Riforma pensionistica, il progetto di legge dei deputati D’Uva e Molinari evidenzia un’enorme confusione per le Forze Armate e di Polizia

Di Alessandro Monaco*

Roma. Il progetto di legge presentato dagli onorevoli Francesco D’Uva (Movimento Cinque Stelle) e Riccardo Molinari (Lega) ha finalmente chiarito il pensiero dei due partiti aventi maggioranza parlamentare sull’annosa vicenda delle cosiddette “pensioni d’oro“.

Francesco D’Uva (Movimento Cinque Stelle)

Tracciato in perfetta linea con il concetto espresso dal ministro Luigi Di Maio che ha definito “parassiti sociali“ i percettori di una pensione calcolata con il metodo retributivo di importo maggiore ai 4 mila euro netti mensili, cioè oltre gli 80 mila lordi annui. Mentre, ed è strana questa svista, laddove la medesima metodologia retributiva è di fatto applicata a importi inferiori, i loro percettori non risultano meritevoli di tale dispregiativa aggettivazione.

Riccardo Molinari (Lega)

Quindi, parassiti sono non tutti coloro che percepiscono aliquote retributive, ma solo coloro che le percepiscono superando quel limite di cui sopra. Una norma diviene errata se permette il superamento di una certa soglia.

Trionfo del Diritto!

Trionfo a cui, a quanto è dato sapere, ha partecipato anche Fratelli d’Italia con un approccio analogo, proprio un anno fa. Ma chissà perché, la Meloni restringeva il bacino dei parassiti a coloro che percepiscono una pensione superiore ai 5 mila netti. Evidentemente esiste incertezza su chi siano i parassiti in Italia e in base a quale soglia li si debba considerare tali.

In buona sostanza, secondo Di Maio e dintorni, basta percepire un euro in più rispetto ai 79.999 lordi e si diviene parassiti. Incredibile!

Pertanto, quelli del “cambiamento” ci insegnano che il dettame dell’articolo 3 della Costituzione che riguarda il concetto di uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge e che, quindi, sancisce che la legge vada applicata a tutti i cittadini, debba essere interpretato in modo difforme quando si passa a formulare norme per l’attribuzione del trattamento pensionistico.

Trionfo del Diritto!

Si scopre anche il significato che il “cambiamento” attribuisce al criterio di progressività sancito dall’articolo 53 della Costituzione. Tale criterio, infatti, sarebbe da intendere applicabile soltanto a partire da una determinata soglia reddituale, anche se stabilita arbitrariamente.

Trionfo del Diritto!

Si tratta di un documento scritto con scarsa attenzione e con prepotente presunzione. Superficiale. Una proposta che, se approvata, inciderebbe “sulla carne” dei cittadini ma che, inoltre, provocherebbe l’appiattimento di tanti trattamenti pensionistici sulla soglia di salvaguardia degli 80 mila. Ad esempio, chi oggi percepisce una pensione di 100 mila euro lordi, a causa di questi arbitrari ed astrusi calcoli, la vedrebbe ridotta a 78 mila. Cifra che, vivaddio, sarebbe salvaguardata agli 80 mila, nella stessa misura di chi ne avrebbe percepito inizialmente 90 mila.

Appiattimento realizzato a spregio del percorso professionale e dei sacrifici affrontati per migliorare il proprio status. Alla lunga, molti potrebbero essere portati a dire: ma chi me lo fa fare a impegnarmi ovvero a rendermi disponibile ovvero, infine, a sacrificare anche la mia famiglia? Perché servire lo Stato dando il massimo delle proprie energie se poi il trattamento pensionistico sarà tutto uguale per una determinata fascia e sarà stabilito con criteri arbitrari?

Da Soldato, che ha servito con fierezza, orgoglio e dedizione la mia Patria, tutto ciò è inconcepibile.

Singolare, ma anche preoccupante, è poi il fatto che il ministro della Difesa Elisabetta Trenta abbia taciuto, evitando di mettere in evidenza che il personale delle Forze Armate (come lo è per le Forze di Polizia) non può, pur volendolo, andare in pensione a 67 anni d’età. Per esso, infatti, in base al grado rivestito, la legge impone specifici limiti d’età. Pertanto, non si capisce perché nel calcolo previsto dalla proposta di legge vengano applicate tabelle che prevedono limiti più alti.

Ora, passi, ma non troppo, per i due vice Ministri, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, forse troppo distratti per l’incessante campagna elettorale che loro ritengono sia ancora in atto. Ma il nostro ministro della Difesa, anche in quanto Ufficiale della Riserva Selezionata, come fa a non conoscere la specificità del mondo militare? E che collaboratori ha?

I capi Gabinetto, mi chiedo ancora, letta la proposta in esame, hanno telefonato al rispettivo ministro spiegando che quel progetto di legge non è in linea, se non altro con le leggi regolanti lo stato giuridico del personale della Difesa e delle Forze di Polizia? Questo non è dato da sapere, come non si conoscono ancora quali siano stati gli interventi da parte dei vertici militari a tutela degli interessi dei “parassiti” con le stellette. Ad oggi, mi pare, solo un amaro silenzio.

La relazione illustrativa è un capolavoro. Dalla sua lettura emerge l’interpretazione data al principio costituzionale della irretroattività della legge ed il rispetto che si ha dei pronunciamenti della Corte Costituzionale, che vengono sì riportati ma applicati con interpretazioni molto discutibili.

Infatti, a pagina 3 della citata relazione, riprendendo alcuni pronunciamenti della Corte Costituzionale, è riportato che eccezionalmente possono essere introdotte leggi retroattive riportanti interventi peggiorativi sul settore pensionistico purché siano valutati non irrazionali e non lesivi in modo eccessivo dell’affidamento del cittadino e che al legislatore non è interdetta la possibilità di emanare disposizioni modificative in senso sfavorevole, ove esse non siano arbitrarie, ovvero risultino improntate a carattere di ragionevolezza e proporzionalità.

