto, finanziamento del terrorismo a parte, la priorità urgente è ridurre il divario fiscale derivante dalla frode e dall’evasione fiscale, dalla pianificazione fiscale aggressiva e dal riciclaggio di denaro e il loro impatto sui bilanci nazionali e dell’UE, al fine di garantire parità di condizioni ed equità fiscale tra tutti i contribuenti, lottare contro l’aumento della disuguaglianza e rafforzare la fiducia nel processo democratico di elaborazione delle politiche, garantendo che gli autori delle frodi non dispongano di un vantaggio fiscale competitivo rispetto ai contribuenti onesti.

I tempi, dunque, per l’istituzione di una …”Guardia di Finanza” europea appaiono più che mai maturi.

Si va verso una Guardia di Finanza europea

 

1 Qui il Comunicato Stampa: http://www.europarl.europa.eu/news/it/press-room/20190321IPR32109/crimini-fiscali-i-deputati-chiedono-una-forza-di-polizia-finanziaria-europea

2 http://www.europarl.europa.eu/committees/it/tax3/home.html

3 http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P8-TA-2019-0240+0+DOC+XML+V0//IT

4 http://www.taxresearch.org.uk/Documents/EUTaxGapJan19.pdf

5 G. Zucman, La ricchezza nascosta delle nazioni, trad. it., Torino, 2017

6 https://www.oxfam.org/en/research/hook-how-eu-about-whitewash-worlds-worst-tax-havens

7 Cfr. Risoluzione del Parlamento europeo del 6 luglio 2016 sulle decisioni anticipate in materia fiscale (tax ruling) e altre misure analoghe per natura o effetto (GU C 101 del 16.3.2018, pag. 79) e raccomandazione del Parlamento europeo del 13 dicembre 2017 al Consiglio e alla Commissione a seguito dell’inchiesta in relazione al riciclaggio di denaro, all’elusione fiscale e all’evasione fiscale (GU C 369, dell’11.10.2018, pag. 132).

8 https://www.atlasweb.it/2014/03/13/una-procura-europea-contro-frodi-comunitarie-e-reati-transnazionali-579.html

9 https://ec.europa.eu/anti-fraud/investigations/fraud-figures_it

10 Per saperne di più, rinvio il Lettore all’indirizzo internet https://www.europol.europa.eu/about-europol/financial-intelligence-units-fiu-net

11 Direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione (GU L 141 del 5.6.2015, pag. 23).

12 Direttiva (UE) 2018/843 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, che modifica la direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo e che modifica le direttive 2009/138/CE e 2013/36/UE (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 43).

13 Testi approvati, P8_TA-PROV(2019)0216

*Docente a contratto Università degli Studi Roma Tre, ex Ricercatrice CEMISS

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