Shama (Libano del Sud) – dal nostro inviato. La Bandiera con lo Scudo della Brigata Paracadutisti “Folgore” svetta, per la quarta volta, sulla Terra dei Cedri e per la terza volta a Sud del Paese medio orientale.
La storia è iniziata nel 1978 e continua ancora oggi con la Leonte XXXIII, l’operazione di UNIFIL, che vede il Generale di Brigata Roberto Vergori, Comandante della Joint Task Lebanon- Sector West.

Il Generale Roberto Vergori
Diciassette Nazioni contribuiscono con oltre 3.600 peacekeeper (l’Italia ne ha schierati 1.300). La Task Force è articolata su Comando della JTFL-SW con 5 Battaglioni. Oltre al nostro operano quello malese, ghanese, coreano e polacco-irlandese.
I pilastri della missione sono il monitoraggio della cessazione delle ostilità tra il Libano e Israele, l’assistenza al Governo e alle Forze Armate libanesi (LAF) nell’esercizio delle sovranità, il contributo al supporto della popolazione locale.

Militari delle LAF
Vengono svolte circa 220 attività operative al giorno e oltre il 13% avviene con le LAF.
LA RIPARTIZIONE DELLA MISSIONE DEL CONTINGENTE ITALIANO
La missione è giunta, attualmente, al 33° mandato. Sono operativi l’HQ Support Unit (unità di supporto alle attività operative su base 7° Reggimento Sacile, con assetti cinofili), il Centro Amministrativo di Intendenza (per la parte amministrativa), la Task Force di manovra ITALBATT che opera su base 187° Reggimento Paracadutisti “Folgore” che ha alle sue dipendenze il II Battaglione “Tarquinia”, un Gruppo di Squadroni del Reggimento “Savoia Cavalleria” (3°), del Battaglione di supporto logistico del Reggimento Logistico Folgore, una Compagnia dell’8° Reggimento Genio Guastatori Paracadutisti “Folgore”, una componente CIMIC Group e un assetto sanitario “Level 1”.

Un cavaliere paracadutista in servizio lungo la Blue Line
Opera anche il NSE (National Support Element) su base Reggimento “Logistico Folgore” che si occupa al supporto dei militari italiani impiegate nel Paese medio orientale. Sotto di esso ci sono le attività nazionali da e verso l’Italia con l’impiego di unità quali la Joint Multimodal Operation Unit (JMOU), l’Infrastructure Management Centre (IMC), un Plotone del 7° Reggimento Difesa CBRN “Cremona”, un team IEDD dell’8° Reggimento Genio Guastatori “Folgore” e una Squadra del 33° Reggimento EW (Guerra elettronica).
L’Aviazione dell’Esercito (AVES) opera con i suoi assetti ad ala rotante AB-212.
La Task Force “Italia” opera su base 2° Reggimento AVES “Sirio” con compiti di evacuazione sanitaria, ricognizione, ricerca, soccorso e collegamento. Ha base a Naqoura ed è sotto il diretto comando del Comandante di UNIFIL.
L’Arma dei Carabinieri fornisce al Teatro Operativo una componente di Polizia Militare del JTF-L SW e una componente della Special Investigation Unit (SIFU) di UNIFIL.

Un momento di un corso tenuto dai Carabinieri a favore delle Forze Armate libanesi
Ci sono infine una componente del 28° Reggimento Comunicazioni Operative “Pavia” di Pesaro e una componente di staff di base a Naqoura.
L’UNIFIL NELLA STORIA DELL’ETERNO CONFLITTO LIBANESI-ISRAELIANI
UNIFIL conta oltre 10 mila tra civili e militari. Ogni giorno la Missione delle Nazioni Unite ha il compito di fare rispettare le risoluzioni ONU varate dal 1978 e modificate nel corso degli anni.
La prima di queste risoluzioni risale al 1978. Fu un anno terribile quello di 45 anni fa.
L’11 marzo militanti dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) attaccarono civili israeliani.
Tre giorni dopo, Israele rispose con l’Operazione “Litani”, il nome in codice datole da Tzahal (le Forze di Difesa israeliane).

Una mappa della guerra del 1978
Il Governo israeliano motivò questo intervento con la necessità di creare una fascia di sicurezza all’interno del territorio libanese (sino al fiume Leonte).
Il Litani, appunto, dopo la prima guerra civile libanese.
In modo da così tenere i suoi villaggi frontalieri fuori dal raggio d’azione dell’artiglieria che con attacchi ripetuti causava molte perdite fra i civili.
In meno di dieci giorni, il 23 marzo UNIFIL schierò i Caschi blu.
Nel 1982 (6 giugno) Israele lanciò l’Operazione “Pace in Galilea”. Conosciuta anche con il nome di Prima Guerra del Libano vide l’intervento dei soldati con la Stella di David dopo il tentativo di omicidio messo in atto da parte del Fath contro l’Ambasciatore nel Regno Unito Shlomo Argov, e in risposta ad attacchi d’artiglieria dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina contro aree popolate nel nord della Galilea.
La lunga storia libanese di quegli anni ricorda altre Operazioni quali la “Grapes of Wrath” (Grappoli d’uva).
L’azione militare fu un attacco contemporaneo su tre fronti: navale, terrestre e aereo. L’unico obiettivo era quello di snidare e distruggere tutte le basi della milizia di Hezbollah.