A tal punto sorge un grave dubbio, se cioè nessuno mai dei capoccioni politici abbia letto attentamente la norma proposta prima che venisse depositata e verificato praticamente la portata di essa sui trattamenti pensionistici. Infatti, può essere mai che venga considerato un taglio a posteriori di ben il 20% “non lesivo in modo eccessivo dell’affidamento del cittadino“? E poi, il limite degli 80 mila è certo che sia ragionevole o è arbitrario? Infine, l’appiattimento di cui sopra risponde veramente al criterio di proporzionalità?

Il lettore comprenderà come una qualsiasi persona amante del diritto possa rispondere a questi interrogativi.

Ovviamente, la relazione, citando i predetti pronunciamenti del Giudice delle Leggi, omette la parte in cui è chiaramente indicato che eventuali norme correttive e penalizzanti debbano avere altresì durata limitata nel tempo. Un passaggio direi non di poco conto.

Singolare poi il fatto che, per superare le censure espresse dalla Corte Costituzionale nella sentenza numero 116 del 3 giugno 2013, si sia richiamato il principio di solidarietà. Va pure bene, ma allora non si comprende come mai tale principio debba essere applicato soltanto al settore pensionistico. Mistero.

Trionfo del Diritto!

Poi, continuando nella lettura di questa relazione illustrativa, si scopre che gli autori siano convinti e vogliano convincere che tutte le pensioni calcolate col sistema retributivo risulterebbero inferiori se fossero calcolate con quello contributivo. Affermazione falsa e, comunque, non dimostrabile per il semplice fatto che, sulla base di riscontri oggettivi, l’INPS non possiede alcun riscontro dei contributi versati prima del 1995 per i pubblici dipendenti, né tantomeno per i militari.

Anche qui è il trionfo della superficialità. Lo sanno gli Onorevoli firmatari che il personale della Difesa e delle Forze di Polizia percepisce un trattamento economico accessorio in base alle varie tipologie d’impiego (ordine pubblico, straordinari, indennità per impiego “fuori area“, impieghi all’estero e così via) e che talvolta è cospicuo e su di esso vengono anche applicate le ritenute previdenziali ed assistenziali (i cosiddetti contributi)?

E lo sanno che prima del 1995 tali ritenute, regolarmente trattenute dall’Erario, non hanno avuto alcun ripercussione sul trattamento di quiescenza, in quanto esso è stato calcolato esclusivamente sugli stipendi e non anche sulle competenze accessorie? E che, quindi, se realmente dovessimo ricondurre il tutto a tutti i contributi versati, ove fossero tutti rilevabili, potrebbero avere delle sorprese? Con tutta evidenza no, lo disconoscono.

Quindi, cari colleghi delle Forze di Polizia e della Difesa, che prima del 1995 avete percepito un legittimo trattamento economico accessorio, e per il quale non avete ricevuto alcuna integrazione alla vostra retribuzione pensionistica, adesso, con questa proposta, ove approvata, vi vedreste nuovamente e maggiormente penalizzati.

Trionfo del Diritto!

Questa, purtroppo, è l’attenzione prestata da parte di questo mondo politico nei confronti di chi ha servito e serve con orgoglio lo Stato ed è chiamato dal Parlamento a difendere i supremi interessi nazionali.

E che dire di tutti coloro che, pur avendo versato i propri contributi per quaranta anni, hanno magari deciso di andare anticipatamente in pensione, per anzianità contributiva, sulla base di leggi dello Stato che gli garantivano un determinato trattamento pensionistico? Per quale motivo dovrebbero essere penalizzati nei confronti di chi in pensione pur a 67 anni ha versato meno anni di contributi perché ha iniziato a lavorare più tardi? Mistero.

Questi sono i criteri meritocratici del “nuovo che avanza“, ed è singolare che anche la “Destra” vi si sia adeguata, alla ricerca di fin troppi facili consensi evidentemente, tradendo molto del proprio elettorato.

Questa concezione chavista è contraria ai giusti criteri meritocratici posti a base delle democrazie occidentali e mi sembra ancora più strano che sia stata abbracciata anche da partiti che ritenevo non avessero nel proprio DNA siffatte sfumature veterocomuniste. Avrò mica sbagliato a votare?

Trionfo del Diritto!

In buona sostanza, tutti noi parassiti sociali dalle pensioni d’oro scopriamo adesso che le leggi secondo le quali ad oggi abbiamo percepito le nostre pensioni possono essere cambiate retroattivamente ed arbitrariamente, senza alcun criterio di ragionevolezza, proporzionalità e soprattutto senza rispetto alcuno del principio di affidamento.

Trionfo del diritto! Quello d’epoca stalinista, però!

A questo riguardo, Gustavo Zagrebelsky, certo non un signor nessuno, presidente Emerito della Corte Costituzionale, nel Manuale del Diritto Costituzionale precisa che per principio di affidamento si intende che “… il singolo deve poter conoscere lo stato deli diritto in base al quale opera e tale stato del diritto non deve poi essere modificato retroattivamente …”.

E ora, sarà il molto caldo con tutta probabilità, si comincia a parlare di contributi sopra i 2 mila mensili lordi, con una ritenuta dallo 0,35% fino al 15% per la sola parte eccedente. Ma eccedente a cosa? E perché?

Quindi, attenzione italiani! La “soglia del parassitismo” tende ad abbassarsi … e a Roma? Non sarà che si stanno cercando i parassiti nei posti sbagliati?

*Generale di Brigata (Ris.), già Ufficiale del Corpo di Amministrazione dell’Esercito

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