SPECIALE 4 NOVEMBRE: Memoria, sacrificio e verità. Un libro del Generale Vittorio Antonio Stella racconta la missione ISAF in Afghanistan

Di Anna Maria De Luca 

ROMA. Il 4 novembre, Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, è un’occasione per fermarsi, riflettere e rendere omaggio a tutti coloro che hanno servito e servono il Paese, spesso a costo della vita.

Una data che ricorda la fine vittoriosa della Prima Guerra Mondiale, ma che oggi assume un significato più profondo, legato alla memoria, alla responsabilità e alla resa della verità.

L’armistizio di Villa Giusti

Esiste, infatti, un buco nella memoria collettiva italiana, un vuoto che riguarda fatti destinati all’oblio ma indimenticabili per chi li ha vissuti.

Tutti ricordiamo, per esempio, dov’eravamo l’11 settembre 2001, quando la storia cambiò direzione.

L’attacco alle Torri Gemelle di New York

Ma del seguito, delle missioni, dei volti e dei sacrifici dei nostri militari, restano solo frammenti, immagini fugaci di cerimonie ufficiali o di annunci televisivi.

A ricucire parte di quel buco, con rigore e passione, ci ha pensato il Generale Vittorio Antonio Stella (ris Esercito) che ha vissuto in prima persona quelle vicende e ha deciso di restituirle alla memoria di tutti nel suo libro “Una storia patrimonio di tutti”.

Il Generale Vittorio Antonio Stella (ris Esercito), autore del libro

Un lavoro lungo, certamente complesso quanto coraggioso, animato dal desiderio di verità e giustizia.

Il Generale Stella ha un obiettivo chiaro.

Lo annuncia nelle prime pagine: “l’opera costituisce un mio obbligo di riconoscenza, in veste di loro comandante, al coraggioso operato dei Genieri Guastatori Paracadutisti della Brigata Folgore che con abnegazione, e idealmente avvolti nel tricolore, hanno prestato servizio animati da un credo talvolta superiore al valore della loro stessa vita”.

Un testo che arriva a loro come un forte abbraccio ideale, e ad altri come un macigno.

Soprattutto dopo che gli USA hanno abbandonato l’Afghanistan trascinando con sé tutta la NATO, e per di più lasciando sul terreno le proprie armi in mano ai talebani, oltreché per interrogativi ancora irrisolti.

Che senso dare quindi ai sacrifici dei nostri uomini chiamati ad operare in una missione definita “di pace”?

La copertina del libro

Le risposte sono chiarissime nel libro: “Successivamente al vertice di Praga del novembre 2002, la NATO optò per un approccio globale contro il terrorismo, per intervenire ovunque i propri interessi e le volontà lo richiedessero” (pag. 20); nei fatti “diventava complesso anche per gli addetti ai lavori comprendere quali dovessero essere le normative di riferimento a tutela dell’impiego dei militari, se riconducibile al codice penale di pace o di guerra” (pag.55).

E l’Italia? Le parole dell’autore sono taglienti: “La classe rappresentativa ha dimostrato l’incapacità di comprendere le reali ragioni e i limiti dei conflitti, più impegnati in iniziative di natura mediatica, spesso populistiche, e quindi lontana dal poter analizzare e comprendere le condizioni degli altri popoli, le realtà strategico operative e le premesse per poter adeguatamente sostenere le proprie Forze armate in un processo di pace di lungo periodo” … “l’interesse mediatico prevaleva quindi rispetto all’espressione di reali e adeguate capacità, se non altro perché il ciclo manutentivo degli stessi ulteriori tre elicotteri promessi avrebbe potuto realisticamente consentire di averne solo uno in costanza di operatività…” (pag. 56)… “le adunanze collettive prima della partenza per consentire ai vertici politici di esprimere messaggi da riportare sugli organi di stampa sembravano più assidue e ingombranti che non l’impegno ad analizzare le criticità al fine di poter consentire ai soldati di operare in condizioni di maggiore sicurezza ed efficacia…tali cerimonie apparivano prioritarie, un segno ulteriore dell’efficienza da dover palesare, iniziative che i comandanti di turno rifuggivano dal poter flemmatizzare. Probabilmente le stesse dinamiche relative allo sfoggio di velivoli – sempre gli stessi – e anche di truppe, di cui si legge durante il periodo del ventennio” (pag. 57).

In questo contesto maturò – senza motivazioni esplicite – la particolare decisione di modificare quel che doveva essere la squadra in campo: “In tale clima di euforica onnipotenza unita a limitazioni di risorse finanziarie, umane e materiali, in data 4 febbraio 2009 il Comando Brigata Paracadutisti comunicava la ridotta configurazione degli assetti del Genio deputati alla difesa da ordigni esplosivi improvvisati… senza fornire alcuna giustificazione in merito o impartire alcuna conseguente disposizione… e mentre era in corso di approvazione la legge semestrale di conversione del decreto legge che prorogava la partecipazione italiana alle missioni internazionali…” (pag. 57).

Di lì a poco, Alessandro Di Lisio avrebbe perso la vita.

Alessandro Di Lisio

Un libro importante da leggere per il suo valore di denuncia ma anche per la sua portata propositiva, sotteso che nessun tribunale ha il potere di liberare le coscienze dalle proprie responsabilità.

Una storia oggi patrimonio di tutti, da cui trarre esperienza anche per il futuro dato che la forma spesso sovrasta la sostanza, soprattutto quando a disegnarla è una certa politica.

Oggi, nel giorno dedicato alle nostre Forze Armate, la riflessione del Generale Stella risuona come un monito e un invito: ricordare non basta, bisogna comprendere e agire perché la memoria diventi davvero patrimonio. Poiché dietro ogni uniforme, dietro ogni cerimonia, ci sono uomini e donne che hanno creduto in valori più grandi di sé stessi.

E perché nessun tribunale – come scrive l’autore – “ha il potere di liberare le coscienze dalle proprie responsabilità”.

Vittorio Antonio Stella: Una storia patrimonio di tutti. Graus Edizioni – 316 pagine – costo 20 euro – ISBN:  9791257210397

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