Di Maria Stefania Cataleta*
L’AJA. Il procedimento contro Osama El-Masry Njeem davanti alla Corte penale internazionale (CPI) si è incardinato nel 2011, a seguito della risoluzione 1970 del 26 febbraio 2011 del Consiglio di Sicurezza (CdS) delle Nazioni Unite (NU) con cui quest’organo ha deferito alla CPI la situazione in Libia.

Il Generale libico Njeem Osama el-Masry
Si tratta di uno dei rari casi in cui la CPI può essere adita su iniziativa dell’organo supremo delle Nazioni Unite chiamato ad assicurare la pace e la sicurezza internazionale ai sensi dell’art. 24 della Carta dell’ONU.
Di solito un caso viene deferito alla Corte su referral degli Stati Parti allo Statuto della CPI o motu proprio dal Procuratore.

La sede della Corte Penale Internazionale
Questa premessa è di non poco momento quando parliamo dell’obbligo di cooperazione degli Stati nella cattura e consegna di presunti autori di crimini internazionali di competenza della Corte.
Quest’obbligo incombe sugli Stati Parti, ma quando la CPI viene adita dal Consiglio di Sicurezza, allora sono tutti gli Stati delle Nazioni Unite ad essere obbligati e non più solo gli Stati Parti allo Statuto di Roma, ovvero della CPI.
Quando l’inottemperanza di uno Stato agli obblighi di cooperazione non avviene riguardo ad un procedimento avviato su impulso del CdS, allora della mancata cooperazione sarà informata l’Assemblea degli Stati Parti, ma nel caso inverso sarà il CdS ad essere informato e sarà quest’ultimo a decidere quali iniziative prendere nei confronti della Stato inadempiente. Quindi, in quest’ultima ipotesi, possiamo dire che la mancata cooperazione di uno Stato con la CPI è più grave.
Fatta questa premessa, El-Masry è perseguito dalla giustizia penale internazionale per aver presumibilmente commesso, nella sua qualità di capo della struttura carceraria libica di Mitiga, crimini contro l’umanità, tra cui tortura (art. 7(1)(f) dello Statuto di Roma), stupro e violenza sessuale (art. 7(1)(g)), persecuzione (7(1)(h) ed altro, e crimini di guerra, tra cui omicidio (art.8(2)(c)(i)), trattamento crudele (art. 8(2)(c)(i)) ed altro.
I crimini sarebbero stati commessi sia personalmente dall’indagato che, su suo ordine o assistenza, da parte dei membri delle Forze di deterrenza speciali (le SDF/FRADA) ai danni di detenuti perseguiti per motivi religiosi o accusati di comportamenti immorali, come l’omosessualità, o accusati di affiliazione a gruppi armati rivali.
Il mandato di arresto della CPI è stato emesso il 18 gennaio scorso e trasmesso a sei Stati Parti tra cui l’Italia, che ha eseguito l’arresto il giorno seguente, trovandosi il sospettato a Torino in quel momento.
Per un asserito problema procedurale, il 21 gennaio, El-Masry è stato rilasciato dalle autorità italiane e riportato in Libia con un volo di Stato.
Nei casi di problematiche sorte nella procedura nazionale di esecuzione della custodia cautelare, è obbligo dello Stato Parte di informare tempestivamente la Corte, ciò che non pare sia avvenuto, stante il repentino accompagnamento del sospettato in Libia.
Ma a quanto pare, vi sarebbe dovuto essere un intervento del Guardasigilli, il quale non può non essere coinvolto, essendo l’organo nazionale preposto ad interloquire con la CPI in casi come questi.
E’ ovvio dunque, che vi sia stato un cortocircuito in questa vicenda, in cui le cose non hanno funzionato come per il caso Sala, in cui vi è stato un coordinamento tra diverse autorità, sia nazionali che estere.
Si sostiene da fonti ufficiali che, più che una liberazione, si sia trattato dell’espulsione di colui che era ritenuto un pericoloso criminale anche dalle autorità italiane, ma si ipotizza anche che alla base del rilascio di Elmasry vi siano accordi sulla gestione dei migranti provenienti dalle carceri libiche.
Fatto sta che, dopo la fuga rocambolesca di Artem Uss in Russia, dai suoi arresti domiciliari in Italia, questa è un’altra défaillance del sistema giudiziario italiano, il che non giova alla nostra reputazione sul piano internazionale.
*Docente di International criminal law presso la LUMSA e avvocato accreditato alla Corte penale internazionale
©️ RIPRODUZIONE RISERVATA