Milizie di Hezbollah
L’attacco fu particolarmente violento. Si parlò dello sgancio di 35 mila bombe nei sedici giorni di operazione.
Fu colpito non solo il Libano meridionale, che ebbe gravissimi danni, ma anche la centrale elettrica di Beirut, la capitale.
Il 16 giugno 2000 Israele si ritirò dalla Buffer Zone. Il 30 aprile 2005 la Forza Araba di dissuasione si ritirò dal Paese dei Cedri.
Le risoluzioni ONU che ne seguirono (525 e 426 del 1978; 1559 del 2004) avevano come obiettivo la conferma del ritirò delle Forze israeliane, il ripristino della pace e della sicurezza internazionale, l’assistenza al Governo di Beirut per l’esercizio della sua sovranità.
Nel 2006 (12 luglio) riscoppiò un altro conflitto: la “Guerra dei 34 giorni”. Questo conflitto per i libanesi è chiamato Seconda Guerra Israelo-libanese, per Israele invece Seconda guerra del Libano, dopo quella del 1982.
L’operazione militare fu fatta su larga scala dall’Esercito israeliano per reazione o rappresaglia alla cattura di due suoi soldati, avvenuta il 12 luglio 2006 da parte di militanti libanesi Hezbollah, dopo che si erano registrati altre precedenti atti ostili, operati dallo stesso gruppo politico.
Il conflitto terminò con un cessate il fuoco per intermediazione delle Nazioni Unite.
Ricordiamo il 26 settembre 1982 quando dopo i tragici fatti di Sabra e Chatila scattò la seconda Operazione in Libano che durò 18 mesi e vide al comando del contingente italiano il Colonnello Franco Angioni, poi promosso durante il suo mandato al grado di Generale di Brigata.

Il Generale Franco Angioni
Gli effetti si ebbero il 14 agosto 2006, anche se formalmente le operazioni finirono l’8 settembre, con la rimozione del blocco tattico-strategico navale del Libano.
Il 2 settembre iniziò l’Operazione “Leonte” con lo sbarco dei militari italiani a Tiro. Il 15 settembre fu rinforzato lo schieramento.
LA RISOLUZIONE 1701
La risoluzione 1701 è considerata la più importante per una serie di ragioni. Votato nell’agosto 2006, il documento stabilì il potenziamento del contingente militare della missione ONU (sino ad un massimo di 15 mila persone).
I contenuti del mandato sono la bussola sia per la parte militare che per quella civile a sostegno sella missione stessa, integrandone le azioni e le finalità.
Da parte sua il Governo libanese schiera per il controllo del territorio fino a 15 mila soldati nel SuFondanentale il ruolo del Tripartito dove le Nazioni Unite svolgono il ruolo dei mediatori tra i due Paesi.
I rappresentanti delle 48 Nazioni contributrici (l’Italia è seconda) operano su terra, mare (con il Maritime Task Force) e in cielo per sostenere le LAF nel controllo e nella vigilanza del territorio.
La missione è articolata in due settori. Ad Ovest a guida, in questi mesi, della Brigata Paracadutisti “Folgore”.
Ad Est è a guida spagnola.
Altre risoluzioni furono varate dal Consiglio di Sicurezza nel 2017 (numero 2373, nel 2018 numero 2433, nel 2019 numero 2485, nel 2020 numero 2539, nel 2021 numero 2591) allo scopo di dare impulso allo dispiegamento delle Forze Armate libanesi (LAF) nel Sud del Paese, di garantire la libertà di movimento di UNIFIL, la protezione dei civili e lo sviluppo del riporto informativo.
Nel 2022 con la risoluzione 2650 furono stabilite le misure temporanee di supporto alle LAF, la richiesta di intervento del Governo di Beirut in caso di limitazioni verso UNIFIL e la libertà di movimento di UNIFIL stessa.
Attualmente, UNIFIL dispone di 4 navi, 6 elicotteri, 16 ospedali.
I Caschi blu pattugliano, in entrambi i settori, 120 chilometri della Blue Line. Il budget è di 503 milioni di dollari.

Pattugliamento sulla Blue Line
Dal 1978 UNIFIL ha perso 324 militari per garantire pace e sicurezza.
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