Repubblica Democratica del Congo, 16 anni fa l’Operazione Artemis per porre fine ad un crisi umanitaria. Una missione europea a sostegno dell’ONU

Kinshasa. Sei anni fa, l’Operazione Artemis pose fine alla crisi nell’Ituri, nel Nord-Est della Repubblica Democratica del Congo (RDC).

Soldati impegnati nell’Operazione Artemis

Il conflitto vide di fronte le etnie Lendu, agricoltori, ed Hema, pastori, nel distretto dell’Ituri nel Nord-Est della Repubblica Democratica del Congo.

Lo scontro ha avuto molteplici fasi, ma i contrasti armati più recenti avvennero tra il 1999 ed il 2003, con un conflitto di bassa intensità che protrasse fino al 2007.

Il conflitto che fu profondamente complicato dalla presenza di numerosi gruppi armati che parteciparono alla Seconda Guerra del Congo. Oltre che dall’alto numero di armi di piccolo taglio nella regione, dalla corsa ad accaparrarsi le abbondanti risorse naturali dell’area e dalle tensioni etniche nelle aree circostanti.

L’etnia Lendu è stata prevalentemente rappresentata dal Fronte Nazionalista ed Integrazionista (FNI), mentre l’Unione dei Patrioti Congolesi (UPC) reclamava di combattere a nome degli Hema. Più di 50 mila persone morirono nel corso di questi scontri e centinaia di migliaia lasciarono le proprie case.

La fuga dei profughi

La missione è partita, nel 2003, sotto la bandiera europea. Era Forza multinazionale dove la Francia aveva fornito la maggior parte delle risorse per garantire la sicurezza dei campi profughi (dove erano ospitate 7 mila oersone), il riavvio dell’aeroporto di Bunia, nonché la protezione del popolazioni civili e personale della missione ONU e delle organizzazioni umanitarie.

Parigi contribuì, grazie ad un “approccio globale”, ad evitare una crisi umanitaria.
L’impegno della forza dell’Unione Europea mise così fine a mesi di sanguinosi combattimenti tra i gruppi etnici Hema e Lendu. Tale impegno era stato deciso dalla risoluzione 1484 delle Nazioni Unite, del 30 maggio 2003.

Il 12 giugno successivo, il Consiglio europeo dette il via, formalmente, alla missione decidendo di intervenire ad Ituri.

Come fase preliminare, un gruppo di pianificazione multinazionale e multidisciplinare aveva sviluppato un piano operativo, approvato dalla UE il 5 giugno .

Il piano consisteva nell’istituire ed impiegare in anticipo una Forza multinazionale incaricata di creare le condizioni necessarie e sufficienti per la ripresa del controllo della regione da parte della missione ONU (MONUC – https://peacekeeping.un.org/mission/past/monuc/).

Uno spiegamento della maggior parte delle truppe, in funzione di avanguardia, fu schierato a Bunia dal 6 giugno.

L’intero contingente Artemis costituito da circa 2 mila militari si stabilì, da un lato a Bunia (centro dell’operazione), sotto forma di un Gruppo Tattico multinazionale intergovernativo (GTIAM) e dall’altro ad Entebbe (Uganda) sotto forma di una base di supporto.

Il 6 settembre 2003, l’Unione europea passò tutto sotto le bandiere della missione delle Nazioni Unite, denominata MONUC.

A distanza di 16 ani possiamo evidenziare come l’Artemis sia stata la prima operazione militare europea in Africa, nella quale la NATO non ci mise né le mani né la volontà politica.

Il campo era tutto in mano a Francia, Belgio e Regno Unito. La Forza militare è intervenuta sotto la copertura del Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, che le ha conferito, oltre a una legittimità indiscutibile, un mandato robusto, una condizione sine qua non per un intervento di successo in una regione particolarmente instabile.

Importante anche il ruolo avuto oltre che dall’ONU anche dalla Unione europea  e dalla Repubblica Democratica del Congo.

Con l’Operazione Artemis tutti gli organi decisionali della UE hanno lavorato bene insieme.

A livello strategico, il Comitato politico e di sicurezza (CPS), capo del Comitato militare dell’Unione europea (EUMC), è stato assistito per gli aspetti tecnici dallo Stato maggiore dell’UE (EUMS). A livello esecutivo, Il Generale di Divisione francese Neveux che era a capo di un Quartier generale operativo (OHQ) a Parigi, ha designato il Generale di Brigata, anche lui francese Thonier, come comandante della forza, con sede a Bunia.

Artemis era un’operazione puramente europea (con la partecipazione di nazioni non europee come Brasile, Canada e Sud Africa), indipendentemente da qualsiasi intervento della NATO.

Un soldato canadese si addestra al fuoco

L’Artemis ha evidenziato anche alcuni dati negativi quali una timida cooperazione nello scambio di informazioni, mancanza di standardizzazione delle attrezzature, mancanza di mezzi di trasporto strategici.
Sia in termini politici che diplomatici, i successi dell’operazione Artemis sono stati considerati indiscutibili e hanno probabilmente ispirato i progettisti dei “gruppi tattici dell’UE” (EUBG).

E’ vero che oggi, sul terreno, la situazione della sicurezza rimane precaria, se non molto instabile.

Resta da discutere il ruolo della MONUSCO – https://monusco.unmissions.org – ex MONUC – nell’utilizzare tutte le risorse del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite e quello dell’Unione europea che, partendo dal successo militare, è voluta arrivare ad un processo di cooperazione allo sviluppo sostenibile.

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