Sahel: il covo del terrorismo internazionale. I capi di Stato africani hanno richiesto all’ONU un maggiore impegno della comunità internazionale

Di Valeria Fraquelli

BAMAKO. Il Sahel crocevia del terrorismo La debolezza dei Governi locali fa sì che non ci siano riposte forti al lungo, annoso problema.

La zona del G5 Sahel

Il terrorismo nell’area rischia di destabilizzare tutto il Continente africano. E i progetti di deradicalizzazione e di rieducazione messi in campo, l’impegno delle varie missioni internazionali sono solo una goccia nel mare di violenze e di disordini.

Le testimonianze sono tante. “Ne hanno uccisi molti di più, compresi i bambini – racconta un uomo nel campo profughi dove vivono oltre 1.000 persone intorno alla capitale del Mali -. Ecco perché abbiamo lasciato Mopti”, una città a circa 600 chilometri a Nord-Est di Bamako.

Le vittime del conflitto che colpisce da un decennio il Paese africano continuano ad arrivare numerosi in questi insediamenti.

Il più grande è a a circa 14 chilometri dal centro di Bamako. Sorge su una discarica.

Accoglie più di 3.700 persone, 650 famiglie, ma il numero è in aumento.

“Pochi giorni fa sono arrivate altre due famiglie in fuga dalle violenze”, spiega Bakar, coordinatore locale scelto dagli sfollati che vivono in centinaia di baracche,.

Mopti è situata alla confluenza del Bani con il Niger, la città è un importante porto fluviale ed ospita numerosi cantieri navali.

Venne fondata alla fine del XVIII secolo da un gruppo di pescatori Bozo. Conobbe il suo maggiore sviluppo a partire dal 1919, quando venne istituito il comune ed iniziò a svilupparsi il porto, ed attorno al 1930 divenne il principale scalo marittimo del Paese per la pesca ed il maggior centro di lavorazione ed esportazione di piume di airone, destinate in Europa soprattutto all’utilizzo nella moda, in particolare all’ornamento dei cappelli.

Ma ora è una città dall’aspetto desolante. La gente si chiude in casa spaventata per gli scontri e la violenza che insanguina le strade.

Da quando la giunta militare ha preso il potere la situazione sicurezza è diventata ingestibile e c’è un disperato bisogno di qualcuno che sappia dare speranza, sappia tenere unita la nazione, sia capace di realizzare una buona politica interna ed estera.

Un’operazione antiterrorismo in Mali

Oggi sembra che il Mali si sia anche pericolosamente avvicinato alla Russia di Putin.

I mercenari russi del Gruppo Wagner sono giunti nel Paese chiamati dalla giunta militare presieduta dal Colonnello Assimi Goïta e si sono uniti a questa molteplicità di carnefici.

Tutto questo non fa che aumentare il senso di insicurezza e le violenze. Non dimenticando i disordini e gli scontri tra le varie etnie che aumentano il terrore.

L’avanzata del terrorismo nel Sahel è stata anche al centro del dibattito che si è svolto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, quando i capi di Stato africani hanno richiesto un maggiore impegno della comunità internazionale “nei confronti dei Paesi di tutta l’area, duramente colpiti dall’avanzata jihadista”.

Segno che si teme il dilagare del terrorismo in tutta l’Africa e questo potrebbe creare un’altra crisi umanitaria.

Sono soprattutto il Niger e il Burkina Faso che potrebbero pagare il prezzo più alto se il deflagrare del terrorismo nel Sahel diventasse realtà.

Sono Paesi molto deboli e instabili politicamente e sarebbe facile per gli jihadisti prendere il controllo e instaurare un regime di terrore.

Missione contro il terrorismo nel Sahel

Il Governo del Mali è molto debole e sembra incapace di controllare tutto il territorio.

Le frontiere sono permeabili e permettono ad organizzazioni come lo Stato islamico o Boko Haram di infiltrarsi nella società maliana e creare un clima di violenza e terrore che spinge sempre più persone ad abbandonare il Paese per cercare una vita migliore all’estero.

E tutto questo ha ripercussioni anche su tutti gli altri Stati dell’area. Si tratta di territori molto poveri che non possono difendersi adeguatamente. La destabilizzazione incide sull’economia aumentando la povertà.

Il finanziamento del terrorismo passa dal Mali e dal Sahel soprattutto grazie alle donazioni rituali islamiche.

Il banditismo imperversa e nonostante tutti gli sforzi che sono stati fatti fino ad oggi non esiste ancora una soluzione per dare al Mali, al Sahel e all’intera Africa un futuro di pace e di stabilità.

L’Africa deve perciò essere messa al centro delle scelte di sicurezza internazionale.

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