Di Michele Pavan*
Roma. Un unico Stato con infiniti volti è la Repubblica Democratica del Congo (RDC) che da 60 è coinvolta in una permanente condizione di instabilità.
Dal 1961, con l’assassinio di Patrice Lumumba e l’inizio della prima crisi congolese, assunse il controllo Mobutu Sese Seko figura identificata per la salvaguardia degli interessi occidentali dell’area, in particolare di Stati Uniti d’America e Francia, mantenendolo sino alla fine degli anni ‘90.
Nel corso degli anni riuscì, di facciata, ad interpretare le necessità del Paese, dapprima con il sostegno degli alleati esterni e, successivamente quale rappresentante della democrazia e della responsabilità, non riuscendo però ad affrontare le complessità delle questioni interni, come la gestione delle risorse, il controllo dello stato e cittadinanza di diversi gruppi etnici.
Con il genocidio in Ruanda e il conseguente riflesso dell’instabilità nella situazione interna della RDC a causa del flusso di migranti nell’area del Kivu – Nord, Mobutu vide la fine del suo controllo apparente, aprendo le porte ad un controllo del Paese degli allora alleati Ruanda e Uganda che favorirono l’insediamento quale nuovo Presidente Laurent Kabila.
Nonostante il supporto iniziale dei Paesi confinanti, il nuovo Presidente si trovò presto da solo beneficiando, però, di altri Stati africani: l’Angola, potenza militare dell’area, Namibia e Zimbabwe che perseguirono singolarmente i propri obiettivi nell’area.
A causa dell’instabilità della regione, la presenza delle Nazioni Unite risale agli anni ’60, con successive missioni nel 1999 e nel 2010, quando è stata avviata la missione MONUSCO (Missione delle Nazioni Unite per la Stabilizzazione nella Repubblica Democratica del Congo), ancora oggi attiva, nonostante i ripetuti desideri degli esponenti governativi di respingere la presenza dei Caschi blu.
Tre anni dopo, nel 2013, è stata avviata la prima Forza di combattimento delle Nazioni Unite: l’Intervention Brigade, unicamente composta da truppe africane al fine di neutralizzare e disarmare i movimenti ribelli nelle regioni orientali sempre più presenti e spietati ai danni della popolazione civile.
I recenti episodi, che hanno visto coinvolto il convoglio del World Food Programme dove sono rimasti uccisi l’Ambasciatore Luca Attanasio, il Carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista Mustapha Milambo e il più recente in cui è stato ucciso il magistrato Hassani, hanno acceso i riflettori sull’area.
I tragici eventi sono accaduti al confine tra RDC e Ruanda, ritenendo colpevoli dell’atto le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR).
Si tratta del principale gruppo di ribelli ruandesi di etnia Hutu, composto da vari gruppi di profughi scappati dopo il genocidio che ha coinvolto il loro Paese.
Non sono, però, da escludere altri attori dell’area.
Secondo il rapporto di luglio 2020 di Human Rights Watch, sono avvenuti 170 rapimenti a scopo di riscatto da parte di bande armate più o meno grandi, anche di persone straniere, come avvenuto nel 2018 con due turisti britannici.
Nello stesso tempo i ribelli Mai (Milizie di autodifesa autoctone), lo scorso 10 gennaio hanno attaccato i Rangers che controllano l’area del parco al confine tra i due Paesi.
È importante ricordare che sono presenti 120 gruppi armati nel RDC che si scontrano sistematicamente con le Forze armate congolesi o con i Caschi blu per diversi motivi: per la necessità di procurarsi mezzi di sopravvivenza estraendo le risorse e combattendo per il controllo del territorio, anche se, spesso, nono sono gli unici a contrabbandare i materiali preziosi, poiché anche i soldati dell’Esercito regolare contrabbando le materie prime all’estero, in particolare nel vicino Ruanda.
Le aree dell’Africa sono fortemente demilitarizzate, ad eccezione di alcune zone limitate che vendono la presenza circoscritta di Forze Armate francesi e di alcuni Paesi occidentali, permettendo così, un processo di affiliazione ai gruppi armati molto più semplice.
Anche un eventuale intervento delle Forze Armate sarebbe caratterizzato da una difficoltà operativa estesa, poiché sono aree poco conosciute con usanze e movimenti di tribù ed etnie molto diversi tra loro e dalle aree dove tradizionalmente operano le Forze Armate occidentali.
È, dunque, fondamentale un supporto dei diversi gruppi etnici per condurre un’attività efficiente.
Tra i gruppi armati, vi è un gruppo che, dal 2020, ha sempre più controllo dell’area.
Si tratta delle Forze democratiche alleate (ADF), milizia islamica-estremista islamica di origine ugandese attiva dal 1996 anche in RDC che negli ultimi anni.
LADF ha intensificato le violenze contro la popolazione, probabilmente anche grazie a legami stretti con organizzazioni terroristiche quali Al Qaida o DAESH
Secondo il Kivu Security Tracker nel solo febbraio scorso, escluso il caso dell’attacco al convoglio del WFP di cui non si hanno notizie certe, l’ADF ha svolto tre attacchi, il 14, il 15 e il 17, causando 17 vittime.
Daesh, già sotto la guida di Al-Baghdadi si era promesso di espandersi nell’area equatoriale dove i terroristi beneficiavano e, tuttora beneficiano, delle leve sociali ed economiche con le quali influenzano le menti degli abitanti locali.
Come indicato recentemente nella relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza 2020, presentata dal Dipartimento Informazioni per la Sicurezza: “Il 2020 ha visto la strategia di DAESH dipanarsi lungo tre principali direttrici: rivitalizzazione dell’attività insorgente in Iraq e Siria; decentralizzazione in favore delle articolazioni regionali in Africa e in Asia; rilancio del conflitto simmetrico in crisi d’area e teatri di jihad.”
“La formazione – si legge ancora nella relazione – ha mostrato, inoltre, un rinnovato attivismo mediatico. Nel 2020 i Paesi saheliani hanno registrato un nuovo incremento della violenza. Si è trattato di eventi di diversa natura: etnico-tribale, anti-occidentali e, soprattutto, di matrice jihadista (più del 60% rispetto al 2019, con circa 4.300 vittime, secondo l’Armed Conflict Location and Event Data Project (ACLED)”.
La via per conoscere la causa dei terribili fatti avvenuti è, dunque, ancora molto lunga e difficoltosa, ogni ipotesi è ancora valida, saranno solo le indagini delle autorità a poter fare chiarezza sull’accaduto.
*Presidente Mondo Internazionale
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